Doodle di Google 22 ottobre 2021

Theodor Wonja Michael, il giornalista afro-tedesco costretto a recitare allo zoo per i nazisti

Dopo l’infanzia trascorsa in uno zoo e l’adolescenza come attore nei film di propaganda, Theodor Wonja Michael è considerato oggi uno dei più importanti giornalisti e attivisti afro-tedeschi contemporanei

Il 22 ottobre, Google ha reso omaggio a Theodor Wonjia Michael celebrando l’anniversario della sua morte con un doodle. Venuto a mancare nel 2019, Michael fu un importante giornalista e attivista in materia di razzismo e questioni africane in Germania. Nato nel 1925, trascorse i primi anni della sua vita costretto a lavorare in uno zoo umano. Proseguì poi la sua carriera come attore durante il periodo nazista, ma a 18 anni fu rinchiuso in un campo di lavoro. Dopo la fine della guerra riuscì a laurearsi in scienze politiche e a intraprendere una carriera come giornalista. Assoldato come specialista degli affari africani dai servizi segreti della Germania dell’Ovest, cominciò sin dagli anni ’60 a prendere parte alla lotta contro il razzismo. Nel 2013 pubblicò la sua autobiografia che fu poi tradotta in inglese con il titolo “Black German: An Afro-German Life in the Twentieth Century”.

Infanzia e adolescenza costretto sul palco scenico per i bianchi

Nato a Berlino nel 1925, Theodor Wonja Michael fa parte della prima generazione di afro-tedeschi in Germania. Il padre, originario del Camerun, sposò la madre, una donna bianca tedesca, nel 1915. Dopo la morte della madre la corte determinò che il padre non sarebbe stato in grado di occuparsi dei figli, e decise di affidare Michael e i fratelli ai gestori di uno zoo.

L’infanzia allo zoo etnologico

Fin dai primi anni d’età Michael e i fratelli lavorarono all’interno di uno “zoo umano”, un’esposizione ai nostri occhi raccapricciante ma che ai tempi costituiva un fenomeno attrattivo. Nello zoo umano uomini e donne deportati dalle loro terre d’origine venivano mostrati al pubblico chiusi in gabbie o recinti e messi in scena come “esemplari dalle colonie”. Qui le comparse indossavano gonnelline di rafia e recitavano fingendo di essere “tipici africani” per dilettare gli spettatori bianchi. L’esperienza particolarmente umiliante segnò l’infanzia di Michael in modo drammatico: “Le persone venivano ad annusarmi per controllare che io fossi reale e mi parlavano usando un tedesco storpiato oppure gesticolando”, ha raccontato Michael ai giornalisti di Deutsche Welle in un’intervista del 2017.

Spettacolo Etnico CC0

Spettacolo Etnologico, Germania, anni 20 – Screenshot da Youtube

 

Volantini di spettacoli etnologici

Locandine di spettacoli etnologici, Germania, anni 20 – Screenshot da Youtube

La questione dell’identità nazionale però si presentò in modo ancor più significativo all’età di circa 10 anni. Fino ad allora Michael era riuscito ad andare scuola e passare tranquillamente il tempo con i suoi compagni. Adorava lo sport e ammirava il famoso Jesse Owens. Con l’avvento del nazionalsocialismo, però, e l’introduzione delle leggi di Norimberga, la situazione cambiò drasticamente. Le persecuzioni naziste coinvolsero infatti anche la popolazione tedesca nera. Il governo tedesco costrinse gli afro-tedeschi ai margini della società, privandoli della possibilità di continuare gli studi e di ogni diritto a livello economico. Non solo, fomentati da un’ideologia razzista che considerava le persone nere impure per la “razza ariana”, i nazisti sterilizzarono molti uomini neri.

La carriera come attore nei film di propaganda nazista

All’interno di questo contesto di oppressione, Michael riuscì a sopravvivere solamente grazie al suo ruolo di attore. In quegli anni, infatti, era cominciata una grande produzione cinematografica per glorificare l’era coloniale, e un gruppo numeroso di attori neri prese parte a questi film svolgendo ruoli minori.

Immagine dal set di Muenchhausen

Scatto dal set cinematografico di Münchhausen – Screenshot da Youtube

Michael recitò in circa 100 produzioni, tra le quali anche Münchhausen, del 1942, dove tutti gli attori neri della Germania furono riuniti per l’ultima volta: “Avrebbero potuto catturarci tutti in una sola occasione”, racconta Michael durante l’intervista, ma fortunatamente nulla accadde.

Egli riuscì a sopravvivere in quel periodo fingendo di essere invisibile, spiega. Evitava di attraversare con il rosso e di avere contatti con donne tedesche per paura di essere sterilizzato e accusato di contaminazione raziale. Nel 1943, tuttavia, all’età di 18 anni fu costretto ai lavori forzati. I nazisti lo internarono in un campo di lavoro vicino a Berlino, dove rimase fino all’arrivo dell’Armata Rossa nel maggio 1945.

Una nuova vita dopo la guerra

La fine del conflitto segnò un grosso cambiamento all’interno della sua vita. Benchè molti si stessero trasferendo negli Stati Uniti, il numero di spostamenti era limitato e richiedeva documenti validi. Michael rimase così in Germania e riuscì a completare i suoi studi superiori e universitari specializzandosi in scienze politiche e sociologia. Continuando a lavorare come attore e doppiatore, intraprese poi anche la strada del giornalismo. Diventò caporedattore dell’Afrika-Bulletin e comiciò fin da subito la sua lotta contro il razzismo.

L’incarico all’interno dei servizi segreti

Le sue conoscenze in materia di affari africani gli aprirono presto le porte verso una carriera governativa. I servizi segreti dell’allora Germania dell’Ovest (BND) gli proposero di assumerlo come spia e specialista per le questioni africane. Nel 1971 Michael accettò la proposta e diventò così il primo ufficiale federale nero in servizio. Chiara era allora la consapevolezza che il suo gesto apriva la strada alle future generazioni.

Il suo ruolo di attivista contro il razzismo

Theodor Wonjia Michael  si impegnò come attivista nel movimento pan-africano e afro-tedesco tra gli anni ’60 e gli anni ’80. Prese inoltre parte all’iniziativa Schwarze Menschen in Deutschland (ISD) per dare voce alla lotta contro la discriminazione in Germania. Anche nelle sue testimonianze più recenti, egli ha sottolineato come la differenza nel colore della pelle, in Germania, venga ancora considerata come una differenza culturale. Descrivere la società odierna come “multiculturale”, egli ha precisato, è fuorviante. Di fatto, ha spiegato, la cultura tedesca delle persone nere non è diversa dal resto della cultura tedesca, le due di fatto coincidono.

Michael ha deciso di condividere la propria storia pubblicando nel 2013 la sua autobiografia “Deutsch sein und schwarz dazu: Erinnerungen eines Afro-Deutschen”. Eva Rosefelt, studiosa delle questioni afro-tedesche, ha poi tradotto il libro in inglese per rendere le vicende accessibili anche a un pubblico non germanofono.

Nel 2018, un anno prima della sua morte, Michael è stato insignito della Croce Federale al Merito per il suo impegno come testimone contemporaneo.

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Immagine di copertina: Doodle di Google del 22 ottobre 2021