La Corte costituzionale tedesca impone al Paese obiettivi quasi impossibili per frenare il surriscaldamento climatico
Il ruolo della Germania nella lotta contro il surriscaldamento climatico. La Corte costituzionale impone al Paese obiettivi difficili da raggiungere entro il 2045
La Corte costituzionale tedesca si è riunita la scorsa settimana per decidere come agire nei confronti di un tema sempre più urgente: la questione climatica. Dalla riunione, però, è emerso un piano di legge alquanto irraggiungibile, perlomeno per la situazione economica in cui versa attualmente la Germania. Il Governo guidato da Angela Merkel, infatti, ha stabilito la neutralità carbonica come principale obiettivo da raggiungere entro il 2045, imponendo alle industrie una riduzione massiccia delle emissioni di gas serra. Non solo, per ottenere il prima possibile dei risultati si dovrebbe agire immediatamente in diverse aree di interesse, incentivando il passaggio all’energia rinnovabile.
Una spinta all’azione per salvaguardare la libertà della generazione futura
L’impulso ad agire nei confronti del clima è stato in realtà alquanto improvviso. La Corte costituzionale ha stabilito che l’impegno dell’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi Celsius rappresentava a tutti gli effetti un obbligo legale per salvaguardare il nostro futuro. Ciò che si vuole evitare, infatti, è di trasferire l’onere della riduzione delle emissioni di gas serra alle generazioni successive. D’altra parte, un’ulteriore spinta è stata sicuramente di tipo politico: i partiti attualmente in carica, socialdemocratici e partito cristiano-democratico, percepiscono la pressione esercitata dal partito dei Verdi, in testa nella maggior parte dei sondaggi prima delle elezioni nazionali di settembre.
I tagli alle emissioni serra rappresentano una sfida significativa, ma anche uno sforzo economico rilevante
L’obiettivo imposto dalla Corte tedesca è importante e significativo, ma raggiungere le zero emissioni entro il 2045 sarà un’enorme sfida per quella che è a tutti gli effetti la più grande economia europea. Una delle soluzioni adottabili potrebbe essere quella di aumentare il prezzo delle emissioni di CO2, in modo da incoraggiare le industrie a ricorrere a dei tagli. In uno studio per la Climate Neutrality Foundation, però, Felix Matthes, coordinatore della ricerca presso l’ufficio di Berlino dell’Istituto di ricerca ambientale Öko Institut, sostiene che questa soluzione non sarà sufficiente. Quello che serve è intervenire radicalmente con incentivi economici e azioni più concrete su alcune specifiche aree di interesse che hanno un maggiore impatto ambientale: edilizia, trasporti e rifornimento energetico (qui per eventuali dettagli).
L’impatto dei costi per la protezione climatica sulla vita e sul reddito del singolo cittadino
Il problema, come scritto poco sopra, è sicuramente di tipo economico, ma non solo. In ballo c’è anche e soprattutto l’aspetto sociale. I costi massicci che dovrebbero essere impiegati per la protezione climatica ricadrebbero inevitabilmente sul cittadino e sui lavoratori a basso reddito, andando ad accrescere ulteriormente il divario sociale. Ovviamente, le entrate che poi lo Stato ricaverebbe dall’aumento dei prezzi di CO2 sono stimate a miliardi di euro, somme che verrebbero restituite in seguito ai cittadini, ma la posta in gioco è forse troppo alta e il rischio elevato. La soluzione si troverà probabilmente attraverso l’elaborazione di un piano graduale, che potrebbe da un lato evitare danni collaterali, ma dall’altro impedirebbe il raggiungimento dell’obiettivo entro i tempi stabiliti.
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In copertina: Climate Change, da Pixabay