Il BioNTech protegge “solo” al 66% contro la variante sudafricana

Allarme varianti Covid-19: risulta che il vaccino BioNTech non sia completamente efficace contro la mutazione sudafricana. Ecco cosa c’è da sapere.

I risultati di uno studio preliminare di laboratorio, pubblicati sul New England Journal of Medicine riportano che il vaccino BioNTech potrebbe non essere tanto efficace contro la variante sudafricana nella misura in cui si sperava. Il principio attivo del vaccino creato dall’azienda farmaceutica tedesca insieme allla statunitense Pfizer sembrava funzionare contro la mutazione britannica e quella sudafricana del Coronavirus. Ma in realtà studi recenti hanno dimostrato che protegge efficacemente solo al 66% contro quest’ultima mutazione.

Come viene analizzata l’efficacia del vaccino

Per testare l’efficacia del vaccino sul mutante sudafricano, i ricercatori di BioNTech / Pfizer e della University of Texas Medical Branch (UTMB) hanno sviluppato un virus sintetico che ha le stesse proprietà della mutazione sudafricana altamente contagiosa. Gli scienziati hanno testato il pseudovirus con campioni di sangue di persone vaccinate e hanno trovato una percentuale significativamente inferiore di anticorpi neutralizzanti. Tuttavia, questa diminuzione era così piccola che si presumeva che il vaccino sarebbe comunque stato efficace. Ma ancora non è possibile trarre conclusioni chiare. Intanto, anche AstraZeneca, Moderna e CureVac stanno testando se i rispettivi vaccini proteggeranno dalle varianti che si stanno diffondendo a macchia d’olio.

Ancora non sono stati condotti studi clinici con i pazienti

BioNTech e Pfizer hanno annunciato che fino ad oggi non ci sono prove cliniche che dimostrino che la variante sudafricana del virus possa superare la protezione del vaccino. Tuttavia, come si legge in un comunicato stampa, si stanno pianificando i passaggi necessari per “sviluppare un vaccino o un richiamo mRNA aggiornato e richiederne l’approvazione”. Per poter fare affermazioni davvero fondate sul fatto che il vaccino funzioni contro il mutante sudafricano, sono necessari ulteriori studi, compresi quelli clinici. Ad oggi infatti, non è stato ancora condotto uno studio clinico con i pazienti. Inoltre, le somiglianze tra la variante sudafricana e un’altra variante identificata in Brasile suggeriscono che anche quest’ultima mutazione mostrerà una resistenza simile.

Studi più rassicuranti di altri ricercatori

Alcuni ricercatori hanno monitorato per sei mesi 87 soggetti guariti dal COVID-19 e hanno scoperto che mentre i livelli di anticorpi contro il virus possono diminuire nel tempo, il numero di cellule che hanno “memorizzato” il virus rimane invariato. Gli anticorpi prodotti da queste cellule sono più potenti degli anticorpi originali dei pazienti e possono essere più resistenti alle mutazioni nella proteina spike che il virus usa per penetrare nelle cellule. In questo caso, gli anticorpi potrebbero riconoscere e neutralizzare almeno una delle mutazioni della variante sudafricana che sta mettendo in allarme le istituzioni sanitarie. Secondo lo studio condotto da Michel Nussenzweig della Rockefeller University, anche se i livelli di anticorpi diminuiscono, le cellule ricorderanno come produrli quando necessario. Le persone che sono guarite da COVID-19 “possono essere infettate, ma il sistema immunitario sarà preparato per combattere l’infezione” ha detto Nussenzweig.

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Immagine di copertina:  da Pixabay