«Il lockdown ci ucciderà: 8 ragioni per allentare subito la stretta in Italia e avvicinarci al modello tedesco»

Terzo appuntamento con la rubrica Kipling di Stefano Casertano

Per i rivoluzionari gauche-caviar: il coronavirus non è un’opportunità per riformare l’economia. Il virus sta facendo l’esatto contrario di quello che i benpensanti sperano: sta incrementando la polarizzazione della ricchezza. I paesi e i ceti sociali più ricchi diventano più ricchi, e i poveri diventano più poveri. Chi ha un patrimonio in tasca può comprare case e azioni a basso prezzo, e gli altri sono costretti a svendere. Chi non ha soldi entra in depressione e dovrà curarsi, rimettendoci anche socialmente. Chi è benestante può permettersi di stare in casa. Gli altri soffriranno.

Chiuderanno piccole fabbriche, piccoli esercizi, piccoli negozi.

Si espanderanno i grandi e il commercio internet occuperà ancora più spazi, più velocemente, senza che alla società sia dato il tempo di adeguarsi. Ripartiranno prima le grandi catene e i grandi gruppi che negli ultimi anni hanno accumulato risparmi – non i singoli commercianti, o le partite iva, o i professionisti indipendenti.

Se c’è qualcosa che il coronavirus sta dimostrando, è che il neoliberismo è estremamente resiliente – non il contrario. Il capitalismo è animale troppo robusto e flessibile per farsi intaccare da questo problema. Il fatto che stia sopravvivendo in maniera tutto sommato decente al virus (per ora non ci sono rivolte in stile sudamericano) significa che la capacità di adattamento è straordinaria. Sarebbe bastato molto meno per far crollare un sistema economico di tipo socialista – vedasi fine dell’URSS nel 1991.

Il colpevole della pandemia non è il neoliberismo, ma un paese asiatico dittatoriale che ha coperto per troppo tempo lo svilupparsi del virus.

Il sistema politico cinese tutto può essere, tranne che democratico-liberista come in Occidente. Avete sentito parlare in giro di responsabilità politiche per aver coperto il problema? Si è sentito parlare solo di medici spariti.

Non sono i nostri principi capitalisti a essere in crisi, ma quelli di Pechino.

L’importante, ora, è non farsi del male da soli. Perché la causa della crisi non è il coronavirus. La causa è il lockdown. Sono contro questa misura estrema. E si noti bene: non sono contro forme di restrizione del contatto sociale, ma contro questa idea di chiusura completa.

In Germania fabbriche e uffici, a meno che non abbiano deciso autonomamente, sono aperti. È inoltre permesso uscire per strada anche con una persona che non vive sotto lo stesso tetto.

Le mie ragioni sono precise.

1) Il lockdown totale può prevenire parte delle morti per covid-19, ma ne causerà tante altre in altro modo.

Una crisi economica di questa portata (ultimo esempio è stato il 2008) incrementa di molto i tassi di suicidio, così come i problemi di alcol, droga e depressione.

2) Il lockdown completo sta sfasciando il tessuto sociale dei paesi.

Negli Stati Uniti ci sono 17 milioni di nuovi disoccupati dall’inizio della crisi, mentre in Europa stiamo puntando a una media di disoccupazione del 20%. Che succederà in queste famiglie? Nelle parole di Michael Burry, gestore di Hedge Fund a cui è ispirato “The Big Short” (forse avete il film) : “Il Lockdown universale è la forza economica più devastante nell’economia moderna ed è stata creata dall’uomo. Annulla immediatamente i guadagni dei meno abbienti, uccide e crea dipendenza da droga, colpisce e uccide donne e bambini in famiglie che diventano violente”.

3) E’ assurdo pensare di chiudere le fabbriche per mesi perché si annienta la struttura produttiva della società.

Anche se ci sarà un “recupero” dopo il lockdown, mancherà l’hardware per riportare l’economia ai livelli precedenti. Ci vorranno anni per recuperare le persone traumatizzate dalla clausura e dal terrore sanitario – pensiamo solo alle fobie e alle depressioni, tutte cause inabilitanti. Economia in calo significa meno entrate fiscali con cui pagare le spese statali. Lo sfascio del tessuto economico porterà all’insostenibilità del sistema sociale italiano.

4) Una volta esauritasi la crisi, gli italiani riprenderanno a emigrare a frotte verso i territori più ricchi.

Non scherziamo: la Germania ha regalato 5000 euro a testa alle partite iva (oltre ai fondi federali), l’Italia 600 euro: di che stiamo parlando? La distanza è abissale e gli italiani lo sanno. Ci saranno tensioni sociali anche in Europa, a livelli mai visti, superiori a quelli degli anni 70. Ci aspetta un futuro libanese.

5)  L’Italia non avrà i soldi per curare le “normali” malattie in futuro.

Chi dovrebbe pagare il nostro sistema sanitario con un debito pubblico al 180%? Moriranno più persone a causa dei tagli alla sanità. Un introduzione del socialismo reale non sarebbe sostenibile in quanto neanche il socialismo reale avrebbe soldi per pagare le spese mediche. La sanità costa.

6) I sistemi previdenziali non saranno in grado di sostenersi e di consentire condizioni esistenziali minime ai nuovi pensionati.

L’INPS è al collasso. Con una crisi economica di lungo periodo, le pensioni dovranno necessariamente essere intaccate. Ciò diminuirà le aspettative di vita.

7) Questa del Coronavirus non è un’emergenza sociale, ma un’emergenza sanitaria che è stata mal gestita in alcuni territori.

Basta confrontare l’andamento della malattia in Lombardia rispetto al Veneto, al Lazio o alla Germania. Chiudere interi paesi è una soluzione eccessiva.

8) Il principio base del capitalismo neoliberista che consente di inquinare a man bassa è sbagliato, e il lockdown sta facendo diminuire le emissioni globali di CO2. Questo però sta distruggendo la società. Se il capitalismo va riformato, non lo si può fare gettando milioni di persone verso la morte e la disperazione.

Il lockdown sta trasformando una crisi sanitaria in una crisi sociale, le cui conseguenze dovranno essere pagate per generazioni. Bene misure di contenimento, ma bisogna consentire all’economia di ripartire, e subito. E’ tempo di consapevolezza e misure equilibrate, non di fanatismo.

Twitter @stefcasertano

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