Stand up comedy e malintesi: quando al locale manca l’autoironia

Sono andato alla serata di stand-up comedy di Francesco Arienzo a Berlino. A margine dello show gli ho fatto qualche domanda. Prima che ci cacciassero dal locale. Perchè? Forse un’idea ce l’ho.

Ultimamente, a meno che tu non sia vissuto sul pianeta Papalla, avrai sentito parlare di stand-up comedy: una persona che sale sul palco, prende un microfono in mano e cerca di far ridere. Missione non facile, ma che è riuscita perfettamente a Francesco Arienzo in una piovosa domenica sera di settembre a Berlino.

Chi è Francesco Arienzo

Francesco Arienzo è monologhista, attore e regista. Forse lo conoscerete per avere ricevuto il golden buzzer da Frank Matano a Italia’s Got Talent 2018. Quella clip ha 13 milioni di visualizzazioni su YouTube. Dopo un’ora e mezzo in cui ha parlato di Berlino e della sua diversità, dell’usanza berlinese del “cash only” che ci fa sentire sempre un po’ a casa, di calcetti a 40 anni e di aspre tensioni con la commessa del suo Carrefour, ho deciso di intervistarlo.

Ciao Francesco, cosa ti ha colpito di più di Berlino? 

Mi avevano detto che era la città meno tedesca della Germania. E ora posso capire il perchè. È veramente enorme, cosmopolita. Si percepisce subito la varietà e la libertà di poter essere quello che ti pare. Però forse Berlino è troppo. Ecco. Forse non ci vivrei. Non lo so, forse sto dicendo una stronzata, ma sì. 

La serata mi sembra sia andata molto bene. Mi chiedo, c’è una differenza con l’esibirsi in Italia? 

Mah, calcola praticamente è la prima volta che faccio stand-up all’estero. Cioè ho fatto uno spettacolo in Slovenia, ma è troppo vicino dai, non conta (ride). In qualche modo è facilitata la cosa perchè vai a giocare fuori casa ma con persone che magari hanno nostalgia dell’Italia, che hanno voglia di sentire qualcosa che gli appartiene. Si avverte tanta complicità. Non ero preoccupato, me la sono goduta. 

Veniamo poi interrotti da Veronica, la moglie di Francesco. “Ce ne dobbiamo andare. Ci stanno cacciando”. Come in che senso?  Sentivo già da un po’ gli organizzatori della serata parlare in tono piuttosto acceso con i gestori del locale. Avevo annusato una qualche tensione, ma non riuscivo davvero a capirne il perché. Fattostà che io, Francesco e la figlia in braccio, veniamo gentilmente accompagnati fuori dal locale. Ci spostiamo all’esterno e continuiamo l’intervista.

Si parla tanto di politically correct. La senti molto la pressione del politically correct? 

Credo che tu puoi dire e fare di tutto in comicità se hai gli strumenti per farlo. Se hai la cultura e la sensibilità artistica per parlare di un certo argomento puoi farlo, devi farlo. Tutte le tematiche però vanno contestualizzate, argomentate e ragionate. Bisogna avere testa e cuore per farlo. 

Vedo che sei qui con bambina al seguito. Non posso che chiederti, per la professione che fai, come la paternità ha influenzato il tuo percorso. 

Ah beh, ne guadagni di repertorio. Arricchisci la tua esperienza personale. Certo non è l’unico modo per arricchirla. La vita prende delle strade che non ti aspetti, e una volta “digerito” il tutto, può diventare anche materiale comico.

Ringrazio Francesco e lo lascio ai suoi doveri di padre. Nel frattempo la discussione fra entourage e staff si accende ancora di più. Mi dicono che i gestori esigono delle scuse da parte di Francesco. Perchè? Lo sa lui, dicono. Ma lui non lo sa, così come nessun altro. Gira voce poi che abbia “offeso il locale”. Senza continuare la discussione ci allontaniamo e liquidiamo tutto come un malinteso. D’altronde non parlavano italiano. Ma cosa avranno potuto fraintendere allora?

Aspetta ma…

È mezzanotte e ho voglia di un kebab. Apro il portafoglio per vedere se ho contanti a sufficienza. Non ne ho. Ho speso tutto alla serata di Arienzo. D’altronde, si poteva pagare solo in contanti, cash only appunto. Mi viene un’illuminazione. Adesso torna tutto, ma certo. Cash only. Linguaggio universale. Non sia mai che i nostri amici del locale si siano offesi proprio per quello?

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