«Perché io, ventiduenne di Lipari, ho scelto di trasferirmi a Berlino»

A 22 anni ho scelto di lasciare Lipari, isola bagnata dal Tirreno, a nord est della Sicilia, per vivere a Berlino. Ho barattato la solidità del monte Rosa, l’imprevedibilità del mare e la friabilità della pietra pomice per inseguire un sogno.

Da un anno o poco più ho scelto di trasferirmi a Berlino. Ho tirato su l’ancora, mollato le cime e alzato la randa. La vita cambia, cambia il mondo intorno. Cambiano i pensieri, cambia il valore del tempo. Cambia ciò che consideri freddo, cambiano gli argomenti di cui parlare durante la giornata. Cambia, si trasforma, cambia ancora. Eppure…eppure ora il mio posto è Berlino. Il perché? Per spiegarlo devo fare un passo indietro. E partire dalla mia vita a Lipari

Lipari da Quattrocchi foto © Andrea Grano – SocialEolie

Vivere a Lipari

L’isola delle isole, la casa vista mare, le giornate lunghe, il sole e la salsedine che impregna le mura delle case e la carrozzeria delle macchine. Narrata nella mitologia greca e latina, questa terra custodisce in sé la forza del fuoco dei vulcani e lo scompiglio del vento del dio Eolo. Il corso principale che dal porto delle navi porta fino alla piazza di Marina Corta, il salotto dell’isola, dove i pescatori cuciono la rete e i bambini ancora giocano a palla. Qui ognuno ha un suo soprannome, qualcuno ereditato dal padre o dal nonno, qualcuno cucito addosso per qualche motivo che, lontano dal tempo, si è scordato. Ormai hai quel soprannome e lo avrai tutta la vita. Le giornate sono lente, una mattina può durare anche dei mesi. Un caffè, una granita con la brioche, un calzone fritto. Tutti ti chiamano per nome. Fai la spesa e incontri la tua maestra delle elementari, il padre del tuo amico, l’amica di tua mamma, il vicesindaco. Saluti tutti, conosci tutti. Con tutti ti lamenti. A Lipari, ma sicuramente è così in tutti i piccoli centri, ti lamenti, ti arrabbi, la voce si alza spesso. Litigh e poi te lo scordi. «Forse domenica piove». Si, ogni tanto piove, ogni tanto capita per la gioia di chi ha esaurito gli argomenti da bar, per chi adora dolersi e anche per i contadini che possono affidarsi alla natura e non sprecare la poca acqua della loro cisterna. A Lipari c’è poca acqua. Stai attento a non farti docce lunghe e la ricicli più che puoi. Conosci il valore dell’acqua che scorre nei tubi di casa. Lipari ha i tetti piatti, le colonne tipiche tondeggianti e degli affacci sul tirreno da togliere il fiato. Ha la pietra pomice, l’ossidiana. A volte da Vulcano, l’isola subito più a sud, arriva l’odore di zolfo. La vita sull’isola è condizionata dal vento. Se c’è vento non ci si può muovere, gli aliscafi non partono. Ci si sposta dall’isola per andare a scuola, per lavorare, purtroppo anche per partorire. Ci si affida al mare che porta guadagno agli isolani, ma a volte fa anche piangere. Forse si ribella quando non viene rispettato come si deve. La vita sull’isola è lenta, e da Lipari spesso si scappa, ma è solo un modo per tornarci. Così è successo a me, che passo i due giorni prima della partenza a piangere per poi rendermi conto che l’isola da lì non si muove e io posso invece farlo. Ritrovarla lì, con i suoi gozzi sulla spiaggia, dopo aver assecondato il bisogno di immaginare altro e altri posti è un’immagine così intensa che ti fa male soprattutto quando ti rendi conto che per non cominciare ad odiarla ti senti obbligata a lasciare tutto e partire.

Lipari tramonto © Andrea Grano

Lipari- pescatori foto © Elena Caronia

Perché Berlino

A Berlino ci sono arrivata inizialmente perché ci abita mio fratello. L’alloggio, insomma, era sicuro e la città, da turista, già avevo avuto modo di apprezzarla. Se non avessi avuto parte della famiglia qui forse mi sarei trasferita altrove, Londra, Roma o chissà quale altra città. Il mese di prova che mi ero data per valutarla però mi ha convinto. Berlino da subito mi ha scaldato il cuore come il tepore di una stufetta in salone rappresentando però anche possibilità, movimento di idee, confronto estremo. Berlino è piena di luci, diverse di quelle dell’isola. A Berlino il «forse domenica piove» che dicevi giù, diventa «forse domenica non piove», ma offre altre perenni primavere. Nel giro di pochi mesi è diventata da scialuppa di salvataggio a crociera di piacere. Qui faccio quello che mi piace fare. Le giornate sono più veloci, il tempo assume un valore diverso. Conosci a memoria gli orari per spostarti. Esco alle 7 e 40, massimo 7 e 42. Faccio il cambio dell’U-Bahn alle 8 e 5. Così arrivo in tempo per la scuola di tedesco che sto frequentando. Dalla redazione di Berlino Magazine, dove sto svolgendo un tirocinio, vado via alle 16,30 così ho anche 10 minuti liberi prima di iniziare a lavorare. Il tempo è scandito minuto per minuto. L’orologio che giù era un oggetto con poca utilità, ora è fondamentale.  Berlino poi non ti fa stare a casa la domenica. Ti tira giù dal letto, vuole che la scopri, vuole che le dedichi del tempo. Molti giovani della mia generazione hanno lasciato la propria terra per i motivi più vari. Molti in cerca di un lavoro che in Italia era difficile trovare, altri per proseguire gli studi, qualcuno perché Mamma Italia non sapeva dargli le giuste gratificazioni. Io perché qui sto bene, anche se la frutta sa di poco e il cavolfiore sembra di cartone, come il sole. L’impatto con la lingua può essere molto duro. Guai ad andare in un ufficio e non saper parlare il tedesco. « Non te lo spiego in inglese. Torna con qualcuno che conosce il tedesco. Avanti il prossimo». E magari volevi solo sapere se andava bene o no il modulo che avevi compilato. Pazienza. Se giù capitava di dire « chiddu è pacciu» ( quello è pazzo) di uno che magari ogni tanto parlava da solo o vestiva un po’ sopra le righe, qui ho imparato che “normale” non vuol dire nulla e che gran parte degli aggettivi che utilizzavo prima per definire qualcuno, oggi sembrano superati e superficiali. Berlino è priva di giudizio.

Mi manca l’isola? Come potrebbe non mancarmi. Sull’isola i bar hanno il gelato tutto l’anno e il pistacchio sa di pistacchio. Le coppie possono passeggiare mano nella mano. Sembra una banalità, ma a Berlino fa troppo freddo per farlo. Berlino però sa darti carezze di conforto, anche con le mani fredde. Me ne stancherò? È solo una fase della mia vita? Forse, per ora ragiono con gli elementi che ho a disposizione. E Berlino è già – in qualche modo – casa come lo era, e lo sarà sempre, Lipari.

Berlino- Ubahn foto © Elena Caronia

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Immagine di copertina: © Andrea Grano- SocialEolie