A tu per tu con i Nu Genea: “Gli anni a Berlino, il ritorno in Italia, la non perfezione di certa musica napoletana e il perché cambio del nome”

La nostra (lunga) intervista con i Nu Genea, la straordinaria band partenopea-berlinese che ormai ha conquistato pubblico in tutto il mondo e che fino a qualche anno fa era nostra vicina di quartiere

“In Italia abbiamo sempre un po’ sofferto, del fatto che, alla fine il mestiere del musicista non è veramente capito. Se fai bella musica, ma non sei conosciuto, la gente pensa che devi per forza avere un altro lavoro e non ti lascia quella libertà di potersi esprimere. È per questo che nel 2014 ci siamo trasferiti a Berlino, una città che avevamo sempre vista aperta nei confronti del mondo dell’arte”. Incontriamo Massimo Di Lena dei Nu Genea, all’Astra Kulturhaus, poche ore prima che inizi il concerto dei Nu Genea, ovvero lui e Lucio Aquilina, uno show che si rivelerà un continuo ballare e apprezzare ritmi e arrangiamenti capaci di accedere luci di buon umore in chiunque, basterà guardarsi intorno per vedere solo sorrisi. Ma torniamo un attimo indietro di qualche ora.

Siamo a Friedrichshain, a circa 100 metri da dove i due presero casa all’epoca, nello stesso anno in cui, con il nome di Nu Guinea, fu pubblicato il loro primo EP. Non danno interviste in Italia da un po’. Se riusciamo ad ottenere una chiacchierata con loro è perché “berlinesi” come in parte loro, anche se ormai la capitale tedesca non è più la loro base. “Lucio vive in Sicilia mentre io mi barcameno tra Napoli e Berlino. La mancanza di casa, ad un certo punto veramente si è fatta sentire, tant’è che poi Nuova Napoli, il nostro album del 2018, lo abbiamo intitolato così proprio perché ci mancava Napoli, tantissimo. Però è uscito fuori qua a Berlino, quindi evidentemente bisogna pure attribuire a Berlino questo merito”. 

I Nu Genea e i primi anni in Italia e a  Berlino

“Sviluppiamo progetti musicali assieme dal 2007, da quando entrambi vivevamo a Napoli. All’epoca facevamo techno, ma con altri nomi. Nel 2012 abbiamo iniziamo a buttare le prime idee per quello che poi è il primo disco dei  Nu Guinea, che un 4 tracce, un EP ch non si trova neanche su Spotify, una cosa fatta così per scherzo visto che da qualche abitavamo anche insieme ed eravamo pieni di synth. Volevamo fare una cosa abbastanza diversa come genere, però diciamo che poi la cosa, questa cosa, è nata proprio così. Poco dopo ci siamo trasferiti a Berlino. Tutti e due avevamo dei progetti paralleli, ma li abbiamo abbandonati per concentrarci solo sulle cose da fare assieme. A Berlino abbiamo incontrato produttori eccezionali tra cui Tony Allen con cui abbiamo registrato il nostro primo album, il The Tony Allen Experiments, all’epoca con il nome di Nu Guinea. Insomma, le cose cominciavamo a muoversi”.

I primi anni a Berlino…

“Quando ci siamo trasferiti qua stavamo in studio dalla mattina alla sera. Era un periodo veramente difficile della nostra vita, cioè era una rivoluzione in quello che era il nostro modo di fare musica ed era anche un momento dove stavamo quasi quasi per abbandonare la musica.  Non riuscivamo a viverci. Avevamo iniziato vendere dei sintetizzatori, un rolls. Eravamo al punto del o tutto o niente. Potevamo solo stare in studio prima di dire stop a tutto. E, parallelamente nel tempo meno occupano abbiamo iniziato a girare a Berlino incontrando gente di tutto il mondo, musicisti, artisti, gente non del settore, ma così, a poco a poco, si è creata una rete che ha creato i presupposti per l’incontro che abbiamo poi fatto con Tony Allen. Dopo aver fatto un album con lui abbiamo percepito che qualcosa stava cambiando.”

Che anni erano?

“Tra il 2015 e il 2016, quell’anno fu importante e poi ovviamente quando è uscito Nuova Napoli è cambiato ancora di più. È uscito senza promozione, ce lo siamo stampati da soli, eppure ha cominciato subito a girare. Noi veniamo dal mondo del dj, ma ci arrivarono tante richieste per fare dei live. Per noi questa cosa non era preventivata, noi per fare dei live abbiamo bisogno di tantissimi musicisti. Averli tutti sul palco era un sogno, ma le richieste erano così tante che alla fine ci siamo organizzati.” 

Cosa aveva, e forse ha, Berlino che non c’è e viceversa?

“A livello di sound della città a Napoli c’è tantissimo. Si respira arte da tutti i punti di vista sempre.  A Berlino però gli incontri sono più facili nel senso che c’è gente che effettivamente viene da più parti del mondo e che ci rimane a lungo. A Napoli, anche se la città sta diventando, o meglio, è diventata una meta turistica internazionale, perché, insomma ci sono tantissime cose bellissime e da vedere e fare a Napoli, ma comunque siamo ancora lontani dal dire: è una meta per viverci, un polo musicale. Gli incontri musicali te li devi andare a cercare. Il modo in cui cerchiamo noi questi incontri, andando ai mercatini delle pulci, incontrando per esempio alla stazione centrale tutta la comunità del Magreb, poi ci stanno nigeriani, cioè ci sono persone che vengono da tutto il mondo, ma a volte non ci vengono spontaneamente per la musica, ma per necessità e per motivi che sono molto lontani dalla musica.” 

Sono le stesse cose che anni prima affermava anche Pino Daniele parlando dell’energia musicale di Napoli

“È come se Napoli vivesse una grande energia artistica senza poi realmente destinarla i progetti specifici. Che poi non per forza ci devono essere incontri reali, delle collaborazioni… Anche solo il fatto di camminare per le strade di Napoli è un’ispirazione, il fatto di andare a fare un bagno a mare, poterti mangiare un panino nell’acqua è una cosa bellissima una cosa che a noi ispira tantissimo…”

Lasciare Berlino per tornare a Napoli

“A volte parlando con Lucio, sai alle volte io dicevo sempre “Guarda ma perché noi non rimaniamo a Berlino” per esempio, e lui diceva: Massimo, perché alla fine l’ispirazione non arriva solo dal diretto contatto con altri artisti e, anche pure il luogo che ti può ispirare, Napoli l’Italia il Sud Italia ha tanto da darci quindi, insomma, riflettiamoci. E alla fine mi ha convinto.”

Però la casa a Berlino, a Boxhagener Platz, l’hai tenuta…

“Non ci vengo spesso, però mi piace averla, mi piace pensare che, quando voglio fare un salto qui posso farlo. Berlino sta crescendo tanto nel mondo musicale che ci appartiene, si sono aperte varie situazioni, come, un talk che abbiamo fatto a settembre dell’anno scorso, all’Analogue Foundation, uno studio che hanno aperto e che sta anche in altre parti del mondo e dove comunque ci sono un sacco di persone che ci passano, artisti super bravi, ogni tanto sai fanno anche degli aperitivi, lì incontri altri artisti. Noi abbiamo parlato della musica napoletana, insomma, abbiamo fatto una bella intervista, etc…, è un posto comunque interessante, dove, consiglio a chi non conosce, questo posto, di documentarsi, perché, a parte che è proprio uno studio, con tantissimi macchinari, penso a disposizione del pubblico, oltre a quello poi, puoi cantarci e incontrare un sacco di artisti.” 

Quali i vostri luoghi preferiti?

Avendo vissuto a Friderichshain io posso dire che, ci sono dei luoghi di questo quartiere che rappresentano un po’ le mie giornate, tra una session di studio e un’altra, anzi le nostre, per esempio parlo anche a nome di Lucio, abbiamo vissuto insieme qua, anche per esempio il parchetto/piazza triangolare che si trova all’angolo tra Simon Dach Str e Wühlischstr….era quel posto dove io aspettavo la pizza della pizzeria lì vicino e poi me la portavo a casa… Poi più avanti su Kopernikusstr. ci sta una birreria tipica tedesca, una kneipe, di questo tipo tedesco, che ormai, ci avrà penso 75 anni tutta buia… lì anche ci passavo tanto tempo, era casa.”

Perché il cambio del nome da Nu Guinea a Nu Genea?

“Quando nel 2012 scegliemmo come nome Nu Guinea ne facemmo una questione estetica, perché pensavamo sognavamo questo posto, dove ci stava questa super flora, fauna, che è veramente, veramente così l’isola della Nuova Guinea,. Poi però, col passare del tempo, ci siamo resi conto che comunque ci stavamo avvicinando sempre di più alla nostra cultura, avevamo cominciato a sentire un po’ il distacco da quel nome. Inoltre abbiamo tenuto in considerazione che tanti nomi e luoghi evocano significati e storie che non bisogna mai dimenticare. In Guinea, non Nuova Guinea, ci furono colonizzatori e schiavismo. È una linea molto sottile tra cosa è giusto e cosa è sbagliato. Noi a un certo punto durante la pandemia anche facendo delle chiacchiere, con persone molto più dentro la questione dell’appropriazione culturale, abbiamo iniziato a renderci conto che non era necessario quel nome.” 

Anche il Mediterraneo nel nome dell’album Bar Mediterraneo evoca luoghi…

“Bar Mediterraneo  è questo bar che noi ci immaginiamo dove non deve essere per forza locato nel Mediterraneo. È proprio un bar per noi italiani, il bar è un luogo d’incontro, dove tu entri e tutti sono ben accolti e ci si scambia le proprie conoscenze anche con la voglia di ascoltare, perché poi in questo mondo tante volte uno non vuole ascoltare, vuole solo dire, vuole parlare e invece bisogna ascoltare bisogna saper conoscere e poi sono le cose che ti riempiono di più, infatti noi, quando viaggiamo conosciamo persone di altre culture è una cosa davvero, cioè ci sentiamo fortunatissimi nella possibilità di poter viaggiare, suonare in giro, anche perché poi conosciamo altre proprio prospettive e modi di vedere la vita le usanze di altri posti.” 

Avete un pubblico internazionale, sold out anche in Australia a inizio anno, usando soprattutto il dialetto napoletano…

“Diciamo una cosa bella che abbiamo notato, che piace della nostra musica all’estero, è che comunque ha ritmo e anche se in tanti non capiscono il dialetto napoletano, ma anche se sei di Napoli, il dialetto napoletano,  non per forza riesci a capirlo il dialetto napoletano, ma il napoletano come dialetto è molto ritmico e la nostra musica è ritmica, quindi quando suoniamo all’estero la prima cosa che arriva è il ritmo, poi c’è chi dice: “ a me sembra portoghese, solo oggi ho scoperto che è napoletano” oppure un altro dice “a me sembra francese – questo mi sembra spagnolo” etc etc “solo oggi ho scoperto che è napoletano”. Noi non ci offendiamo”, non dobbiamo sottolineare che siamo napoletani, non ci offendiamo se uno magari non capisce immediatamente che la nostra è musica napoletana, ma ci piace che seguano sia che sia in Italia che a Melbourne o  anche per esempio in Olanda dove sono tutte persone super clubber e hanno la voglia di ballare a prescindere dal fatto se conoscono se non conoscono quell’artista. Con noi si divertono tantissimo. In Olanda  ci fecero un paio di video. Quando sono andato a rivederli, ho detto c**** è assurdo! Avevamo suonato “Tienaté”…la gente ha cominciato a saltare e ballare e non si è fermata più. Poi per esempio, questo fatto dei video, in Italia, noi abbiamo, questa cosa, lo vogliamo sempre tra le mani. All’estero non tutti vogliono stare con questo cellulare in mano e quindi non stando con questo cellulare in mano, puoi ballare di più. Ho visto la storia di un ragazzo italiano in Olanda che diceva: il concerto dei Nu Genea è uno di quei concerti dove ho grande difficoltà a fare i video, perché voglio ballare tutto il tempo.”

Come avviene la creazione di una vostra canzone?

“A livello strumentale, allora Lucio è sempre stato tastierista, lui ha sempre suonato il piano, io in realtà vengo più dal mondo del dj, poi però ovviamente durante gli anni lui si è avvicinato un po’ di più al mondo della ricerca dei dischi, delle sonorità e io mi sono avvicinato di più proprio allo studio degli strumenti, quindi ora siamo arrivati entrambi, che ognuno sapeva fare solo uno dei due, quindi per noi prima cosa l’ascolto della musica è molto importante. Stavo guardando un documentario su Lucio Battisti proprio due tre giorni fa dove si parlava di Lucio come una persona che ascoltava tantissima musica e per noi questo è importantissimo. Se si ascolta tanta musica automaticamente tendi ad assimilare quello che ti piace.”

Mi puoi fare l’esempio di cosa vi capita di dirvi quando vi trovate tutti assieme a creare?

“Per noi è bellissimo poter assimilare sonorità di varie parti del mondo e poi anche divertirci in studio e dire per esempio: che forte abbiamo scoperto questo ritmo, che poi per esempio è un ritmo uruguaiano, che faceva Tony Allen nel nostro album, fichissima, allora uniamo queste cose insieme, etc, etc, e quindi ci mettiamo là, io con una batteria elettronica, Lucio si mette un po’ col piano, oppure alle volte lui prende la chitarra, io il basso e poi quello che ci piace, che succede, che non siamo professionisti, nel suonare tutti gli strumenti, però ci divertiamo a suonarli tutti quanti e, quindi a volte quello che succede è che suoniamo un giro di chitarra che non è perfetto, poi ovviamente ci sentiamo di chiedere al nostro chitarrista, senti ce lo ri registri, però qual è il problema? È visto che noi amavamo come l’avevamo suonato, e cioè male, dobbiamo chiedere al nostro chitarrista: “Marce senti ce lo devi suonà male” e lui dice “ragazzi che cazzo vuol dire suonare male?”. E noi: “Non lo so, stenditi sul divano ubriacati, suonalo come se non lo sapessi suonare” e quindi, ci divertiamo anche con la nostra cantante “Fabiana non è che deve essere, perfetta prova a non essere perfetta” “ oddio ma come faccio”, ma sì, perché all’epoca, per esempio negli anni 70’ negli anni 80’ c’era questa cosa che non si cercava la perfezione, cercavano un’espressività attraverso quello che sapevano fare c’era quindi una ricerca di un suono, che una ricerca alla perfezione armonica del suono, alla perfezione, della voce in tonalità etc, etc, infatti tanti brani che a me piacciono, non sono perfetti, come tutte le cose che abbiamo scoperto per Napoli segreta, che poi abbiamo messo nella compilation.  Napoli segreta è una compilation che abbiamo fatto con i nostri ragazzi di Napoli, in tonalità, perché andavamo ai mercatini dell’usato e per anni trovavamo questi dischi  napoletani, che ci volevano vendere, non li volevamo perché erano artisti sconosciuti che non conoscevamo, un giorno, ce ne comprammo tantissimi, perché pioveva e ce li offrirono a prezzo basso e iniziammo a scoprire che c’erano tante cose negli anni 70’ anni 80’super fiche, però non fatte bene, ma avevano in molti casi un’espressività altissima e ci trasmettevano un emozione grandissima, e quindi, poi, con questi ragazzi poi abbiamo fatto delle compilation, che si chiamano Napoli Segreta, che contengono brani anni 70’ anni 80’ sconosciuti di Napoli che ci hanno ispirato anche tanto perché, ci sentivamo più vicini a questi artisti non potendo neanche noi con le nostre conoscenze raggiungere la perfezione magari di un Pino Daniele o di altri grandissimi artisti che hanno fatto la storia e quindi a volte la non perfezione che noi sicuramente abbiamo, è forse anche un nostro punto di forza.”

 

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