La techno di Berlino ora è patrimonio culturale intangibile dell’UNESCO

La Cultura Techno di Berlino adesso è patrimonio dell’UNESCO

La techno è la colonna sonora di Berlino. La si sente nelle voci automatiche della U-bahn, nella vibrazione delle rotaie del treno, nel suono delle birre che brindano e nel ritmo del traffico serrato. Le luci della techno sono in tutta la città. Navigano sullo Sprea, brillano dalla torre della televisione, rompendo la fitta nebbia di febbraio. La techno è intessuta nella storia di Berlino e della Germania. Nasce dalla musica elettronica di Stockhausen, attraversa il Krautrock e la musica concreta. Interagisce con la techno importata dagli Stati Uniti a Berlino Ovest e con gli ambienti underground della Berlino Est.

La conferenza dei ministri della cultura degli Stati federali e il Commissario del governo federale per la cultura e i media hanno deciso di includere la scena musicale techno della capitale nel registro del patrimonio culturale immateriale UNESCO. La commissione ha rilasciato le seguenti dichiarazioni

“...siamo lieti di informarvi che la ‘Techno Culture in Berlin” è stata inserita nell’Inventario Nazionale del Patrimonio Culturale Immateriale

Timon Gremmels, Presidente della Conferenza dei Ministri della Cultura 2024 e Ministro della Cultura dello Stato federale tedesco dell’Assia, ha aggiunto:

Le recenti iscrizioni sottolineano la diversità e la vitalità delle pratiche culturali. L’elenco del nostro Patrimonio immateriale continua a crescere, così come l’impegno a preservare le tradizioni per le generazioni future.

La dichiarazione

Partiamo dalla fine. La dichiarazione UNESCO del 13 marzo 2024  ha definito la techno di Berlino come “Suoni elettronici che sono incatenati insieme in una struttura ritmicamente monotona. La caratteristica è la grande capacità di modulazione e la vasta gamma di frequenze. I DJ passano da un brano all’altro attraverso transizioni sincronizzate, il cosiddetto mix” La techno è sempre stata come viene definita oggi? Esploriamo la sua storia.

Quale è la culla culturale di questi suoni?

La musica tra gli anni settanta e gli anni ottanta era diffusa da una parte e l’altra del muro. La situazione tra est e ovest era molto diversa. A Berlino Ovest l’aria che si respirava era più pulita. Non esisteva l’obbligo del servizio militare, dunque si diffuse un sentimento antimilitarista che ha permesso alla musica di espandere i propri confini nella sperimentazione. L’influsso degli ambienti anglofoni, in particolare dagli Stati Uniti, ha permesso la trasmissione della cultura rock e acid-rock.

La Germania Ovest pullulava di artisti tedeschi che hanno unito la tradizione della musica elettronica “classica” con gli influssi dall’occidente. Da questo nasce il Krautrock i cui principali esponenti sono stati Klaus Schultze, i Neu!, Kraftwerk, gli Amon Duul. Nella Berlino Est la censura sovietica era molto serrata. Proprio questa Berlino sarà la culla della cultura techno che adesso è patrimonio dell’UNESCO. Tutt’ora i club techno berlinesi sono concentrati nell’area est della città.

Ma torniamo agli anni 70. Attraverso scambi clandestini era possibile ottenere alcuni dispositivi radio dalla Germania Ovest. Ad esempio l’ingegnere del suono Julian Krebs era riuscito ad ottenere i sintetizzatori e le drum machine grazie a sua moglie la quale, avendo passaporto Cinese, ottenne il permesso di superare il muro e trasportare clandestinamente la strumentazione al marito. Inoltre, grazie alla radio la Germania Est ha scoperto il punk britannico che avanzava dalla manica come una tempesta sovversiva. I luoghi che hanno ospitato i primi gruppi punk della Germania Est sono state le chiese protestanti.

La svolta del genere

Dagli anni ‘80, la musica elettronica esce fuori dal mondo “sotterraneo”. Nel 1980 i Tangerine Dream, gruppo di musica elettronica di Berlino Ovest,  si esibisce davanti al Palast der Republik di Berlino Est. Questo apre la strada alla diffusione capillare della musica elettronica nella DDR. Nessuna censura uccide il desiderio di esprimersi, per di più, la musica elettronica richiedeva pochi strumenti tecnologici ed ha ridimensionato il concetto di esibizione musicale. Di conseguenza sono cambiate le modalità di ascolto. La musica techno era diventata da ambo i lati del muro uno strumento di liberazione, di autoregolazione, di libera espressione del corpo e di totale anarchia nel vestiario.

Alcuni luoghi come fabbriche o stabilimenti abbandonati venivano occupati per organizzare feste techno. L’ascoltatore non era posto davanti a nessun idolo ma davanti alla propria individualità. Ognuno ballava nel proprio spazio auto-selezionato davanti ad un”muro di suoni”, le casse, che liberavano l’individuo dai legami con il mondo in cui viveva. Con il tempo, dopo la caduta del muro di Berlino, il genere ha trovato spazio tra gli scaffali di negozi specializzati. Con all’influsso del synth-pop e con la musica di Detroit sono emersi i primi Dj che sintetizzavano in acustico.

La candidatura della techno di Berlino a patrimonio UNESCO

La techno non è un inno o una musica di celebrazione ma una cultura. Dunque non abbraccia l’evento ma plasma una comunità. Dato il grado di libertà incoraggiata durante le feste, chi vuole scoprirsi entro i larghi confini di una identità multiforme, può farlo. Una cultura, per essere chiamata tale, necessita di abitudini e istituzioni più o meno ufficiali.

Per quanto riguarda la techno, nel duemila, i proprietari di club berlinesi hanno fondato la Clubcommission, un’organizzazione che lavora per la conservazione, lo sviluppo e il futuro della scena dei club berlinesi. La techno di Berlino è diventata anche oggetto di un interessante fenomeno di turismo culturale. Berlino è stata per decenni la sede di uno degli eventi di musica techno più importanti al mondo, la LoveParade che nel tempo è diventata una istituzione cambiando nome in Rave The Planet.

Nel 2011 è nata l’idea di proporre la Cultura Techno alla commissione UNESCO. Una delle ragioni è stata la speranza che gli ostacoli per il mantenimento dei club possano essere ridotti con l’accesso a sovvenzioni governative e ai finanziamenti di beneficenza. Rave The Planet, dopo la decisione delle Nazioni Unite di eleggere la techno a fenomeno culturale UNESCO, dichiara: “Finalmente ci siamo riusciti. Complimenti a tutte le persone che in questi anni hanno sostenuto la scena techno di Berlino. Un ringraziamento speciale va a tutti coloro che da anni lottano al nostro fianco per portare avanti questa idea nata nel 2011. E grazie anche al comitato territoriale di esperti sul patrimonio culturale presso la sede tedesca dell’UNESCO”.

La sub-cultura diventa cultura quando plasma una comunità ampia. La cultura diventa storia quando viene istituzionalizzata. Speriamo solo che non perda il mordente che aveva all’inizio.

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Immagine di copertina: Pixabay