Carl Großmann, il “macellaio di Berlino” che vendeva würstel di carne di donne che stuprava e uccideva

La vita in breve di uno dei peggiori mostri della storia di Berlino e di tutta la Germania: Carl Großmann

Nella sua vita uccise circa (ma forse di più) una cinquantina di donne tra cui anche bambine mangiandone anche alcune parti, ma fu condannato “solo” per tre omicidi:  Carl Großmann è conosciuto come il Macellaio di Berlino ed è il più celebre serial-killer della storia tedesca. “Non lavoro, uccido solo le persone e mi prendo il loro denaro. Sono macellaio di professione, non macello le bestie, ma solo donne. Le taglio a pezzi e i pezzi li butto nel fuoco. Ai cavalli cavo gli occhi a mani nude, ai cani glieli taglio fuori con un coltello e i bambini li uccido a sassate” disse una volta ad un suo amico berlinese poi chiamato a testimoniare durante il processo del 1921.

I primi anni di vita di Carl Großmann: l’inizio della sua vita da criminale

Carl Großmann nacque Neuruppin, il 13 dicembre 1863, ma visse per lo più nella vicina Berlino, dove morì il 5 luglio 1922. La capitale tedesca all’epoca, oltre a essere una città in pieno progresso industriale, culturale, e sessuale, era anche una metropoli di 4.000.000 di abitanti, e come tale aveva dei lati oscuri che non facevano troppa notizia. Dal 1876 fu apprendista nella macelleria Ferdinand Kliefoth. I suoi pensieri e le sue dichiarazioni assetati di sangue sembra che spaventarono persino suo fratello Franz. Dal 1880 al 1895 visse tra Berlino e il Brandebrugo. Il suo primo vero lavoro fu presso la macelleria Naujocks vicino ad Alexanderplatz. In seguito viaggiò attraverso la Germania meridionale come mendicante e venditore ambulante. Fu arrestato più volte per violazione di domicilio, aggressione e reati sessuali scontando diverse pene detentive.  La prima vera condanna per reali sessuali avvenne a Bayeruth, sud della Germania, dove il 4 ottobre 1899 fu condannato a 15 anni Bayreuth per per aver violentato  una bambina di 10 anni e una di 4 anni e mezzo,  poco dopo morta a causa delle lacerazioni. Uscito dal carcere nel 1913, si trasferì nuovamente a Berlino, in un piccolo appartamento nell’allora povero e malfamato quartiere di Friedrichshain. I sette anni successivi furono il momento in cui Großmann compì la maggiore parte dei suoi efferati crimini.

Come agiva Großmann

Per procurarsi le vittime era solito  comprare pane e speck al mercato e recarsi nei cortili interni dei palazzi berlinesi. Entrava nelle cantine umide e buie che tuttavia davano riparo dal freddo. Tra le numerose persone che vivevano in questi luoghi dimenticati da dio, dove urina e sudore facevano da sfondo, ci stavano anche molti bambini, ai quali nessuno in particolare prestava attenzione. Una volta, durante una delle sue “ricerche”, trovò una bambina seduta in terra, magra, pallida, sporca, bionda. “Pensai di aver trovato quella giusta” raccontò al processo. Le si sedette accanto e tirò fuori lo speck e il pane per attirarla e poi rapirla. Spesso dopo alcune bevute abbordava  prostitue nei locali di basso borgo o alla stazione o ad Andreasplatz, vicino l’attuale Jannovitzbrücke, poi le portava nel suo appartamento e, dopo averci fatto sesso, le uccideva a colpi di ascia, le decapitava e infine le macellava. I pezzi che gli sarebbero serviti più avanti li selezionava e conservava; il resto, composto in prevalenza da ossa, lo buttava in un canale. I “pezzi utili” venivano infine cucinati e usati per riempire dei panini che il giorno successivo avrebbe venduto vicino alla stazione. I clienti li comperavano e li mangiavano: così facendo occultavano le prove. Essendo inconsapevoli, raccontò  Großmann, “apprezzavano il sapore della carne chiedendo anche dove trovarla”.

L’inizio delle indagini

L’attività era florida e la vendita di würstel di carne umana gli assicurava da vivere. Quando finiva la carne Großmann cercava altre vittime. Non tutta la carne che accumulava la dava ai clienti, ma ogni tanto la vendeva al mercato nero. Inizialmente le sue vittime erano prostitute, poi passò ad adolescenti e ai bambini; infine arrivò ai cani e ai gatti. Le prostitute, a differenza dei bambini, attiravano meno l’attenzione dell’opinione pubblica e della polizia, specialmente durante il periodo storico della Grande Guerra.  Gli omicidi iniziarono nel 1913 circa e finirono nell’agosto del 1921. Durante tutto questo periodo i vicini di Großmann, sebbene fossero spaventati da una presenza così tetra, introversa e misteriosa come la sua non sospettarono molto di lui. Essi furono allertati solo quando videro che molte delle prostitute che entravano nel suo appartamento non ne uscivano mai. Inoltre di notte sentivano spesso dei forti rumori provenire dalla sua abitazione; ma non vollero mai chiamare la polizia in quanto non volevano intromettersi nella vita di quella persona che reputavano strana e pericolosa.

Nel 1918 Großmann rapì un bambino che si trovava solo e lo violentò; infine lo lasciò andare, minacciandolo di morte se avesse riferito il fatto a qualcuno. Curiosamente non finì macellato come gli altri. Nello stesso giorno il bambino tornò dai genitori e gli raccontò il fatto che lo riferirono a dei poliziotti. Dal suo racconto si riuscì a fare anche un identikit dell’aggressore che fu collegato a una grossa serie di ritrovamenti avvenuti in un canale nello stesso periodo. Großmann però ancora non era stato messo tra i sospettati.  Qualche mese dopo un gruppo di ragazzi trovò altri due corpi decapitati e sventrati sotto un ponte.  Quattro mesi dopo, un vagabondo trovò altri tre corpi, tutti appartenenti a prostitute. Le vittime in totale erano svariate decine, attorno alla trentina. La polizia intensificò interrogatori e ricerche, ma senza successo.

L’arresto di Großmann

Il 21 agosto del 1921 i vicini udirono dall’appartamento di Großmann alcune grida e dei forti rumori, che dopo pochi attimi smisero. Spaventati, decisero finalmente di chiamare le autorità. La notte stessa gli agenti entrarono in casa sua e ci trovarono su un letto il cadavere di una prostituta morta da poco e diverse chiazze di sangue per la casa, che indicavano la presenza di altre 3 persone, che non trovarono in quanto già cucinate e vendute. La polizia, che aveva abbastanza prove, lo arrestò con l’accusa di omicidio di primo grado e lo portò in centrale. Non confessò nulla agli agenti, ma lo collegarono ugualmente alle ultime sparizioni e ai numerosi ritrovamenti. La soglia delle vittime sospettate si alzò a 50.

Le parole al processo

In tribunale, quando ci fu l’occasione, Großmann disse di non provare un minimo di vergogna né pentimento. “In una metropoli come Berlino, la scomparsa di una bambina così piccola non fa scalpore più di tanto”. Poi  informò i presenti sulle sue preferenze, e raccontò che avrebbe certo preferito prendere una ragazzina bella e più grande, se fosse stata a portata di mano. “Una più grande avrebbe subito capito cosa le sarebbe successo. Le giovani donne sono preparate a questo tipo di cose, al dolore, ecco perché ne hanno paura. Amo lo sguardo pieno di paura delle vittime, questa loro paura per me è gioia pura. E poi ci sono tante donne che nessuno vuole e non hanno possibilità alcuna di trovare qualcuno, anche perché sono tutte solo delle puttane”. Alla domanda, se provasse eccitazione sessuale nel momento preciso in cui il sangue zampillava mentre tagliava a pezzi le vittime, Großmann rispose che non era per niente il suo caso. Il suo atteggiamento, definito “irritante”, non fece altro che rendere più lungo il processo e stizzire il pubblico. Venne trovato colpevole di 26 omicidi dei 50 di cui era fortemente sospettato e sentenziato a morte. Lui accolse il verdetto iniziando a ridere. Non poté mai essere giustiziato dalle autorità in quanto si impiccò in cella il 5 luglio del 1922, prima della data prefissata. Aveva 58 anni.

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