Approvata legge sull’autodeterminazione per le persone trans*

Il governo tedesco ha approvato la legge sull’autodeterminazione per le persone trans*, ma arrivano le critiche

Mercoledì 23, il governo tedesco ha approvato una legge che rende più facile il cambio genere e nome. Se la legge verrà approvata anche dal parlamento, tutti potranno modificare il proprio genere e il proprio nome semplicemente recandosi all’ufficio di stato civile. La legge è riferita alle persone trans*, intersessuali* e non-binary*(TIN*). Non è il primo paese in Europa a rendere legale questa pratica, infatti è in atto anche in Spagna, Danimarca, Irlanda, Belgio, Portogallo, Norvegia e Svizzera. La normativa attualmente in vigore in Germania è datata 1980, per cambiare nome e genere, bisogna scrivere una lettera al proprio tribunale distrettuale, il quale, se riconosce il diritto del cambio, nomina due valutatori psicologici che valutano la persona, scrivendo poi un rapporto positivo o negativo alla richiesta. Dopodiché si viene chiamati a un colloquio finale davanti a un giudice, che decide se approvare o respingere la richiesta. Una procedura patologizzante, perché tratta la questione come un disturbo mentale, e umiliante, visto che gli interessati devono sopportare domande intime.

Cosa prevede la nuova legge

La normativa intanto definisce le persone a cui è destinata: le persone trans* sono tutte quelle persone che non si identificano, o non si identificano soltanto, con il genere che è stato loro assegnato alla nascita; Inter* significa avere caratteristiche fisiche congenite che non possono essere chiaramente classificate come (solo) maschio o (solo) femmina secondo gli standard medici; Non-binary* è definito come un’autodesignazione per le persone che non si identificano né come maschi né come femmine.

La procedura è semplice: la persona interessata dovrà presentare un’autodichiarazione all’ufficio dello stato civile. Ciò indipendentemente dal fatto che l’interessato abbia seguito o meno un trattamento medico per il cambiamento di genere. Questo avviene in autonomia se maggiorenni. I maggiori di 14 anni dovranno avere il consenso dei tutori legali, mentre i minori di 14 anni dovranno far presentare la dichiarazione dai loro tutori legali.

Non mancano le critiche

L’Unione CDU/CSU e l’AfD hanno mosso delle critiche nei confronti della legge, in particolare verso l’autodeterminazione delle donne trans*. I partiti hanno il timore di far entrare “uomini” negli spazi delle donne, soprattutto in spazi intimi come le saune o gli spogliatoi. Ferda Ataman, responsabile antidiscriminazione, risponde all critiche che in Germania esistono soprattutto saune miste e che nessun uomo deve cambiare il suo genere per vedere una donna nuda in Germania.

Non solo, ma gli uomini cisgender non hanno bisogno di un’approvazione per entrare negli spazi femminili. Se un uomo volesse entrare in un bagno e violentare una donna, lo farebbe lo stesso anche senza dover cambiare nome e genere, l’unica cosa che gli importerebbe, sarebbe se il bagno è abbastanza vuoto o no.

Ricordiamo anche che le donne trans sono donne a tutti gli effetti, non sono uomini che si vestono da donne per compiere abusi.

L’Italia ancora indietro

In Italia il percorso per cambiare genere e nome è ancora complesso. Bisogna rivolgersi a un’avvocato che dovrà depositare un ricorso per la causa nel tribunale della propria provincia di residenza. Per legge, si può fare richiesta anche senza aver iniziato un percorso medicalizzato o chirurgico, ma, nella maggior parte dei casi, i giudici richiedono almeno di aver iniziato la terapia ormonale. E’ invece necessario avere una certificazione di uno psicologo specializzato in incongruenza di genere. Lo psicologo può essere privato o pubblico e il percorso di sedute, almeno nel pubblico, deve durare almeno 6 mesi. Durante il percorso giudiziario, il giudice può nominare dei CTU (consulenti tecnici d’ufficio), che attestino, tramite sedute e test, che l’interessato abbia effettivamente la disforia di genere. Le cause possono durare anche più di un anno.

Un percorso troppo lungo e distruttivo

Il percorso giudiziario è lungo, patologizzante, umiliante e obsoleto. L’OMS ha depatologizzato la disforia di genere, definendola incongruenza di genere, eppure, in Italia, serve ancora un percorso con psicologi. I test e le sedute possono essere mortificanti, poiché vengono poste domande molto intime e arretrate, per esempio viene chiesto se da bambini si giocava di più con giochi da femmine o da maschi, o se da bambini si era più vivaci o più tranquilli. Le domande vengono poste usando i pronomi assegnati al sesso biologico e non quelli con cui l’interessato si sente più a suo agio, mettendolo in difficoltà. Nel 2023 dovremmo sapere che non esistono giocattoli da maschio o da femmina, personalità da maschio o da femmina, ma in Italia si fa ancora fatica a sganciarsi dagli stereotipi di genere.

Si spera che in un futuro non troppo lontano, le persone TIN* in Italia possano vivere la propria vita potendo essere sé stesse, senza essere intrappolate dietro un nome e un genere che non gli appartengono. L’Italia potrebbe migliorare la propria situazione, magari seguendo la scia della Germania e degli altri paesi europei.

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