Alla Berlinische Galerie una stupenda mostra racconta l’evoluzione della moda berlinese del ‘900

La Berlinische Galerie rende omaggio alla moda berlinese del Novecento con la mostra “Modebilder–Kunstkleider. Fotografie, Malerei und Mode 1900 bis heute”

“La moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, per la strada, ha a che fare con le idee, il modo in cui viviamo, quello che ci succede attorno” Diceva Coco Chanel. In una famosa galleria di Berlino queste parole sembrano trovare concretezza. Alla Berlinische Galerie (un museo di arte contemporanea fondato nel 1975 e situato nel quartiere berlinese di Kreuzberg, Alten Jakobstrasse) è in corso la mostra “Modebilder–Kunstkleider. Fotografie, Malerei und Mode 1900 bis heute”, curata da Annelie Lütgens. Scopo di quest’esibizione è raccontare lo sviluppo della moda berlinese nel corso del Novecento e mettere in evidenza i legami fra arte e società.

Il percorso espositivo

Ad accoglierci nella prima sala, troviamo l’installazione immersiva di Alicja Kwade, “In Abwesenheit“, che ci introduce al tema della molteplicità. Con quest’opera l’artista esplora i diversi modi in cui il proprio Io può essere declinato e rappresentato.

Installazione “In Abwesenheit” di Alicja Kwade

Il percorso vero e proprio della mostra inizia col lavoro della stilista Anna Muthesius. Non tutti sono al corrente del ruolo rivoluzionario che questa donna ha giocato  nel mondo della moda femminile. Con il libro “Das Eigenkleid der Frau”, (Il vestito delle donne), ha incoraggiato le donne a disubbidire ai dettami della moda parigina e a cucirsi i propri vestiti. In questo modo i capi sarebbero stato pensati appositamente per il proprio corpo, così da abbracciarne tutte le sue particolarità, senza dover per forza rientrare nei strettissimi corsetti che andavano di moda.

Ci troviamo nei primi anni del Novecento: un momento molto delicato. Il corpo femminile era ancora considerato un argomento taboo ed era un campo esplorato esclusivamente dal punto di vista medico. Inoltre, in quel periodo, le persone di sesso femminile non potevano entrare nelle scuole d’arte e quindi dare voce alla propria creatività.  Bisogna ricordare, infatti, che il mondo della moda era ancora controllato prevalentemente dagli uomini. Per questo motivo si può ritenere il lavoro di Anna un passo importante per il femminismo.

Abito di seta disegnato da Anna Muthesius

Abito di seta disegnato da Anna Muthesius

Facendo un salto qualche anno più avanti, nel pieno della Repubblica di Weimar (1918-1933), si incontrano diverse voci al di fuori del coro.

Una fra queste è Lotte Laserstein, pittrice. Il filo rosso che lega tutte le sue opere è la figura della “donna nuova”.
Negli anni della Repubblica di Weimar la forza lavoro maschile era impegnata sul fronte, perciò i posti di lavoro vennero per lo più occupati da donne. Questo portò a un dualismo nella percezione della donna: da un lato era una lavoratrice indipendente e dall’altro doveva mantenere il ruolo tradizionale di moglie, donna e casalinga. Questa nuova funzione nella società si accompagnò a un cambio nel modo di vestire: servivano vestiti comodi, maschili “sachlich”. I dipinti di Otto Dix sono esemplificativi di questo nuovo tipo. I lineamenti sono duri, il corpo è poco formoso e i capelli sono corti. Non si tratta però solo di una maschera fine a se stessa, ma era anche un modo per esprimere se stessi e le proprie necessità. Reclamavano pari diritti e prendevano posizione contro i motivi convenzionali del gender.

Ritratto della giornalista Sylvia von Harden di Otto Dix, CC BY-SA 2.0 di Sporst, da Flickr da https://live.staticflickr.com/1921/31123130808_ab3e3d6edc_z.jpg

Ritratto della giornalista Sylvia von Harden di Otto Dix

Diversamente da Dix, Lotte Laserstein raffigura questo nuovo tipo di donna in modo alternativo. Non priva i suoi soggetti della loro femminilità e sensualità, dimostrando così che i due aspetti possono convivere. Un esempio è dato dal modo in cui dipinge i vestiti: la resa è morbida e avvolgente.

Negli stessi anni è attiva anche l’artista Hannah Höch, la quale si confronta col tema con un approccio dadaista. In particolare, la sua tecnica prediletta è quella del fotomontaggio. É difficile cogliere i nessi fra i frammenti di foto incollati assieme se non si comprende a pieno il periodo in cui è inserita l’artista. Tuttavia, è la tecnica più adatta per esprimere il tumulto politico e sociale di quegli anni. Basta solo ricordare l’assassinio di Rosa Luxemberg e Karl Liebknecht: è un momento di frammentazione.

Foto dalla mostra Kunstkleider-Modebilder alla Berlinische Galerie, foto scattata da Berlino Magazine

I fotomontaggi di Hannah Höch

Hannah Höch, Cut with the Kitchen Knife Dada Through the Last Weimar Beer-Belly Cultural Epoch of Germany, 1919-20, CC BY-SA 2.0 ©di Juliana da Flickr https://live.staticflickr.com/3355/3179940950_ecc371b294_z.jpg

Hannah Höch, Cut with the Kitchen Knife Dada Through the Last Weimar Beer-Belly Cultural Epoch of Germany, 1919-20, Nationalgalerie, Staatliche Museen, Berlin

Una sala è poi dedicata all’identità queer di Berlino negli anni Settanta, raccontata attraverso le foto di Rolf von Bergmann e i vestiti dell’epoca.

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, foto scattata da Berlino Magazine

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

Proseguendo nell’esibizione troviamo anche il lavoro della stilista Alexandra Hopf e la sua personale reinterpretazione della tuta. Quest’indumento universale è stato ideato dall’italiano Ernesto Thayath. É nato come indumento di lavoro, ed è stato ricavato a partire da un unico pezzo di stoffa, così da sprecare il meno possibile. In questo modo il discorso sull’universalità del vestire viene sviluppato ulteriormente nella mostra.

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

Reinterpretazione della tuta di Alexandra Hopf

Accanto alla tuta, è possibile ammirare anche una serie di disegni ispirati ai costumi di scena nel periodo del costruttivismo russo.

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

L’artista rende inoltre omaggio all’artista Raoul Hausmann, riproducendo i suoi iconici pantaloni bianchi, animandoli in un gioco di luci, musica e movimento. Hausmann, indossando questo capo da lui stesso disegnato, sfidava le regole del vestire dell’epoca.

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

Verso la fine della mostra abbiamo notato come l’uso della citazione a movimenti artistici precedenti si faccia sempre più frequente negli artisti contemporanei. Questo è un modo per comprendere e ricostruire la storia, ma anche per rendere omaggio a certi personaggi iconici.

Infine, una parta della mostra era dedicata ai modi in cui la moda può compenetrare altri campi nel mondo dell’arte. Un esempio è costituito dai cappelli dell’artista Wiebke Siem.

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

I cappelli di Wiebke Siem

Foto della mostra Kunstkleider-Modebilder, scattata da Berlino Magazine

Modebilder–Kunstkleider. Fotografie, Malerei und Mode 1900 bis heute

18.02.2022 – 30.05.2022, aperta il lunedì e da mercoledì a domenica con orario 10-18

Berlinische Galerie, Alte Jakobstraße 124 – 128, 10969 Berlin

Biglietto: 10 euro intero, 6 euro ridotto, gratis fino ai 18 anni

Puoi acquistare i biglietti qui.

Disponibilità di un tour guidato in inglese il sabato pomeriggio

Maggiori informazioni a questo link.

Leggi anche: Il meglio visto alla Berlin Fashion Week  e  La Berlinische Galerie

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Immagine di copertina: Autoritratti di Astrid Köppe, foto scattata alla Berlinische Galerie da Berlino Magazine