Per Ai Weiwei: “Berlino è la città più brutta e noiosa che ci sia”
L’artista cinese ha espresso di nuove parole amare contro la Germania
Ai Weiwei, celebre artista cinese, è tornato ad esprimersi sulla Germania e Berlino al Berliner Zeitung. Ai Weiwei aveva già raccontato in due interviste di alcuni episodi razzisti da lui subiti in Germania. Ora, torna ad esprimersi e i toni non sono più leggeri. Quando l’intervistatrice Susanne Lenz gli chiede se è conscio delle polemiche che le sue dichiarazioni hanno generato in Germania, Weiwei risponde freddamente: «Neanche la stampa tedesca ha mai chiesto la mia opinione. Davvero, non l’hanno fatto. La stampa tedesca è unica. Gli altri hanno chiesto, e io ho risposto con franchezza. […] Spesso sono venuti giornalisti dagli USA o dai Paesi Bassi, ma quasi nessun tedesco – perché mi occupo della situazione dei rifugiati. Ho fatto tre film sui rifugiati, che hanno avuto ottime recensioni in Francia, Canada, Gran Bretagna, Stati Uniti – e pessime recensioni in Germania». Aggiunge che la Germania non vuole sentirlo parlare di migranti né di Honk Hong ma solo della Cina. Eppure, i tedeschi sono i primi partner commerciali dei cinesi e si disinteressano di ciò che succede nell’estremo Est. L’artista si è espresso anche sulla crisi del Coronavirus: «La vera crisi non è questa malattia o virus sconosciuto. Si tratta della Cina che non rivela le sue informazioni, che non dice la verità, che non coinvolge la comunità internazionale. Come può una società così chiusa diventare una delle prime nazioni? E il miglior partner della Germania! Questo non spaventa la società tedesca? Si godono il viaggio di nozze perché la Cina produce tutto ciò che la Germania non può produrre a basso costo. Lavoro a basso costo e violazioni dei diritti umani. Nessuna tutela dei diritti dei lavoratori. Corruzione. I tedeschi hanno trovato il miglior partner per la loro cosiddetta società democratica. […] La Germania è profondamente disonesta. Vogliono essere orgogliosi, vogliono fare la cosa giusta, e hanno lavorato sodo per farlo perché hanno un passato così oscuro. Ma funziona davvero, o stanno solo fingendo? Non mi piace quando la gente finge. Se ci sono nuovi nazisti, lo apprezzo, perché sono reali. Non mi piacciono i liberali che fingono di essere liberali. Ma nel profondo, hanno interiorizzato la cultura nazista».
Un’intervista senza sconti
Ai Weiwei ha aggiunto di essere stato censurato dalla Berlinale perché parlava male delle fabbriche di Wolkswagen in Cina e la casa automibilistica è partner del festival del cinema. Parole dure ma incredibilmente lucide che faranno ancora discutere.
Infine, Weiwei ha parlato della sua vita nella capitale: «È la città più noiosa e brutta che ci sia. Ma va bene così. E’ economico. C’è un sacco di spazio. È solo quando si vuole fare la differenza che si passa alla posizione difensiva. Ho insegnato all’Università delle Arti per tre anni. Sai perché me ne sono andato? È impossibile insegnare agli studenti tedeschi. Sono pigri, non fanno i compiti. Il sistema è altamente corrotto. Dovrei lasciare che quegli studenti si laureino con lode […] È intellettualmente insopportabile, così me ne sono andato. Potrei scrivere un intero libro sulla Germania. Ma sono troppo occupato. Ci sono cose più importanti della Germania. Godetevi la vostra Berlinale, o come si chiama». E aggiunge sardonico a fine intervista: «Non prenderla sul personale».
La vita tra arte e dissidenza
La personalità controversa di Ai Weiwei si divide tra arte e impegno umanitario. È nato in una famiglia di intellettuali e fin da piccolo ha imparato ad essere un dissidente: a causa di idee contrastanti con il regime comunista cinese, la famiglia è stata spedita in un campo di lavoro. Influenzato dall’arte di Duchamp e Warhol, la sua attività artistica è iniziata dal trasferimento a New York. La rottura con il governo cinese si è avviata ufficialmente nel 2008, quando in seguito ad un violento terremoto erano crollate diverse scuole. I crolli erano dovuti all’utilizzo di materiale di scarsa qualità e il governo cinese aveva sottostimato il numero delle vittime. Ai aveva esortato la popolazione a stilare un elenco dei ragazzi deceduti e la reazione del governo è stata l’oscuramento del suo blog. Nel 2015 Amnesty International gli ha assegnato il premio Ambassador of Conscience. Sempre nello stesso anno, il governo cinese gli ha restituito il passaporto, permettendogli indirettamente di portare la sua arte ovunque.
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Immagine di copertina: Ai Weiwei, © Alfred Weidinger, CC BY 2.0