Niccolò Fabi: «Il mio concerto a Berlino per tutti i connazionali a cui manca una certa Italia»

A tu per tu con il cantautore romano in attesa del suo concerto a Berlino

Il 18 ottobre Niccolò Fabi suonerà al Frannz Club, a Berlino, accompagnato dai cantautori e polistrumentisti  Roberto Angelini e Pier Cortese. Lo abbiamo intervistato a proposito del nuovo disco, del tour europeo e del suo legame con Berlino e la musica tedesca. Si tratta di un recupero rispetto al concerto di Aprile.  I biglietti acquistati restano validi per il nuovo appuntamento, chi volesse chiedere rimborso può rivolgersi al rivenditore dove ha acquistato il tagliando.

Ciao Niccolò suonerai a Berlino presentando il tuo nuovo album, che tipo di spettacolo possiamo aspettarci?

Guarda, quello che sarà a livello pratico ancora non te lo so dire perché non abbiamo ancora iniziato le prove. Abbiamo fatto 25 date in Italia ma questo show sarà una cosa molto diversa rispetto al tour italiano. Banalmente, perché la tournee italiana è stata in grandi teatri mentre quella europea si svolgerà in piccoli club. Tutto il tipo di racconto dovrà adeguarsi a un’atmosfera molto diversa rispetto a quella di un teatro silenzioso e buio. Saremo in tre, io, Roberto Angelini e Pier Cortese, due cantautori e polistrumentisti: questo ci permetterà di avere combinazioni varie ed inedite. Vogliamo usare questa occasione per sperimentare ulteriormente. Ci interessa far vedere alle persone a Berlino e in tutta Europa qualcosa che non abbiamo mai fatto. Stare lontano da casa ti dà più libertà. Nei miei tour precedenti all’estero ho notato che ci sono persone che vengono dall’Italia ed è giusto che vedano qualcosa di diverso, così come il pubblico residente, che sia italiano o no.

Berlino è una città ricca di suggestioni musicali, da David Bowie a Nick Cave. Ce n’è qualcuna che ti è particolarmente cara e che ti ispira particolarmente per i tuoi concerti in città?
In realtà, in questo momento sento un legame con la musica elettronica tedesca. Durante la realizzazione del mio ultimo disco, Tradizione e Tradimento, ho voluto conciliare la musica elettronica neoclassica con la forma canzone, con tutte le difficoltà che ci sono nel combinare questi due linguaggi. In tal senso, musicisti tedeschi come Nils Frahm sono stati un ascolto molto frequente nell’ultimo periodo. Anzi, la musica che suonavo prima delle mie esibizioni nei concerti italiani era quasi solo di Nils Frahm. L’ambientazione di quel tipo di elettronica mi è stata molto vicina nell’ultimo periodo e ciò mi lega alla Germania.

Il tuo ultimo disco, Tradizione e Tradimento, ha un titolo ossimorico, quasi paradossale. Cosa significa e dove si colloca, oggi,  Niccolò Fabi tra tradizione e tradimento?

Più concettualmente, questo titolo fa riferimento alle scelte che ognuno di noi è portato a fare di fronte ai cambiamenti più o meno grandi della nostra vita. Dobbiamo decidere quanto conservare le sicurezze raggiunte e replicare qualcosa di più sicuro dentro di noi, e quanto invece osare, allontanandosi dalla consuetudine. Tradizione e tradimento sono quindi i due estremi di questa scelta. Ovviamente il fatto che abbiano la stessa radice latina, -trans, che indica il movimento, fa capire come siano due facce opposte della stessa domanda. In qualche modo ognuno di noi è sia l’una e sia l’altra cosa. Volendo semplificare e applicare al disco, indubbiamente ho dovuto scegliere quanto essere fedele alla mia ‘tradizione’ e quanto osare cercando di andare oltre. In questo senso, l’utilizzo parsimonioso di un certo tipo di linguaggio di musica elettronica, di quel tipo di pensiero è stato il mio tradimento. Tradimento che si è consumato cercando di portare nella mia musica questo tipo di approcci, che sono meno da cantautore e più da musicista, che sonorizza i propri stati d’animo.

La matrice elettronica dunque è la novità e il tradimento di questo disco. Ho letto che le registrazioni del nuovo progetto si sono svolte anche ad Ibiza, una delle capitali dell’elettronica europea. Come ti ha influenzato l’isola spagnola?

Certo, io sono andato lì per quello, per una ricerca musicale. Costanza Francavilla, musicista italiana di stanza ad Ibiza da diversi anni, suona musica ambient legata più alla meditazione che al club. Mi sento più legato all’Ibiza del Nord, quella più ‘fricchettona’, non di certo l’isola delle grandi discoteche. Ero interessato a sonorizzazioni ambient rarefatte e ipnotiche, musica suonata, synth modulari che ricreano onde quasi ‘meditative’. È ovvio che andare ad Ibizia sia stato un modo per immergermi ulteriormente in questi suoni. In due o tre canzoni, come ‘Amori con le ali‘, la cosa si è sposata perfettamente, altre volte il tradimento non si è potuto consumare completamente perché la musica richiedeva anche altro.

Parlando di musica ambient e meditazione, mi sembra che stiamo assistendo a una vera e propria renaissance del genere e l’interesse del pubblico è decisamente aumentato rispetto a qualche anno fa. Pensi che questo fatto sia legato ai tempi sempre connessi e così frenetici che viviamo?

Assolutamente sì. Se parli con psicoterapeuti così come con insegnanti di meditazione trascendentale ognuno a modo suo ti dirà che c’è sempre più necessità da parte delle persone di ricavarsi una propria ‘ansa del fiume’, per così dire, rispetto ai flussi frenetici in cui viviamo. Si cerca di andare ‘sotto’ la superficie increspata del mare per trovare un po’ di quiete, in una dimensione più profonda. Molti ne sentono l’esigenza: alcuni riescono altri purtroppo no. È assolutamente un segno dei tempi.

Nei tuoi concerti cerchi di ricreare questa ansa, questo rifugio dal mondo esterno che ci scorre così velocemente davanti?

Sarebbe la mia più grande soddisfazione e mi rendo conto che spesso succede. È ovvio che posso avere più opportunità con la parola, che è più lucida e diretta, e ti fa svegliare. Io vorrei creare proprio qualcosa del genere, senza esagerare e capendo qual è la disponibilità delle persone ad essere portate in viaggio. Serve equilibrio. È più facile in un teatro che in un club e per questo stiamo lavorando duramente.

Continuando il discorso, la tua musica ha una dimensione estremamente intima. Per te è più catartico o più doloroso riportare certi temi in questa maniera sul palco?

Ha un aspetto duplice. È catartico anche per me. Ma in altri casi, quando fai parlare l’inconscio, inevitabilmente hai a che fare con un’esperienza forte, a volte può essere rilassante, a volte no. Quando uno risveglia emozioni profonde può venire fuori un po’ di tutto.

Un’ultima domanda. Hai qualcosa da dire a chi ha lasciato l’Italia per vivere all’estero e magari verrà al tuo concerto?

Sono veramente felice di fare questo giro che è più umano che musicale o professionale. Non voglio conquistare nuovi mercati, non è questa l’idea dietro ad una tournée fatta in 12 giorni girando per l’Europa con un furgone. È per esperienza personale e per dare un significato nuovo alla musica. Mi rendo conto che anche per i nostri espatriati l’ascolto di musica italiana, passare una serata con canzoni che rappresentano la propria cultura e la propria origine ti pone emotivamente quasi sempre davanti a una forte sentimento. Per quanto siano felici di aver lasciato un paese che non dà soddisfazione o siano soddisfatti della loro vita all’estero, la musica e l’arte hanno rappresentato da sempre la parte più bella del paese. Sentire certe canzoni durante il concerto ti riporta alla tua origine, nei suoi aspetti positivi così come in quelli negativi. Mi rimane nel cuore una frase che ci urlarono, non ricordo se a Parigi o a Berlino: «Siete la parte dell’Italia che ci manca di più». È una cosa che ti lascia senza fiato e ti fa sentire importante, non sei solo un cantante ma sei qualcosa che fa rivivere emozioni importanti.

Concerto Niccolò Fabi (con Roberto Angelini e Pier Cortese)

18 ottobre 2020

ore 20

maggiori info nei prossimi mesi

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Immagine di copertina: Screenshot da Youtube