30 anni di Unità tedesca? Sì, ma la Germania è ancora a due velocità

Come a distanza di trent’anni alcune fratture faticano a rimarginarsi e le conseguenze degli errori del passato continuano ciclicamente a riproporsi

Il 3 ottobre del 1990 il processo di riunificazione della Germania si avviava alla conclusione. Un processo iniziato in maniera improvvisa la notte tra il 9 ed il 10 novembre del 1989 e continuato poi con i vari incontri tra i rappresentanti dei due Stati, culminati con il trattato del 18 maggio 1990 sull’unificazione economica, monetaria e sociale tra la Germania Ovest e la Germania Est. Un nuovo inizio per una nuova Germania, un nuovo Stato forte al centro dell’Europa; la pace nel vecchio continente che ritorna dopo un secolo di guerre e milioni di morti. Quella della riunificazione della Germania sembrava la classica storia a lieto fine: gli oppressi liberati e contenti per la garanzia di un futuro roseo e prospero. Ma è andata davvero così?

L’imprescindibile premessa: i cittadini DDR non volevano l’Anschluss (annessione), ma un nuovo progetto politico e territoriale

 Quando cadde il Muro gli abitanti della Germania dell’Est non sognavano l’annessione alla Germania Ovest come dimostra il sondaggio del giornale Der Spiegel pubblicato il 17 dicembre 1989. Il 73% dei cittadini della DDR, infatti, voleva mantenere la sovranità del Paese, sentimenti confermati anche dalle manifestazioni di piazza che chiedevano la democrazia e non un nuovo Stato. Mantenere in vita la Repubblica Democratica Tedesca era anche l’obiettivo di Hans Modrow, chiamato a gestire la difficile fase di transizione democratica; il leader del Partito di Unità Socialista (SED) di Dresda spingeva per una confederazione tedesca o comunque per un processo di unificazione che fosse ben dilatato nel tempo. Così però non avvenne, la storia prese un ritmo inaspettatamente veloce ed il leader della formazione cristiano-democratica (CDU) della Repubblica Federale, Helmut Kohl, fece di tutto per trarre vantaggio dalla situazione. Per motivi politici, siccome la CDU era in svantaggio nei sondaggi nella Germania Ovest, si decise per un’unione monetaria repentina che sottovalutò le differenze tra le due economie. Il risultato fu disastroso: 3 milioni di disoccupati ed un’emorragia migratoria verso ovest che, nonostante l’unificazione, non si fermò.

L’unità tedesca: quando l’Ovest derideva l’Est

A peggiorare la situazione ci fu il sentimento da parte degli “Ossi”, così come venivano chiamati, in maniera dispregiativa, gli abitanti dell’Est, di esser stati derubati della propria identità. Questo a causa di un processo di riunificazione che non vide il raggruppamento di due nazioni di pari livello con la creazione di una nuova Costituzione bensì l’annessione di nuove province a quella che era la già esistente Repubblica Federale, dovendone accettare la Costituzione ed i regolamenti già vigenti. Un’annessione vera e propria, appunto. I pochi posti di livello riservati, ancora oggi, a persone nate nell’Est sono forse un esempio lampante della sostituzione culturale operata in Germania a partire dal 1990.

I costi della riunificazione e la disgregazione sociale

Secondo la Freie Universität Berlin il costo per la riunificazione è lievitato fino a raggiungere l’esorbitante cifra di 1.500 miliardi di euro. Uno dei principali motivi di questo pesante disavanzo è stata sicuramente la debolezza economica della Germania Orientale e le successive privatizzazioni che portarono al fallimento moltissime industrie dell’Est che non riuscirono ad essere competitive con quelle dell’Ovest. Questa de-industrializzazione ha portato ad un tasso di disoccupazione di circa il 20% ed una massiccia migrazione da est a ovest che ha drasticamente ridotto la popolazione nei Länder dell’ex DDR. Questa disgregazione sociale ha portato con sé l’insofferenza della popolazione che sognava una vita diversa e che sperava nell’occidente per una vita migliore. Se però nei primi anni ’90 si scendeva in strada per contrastare le politiche neoliberiste ora, nell’ex Germania est, lo spazio delle proteste è stato egemonizzato dalle fazioni neonaziste che fanno sempre più proseliti tra i cittadini scontenti dalla riunificazione addossando le colpe della crisi ai migranti che arrivano in Germania. Se però il partito di estrema destra, Alternative für Deutschland (AfD), sale nei sondaggi, dall’altro lato anche il partito di estrema sinistra, Die Linke, riceve sempre più consensi in quei territori che una volta erano socialisti facendo presa su proposte radicali anti-neoliberiste.

L’unità tedesca e le sue ferite a distanza di 30 anni

Le ultime elezioni in Turingia dell’ottobre 2019 sono lapalissiane in questo senso. Se l’estrema destra raddoppia e la sinistra ex-comunista è il primo partito in molti territori, è a Berlino che si può osservare il lato più commerciale di questo sentimento di “Ostalgie”: non solo il museo della Stasi per ricordare le nefandezze della polizia segreta di Stato ma anche il DDR Museum ed il Ristorante Pila, vere istituzioni per ricordare un passato che per certi aspetti non era così male. Almeno per qualcuno. A 30 anni da quell’unificazione che sancì un passaggio importante nella storia contemporanea, i nodi da sciogliere sono ancora tanti. Spopolamento, mancanza di aziende importanti, infrastrutture carenti rispetto al resto del Paese: i territori dell’ex Germania Est, in misura chiaramente diversa, hanno problemi simili al Mezzogiorno italiano. Nonostante questo, però, lo Stato teutonico è la locomotiva d’Europa. Il pericolo dell’estremismo di destra nelle ex città industriali è forte e per salvaguardare la stessa Europa c’è bisogno di riscoprire politiche di comunità, di giustizia sociale e di eguaglianza.

Il futuro della Germania sullo sfondo dell’Europa

Solo grazie alla solidarietà, riscoprendo e riadattando politiche in vigore nella Germania socialista, si potrà ottenere maggiore coesione sociale. I comitati di quartiere, i collettivi nelle fabbriche, le politiche di assistenza alle famiglie: quello che serve è un nuovo welfare che metta al centro le persone e non solo i profitti delle aziende. Serve più coesione sociale, per la Germania e per l’Europa intera.  Sottovalutando le differenze tra i due lati del Paese, i leader della post-unificazione sono infatti ancora alle prese con una Germania eterogenea tanto nell’economia, quanto, forse, anche e ancora nelle persone mentre sullo sfondo quell’Europa che poteva essere una casa comune in cui entrare assieme, senza diritti acquisiti, sia che si fosse est che ovest, rischia di dividersi sempre più.

Photo Cover: © wal_172619 – CC0 – Pixabay 

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