Marta di Ronco

«Da Sutrio, Friuli, a Berlino per dirigere cantieri, e non solo. Donna, giovane e straniera? Non è (di base) un problema»

Italiane a Berlino che si fanno valere: la storia di Marta di Ronco e di come funzionano i cantieri (e l’architettura) nella capitale tedesca

«Sono a Berlino dal 2012. Ho lavorato a lungo come architetto, ma solo a maggio scorso ho deciso in che direzione andare, dove specializzarmi. In un paese, la Germania, molto attento ai titoli di studio e alle  specializzazioni, ho preferito ricominciare da uno studio molto piccolo che però mi desse la possibilità di seguire i progetti di architettura dalla progettazione al cantiere  piuttosto che  occuparmi della sola pianificazione di progetti urbani e architettonici in e per studi più grandi».Marta Di Ronco, classe 1986 e originaria di Sutrio, provincia di Udine, quasi al confine con l’Austria ogni giorno, o quasi, dirige decine di uomini di ogni parte d’Europa sui cantieri in cui il suo studio è coinvolto: «Piastrellisti, pavimentisti, idraulici, falegnami: devo programmare e coordinare i lavori, verificare che i lavori vengano eseguiti correttamente e che rispettino la pianificazione. A volte mi capitano persone che non parlano tedesco, solo russo ed ucraino. E magari riesco a comunicarci perché uno di loro ha vissuto per qualche tempo in Italia imparando la lingua. Altre volte sono tedeschi, ma sassoni o di regioni con accenti che rendono difficile la comprensione. Il fatto di essere donna e straniera non è mai un problema, salvo qualche eccezione. Quelli che hanno più difficoltà ad accettarmi sono normalmente quelli più giovani di me, non i più vecchi. Qualche settimana fa un ragazzo mi ha detto che non capiva ciò che dicevo, che voleva parlare con uno capo cantiere che parlasse Hochdeutsch, ovvero tedesco, ma per bene.  Di base però sono sempre tutti molto gentili. Io mi sento molto rispettata».

Come e perché un architetto italiano arriva a Berlino

«Ho studiato architettura a Venezia laureandomi ad inizio 2012. Poco dopo aver superato l’esame di stato, complice un viaggio di lavoro dello zio, sono venuta qui ad aiutarlo. Doveva essere un’esperienza a tempo determinato, mi sono invece innamorata della città decidendo di rimanerci anche dopo che mio zio è rientrato. Per rimanere a Berlino dovevo però trovarmi un lavoro. E così mentre frequentavo il corso di tedesco ho iniziato a portare il mio curriculum porta a porta fino a trovare un impiego in un piccolo studio internazionale. Eravamo tutti stranieri, lavoravamo su progetti di pianificazione anche nel fine settimana e mi pagavano pochissimo. Era terribile. Si parlava in inglese, ma il tedesco non mi spaventava troppo. Ho fatto il liceo classico europeo, una scuola ad orientamento classico (greco e latino) abbinato allo studio di 2 lingue straniere, l’inglese e il tedesco nel mio caso. Appena arrivata a Berlino avevo ricominciato a studiarlo, ricominciando da un livello medio/avanzato come il B2. Sono stata in quello studio per sei mesi, dopo di che ho trovato lavoro in uno studio più grande dove, nel tempo, ho finito con il fare un po’ di tutto, dai permessi di costruzione ai disegni esecutivi fino alla parte grafica e creativa, ma niente cantiere. A novembre 2018 ho lasciato tutto: avevo bisogno di una pausa. Mi sono presa sei mesi per viaggiare in Brasile dove ora vive mio padre e per sviluppare altri miei interessi e passioni, come l’illustrazione. Ho realizzato i disegni per un libro sulla cultura afro-brasiliana Conto de Iemanjá A Deusa do Mar – Die Geschichte von Iemanjá der Göttin des Meeres e le illustrazioni per l’album di musica Fôlego, A panda do Sol,  di un gruppo berlinese e ho deciso in che direzione andare riguardo l’architettura, finendo, come già detto, con il coordinamento nei cantieri per lo studio EppleKlimberg di Berlino. Siamo solo in tre. Uno studio che lavora molto nella ristrutturazione di interni, ma a Mitte, centro cittadino, ultimamente abbiamo anche realizzato l’ampliamento di 4 palazzi degli anni ’50, in tutto sono 22 nuovi appartamenti con struttura in legno prefabbricato. È molto stimolante, è un lavoro che si fa in piedi e con continui stimoli. Per il momento non sono iscritta all’albo degli architetti in Germania, non mi interessa la firma. Per il futuro vedremo».

Architetti: la qualità del lavoro in Germania vs la qualità del lavoro in Italia

«È un momento di picco. C’è molto lavoro e gli architetti italiani, se sono in gamba e sanno bene il tedesco, qualche lavoro lo troveranno sempre. Sono visti come portatori di buon gusto. Ci sono tante residenze da costruire visto l’aumento della popolazione. La pianificazione raramente però è ben studiata. Alcuni progetti, come quelli dei grattacieli lungo la Sprea a Friedrichshain e Mitte dimostrano che non si guarda in faccia a nessuno. Sono orribili. Non solo. Lo sviluppo urbano è cosi veloce  che l’esecuzione dei lavori spesso è ben poco rifinita. Mentre in Italia siamo dei perfezionisti e le maestranze sono molto preparate, qui la mentalità in generale predilige tempi rapidi di esecuzione, la quantità alla qualità. Lo studio dove ho scelto invece di lavorare ha un approccio progettuale molto diverso, noi seguiamo tutte le fasi del progetto facendo attenzione e dando importanza alla qualità del risultato. Salvo eccezioni e ragionamenti sulle differenze salariali tra tedeschi e stranieri, che purtroppo esistono, un aspetto positivo che ho riscontrato in Germania è che si cerca di valorizzare al massimo i talenti di ognuno».

Marta di Ronco

Tornare in Italia, andare altrove o vivere per sempre a Berlino?

«Mi sento una cittadina del mondo. E l’Italia mi manca un po’, ma non mi ci vedo ancora a tornare.  Quello che posso dire è che adesso Berlino è la mia casa, ci sono persone da ogni parte del mondo e un clima di apertura e tolleranza che non so se troverei analogo altrove. La città però sta cambiando e i prezzi delle abitazioni sono diventati altissimi. Ci avviamo verso una Berlino simile a tante altre metropoli occidentali. Non mi piace stare in un posto avendo nostalgia di com’era, quindi non escludo l’ipotesi di andare altrove, in futuro. Vedremo.»

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