Sons, la vendetta nel carcere parte dalla guardia: alla Berlinale un thriller psicologico capace (anche) di commuovere
“Vogter,” diretto da Gustav Möller, presentato in concorso alla Berlinale 2024, è un thiller-dramma intenso e claustrofobico, ambientato all’interno di un carcere danese.
“Vogter”, che in danese significa “guardiano/a” (il titolo nella versione internazionale è però “Son”s, figli) riflette la storia di Eva, una guardia carceraria che si confronta con il proprio passato doloroso quando un nuovo prigioniero viene trasferito nel carcere in cui lavora.
Möller, già noto per il suo film “The Guilty” (film del 2018 di cui è stato fatto anche un remake con Jake Gyllenhall), qui esplora l’ambiente carcerario con uno sguardo che mette in luce le dinamiche umane e psicologiche, ponendo interrogativi sul concetto di giustizia e su come la vendetta personale possa intrecciarsi con il dovere professionale.
Vogter, la trama
“Vogter” si sviluppa principalmente all’interno delle mura di un carcere danese, dove Eva, interpretata magistralmente da Sidse Babett Knudsen, lavora come guardia in una sezione a bassa sicurezza. È una figura materna e idealista, impegnata nella riabilitazione dei detenuti. Tuttavia, il suo mondo viene sconvolto quando Mikkel, il giovane uomo responsabile della morte di suo figlio, viene trasferito nella prigione. Nessuno sa del collegamento tra i due.
Eva chiede di essere trasferita nella sezione di massima sicurezza dove è detenuto Mikkel, dando inizio a un gioco psicologico pericoloso tra guardia e prigioniero. Lui non l’ha riconosciuta. Lei invece cerca vendetta anche se tanti dubbi continuano a presentarsi nella sua testa.
Gustav Möller, un regista con uno sguardo fuori dal comune
Gustav Möller, acclamato per il suo esordio con “The Guilty,” ritorna con “Vogter,” confermando la sua abilità nel creare tensione con pochi elementi e spazi ristretti. La sua carriera, iniziata con cortometraggi e film sperimentali, si è consolidata con un approccio minimalista e una grande attenzione ai dettagli emotivi e psicologici dei personaggi.
Sidse Babett Knudsen, nota per il suo ruolo in “Borgen” e “Westworld,” offre una performance potente e sfumata, rendendo il personaggio di Eva credibile e complesso. Sebastian Bull, nel ruolo di Mikkel, rappresenta con intensità la violenza repressa e la fragilità umana. Durante la Berlinale, Möller ha sottolineato come la ricerca per il film sia stata approfondita, con visite a carceri reali e interviste con guardie e detenuti per garantire autenticità alle dinamiche rappresentate.
Vogter, un’opera intensa e a suo modo originale
“Vogter” si inserisce in una tradizione cinematografica di drammi carcerari che esplorano la complessità delle relazioni tra guardie e detenuti, come il danese “R” di Tobias Lindholm e Michael Noer, il britannico “Hunger” di Steve McQueen, e il classico americano “Dead Man Walking” di Tim Robbins.
Nonostante questo ha una sua originalità grazie alla sua capacità di lavorare sullo spazio e i rapporti personali, un minimalismo delle dinamiche già visto in “The Guilty” che qui, grazie alla location, sembra ancora più spinto al limite.
Il film mantiene un equilibrio delicato tra tensione e introspezione. Laclaustrofobia del carcere si riflette nella psicologia dei personaggi. Ogni incontro tra Eva e Mikkel è carico di suspense, con il pubblico costantemente in bilico, incerto su come i personaggi reagiranno. Le ambientazioni, benché limitate, sono sfruttate al massimo per creare un senso di isolamento e oppressione, mentre la performance di Knudsen è centrale nel mantenere vivo l’interesse per la storia.
“Vogter” è un film che, pur nella sua semplicità narrativa, riesce a lasciare un segno, esplora le sfumature della vendetta e del perdono offrendo una riflessione intensa sulla natura umana e sulle conseguenze delle scelte personali. Davvero un bel lavoro, una conferma per un regista che ormai è da tenere sempre d’occhio. Vogter è uno dei migliori film visti finora alla Berlinale 2024.
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