«Sono la prima regista italiana di un film in 3D. La protagonista è tedesca e lo presento a Venezia»
«Ho realizzato il sogno che avevo da bambina: portare lo spettatore dentro lo schermo».
Si intitola I’m (Endless Like the Space), il quarto film di Anne-Riitta Ciccone e il primo film in 3D diretto da una donna. Verrà presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia insieme ad un romanzo che ne racconta la sceneggiatura.
I’m (Endless Like the Space)
Jessica ha diciassette anni, i capelli viola e il mondo che la circonda le sta stretto. E’ lei la protagonista della pellicola di Anne-Riitta Ciccone. La storia di un’adolescente che si sente fuori luogo e immagina un futuro diverso da quello che le è stato imposto. Vorrebbe vivere della sua passione, il disegno, ma viene scoraggiata da tutti. Il suo personaggio è interpretato da Mathilde Bundschuh, una giovane attrice tedesca. Il cast vede la partecipazione di Barbora Bobulova e Guglielmo Scilla.
«Il film è ambientato in una realtà molto simile alla nostra, ma ha elementi surreali – ci spiega Anne-Riitta – è il mondo visto da Jessica, da un’adolescente che si trova nel pieno della transizione verso l’età adulta. Ci sono streghe, strane creature e colori forti. Abbiamo utilizzato pochissimi effetti speciali, ma volevo che lo spettatore si insospettisse. Quello che metto in scena è l’inconscio di questa adolescente». Non ci sono storie d’amore nel film. I pensieri di Jessica riguardano il suo desiderio di cambiare ciò che sembra già dato e deciso. Di ribellarsi alla vita adulta. «Girando questo film ho pensato universalmente. Non volevo raggiungere un pubblico di adolescenti. È un film in cui possiamo riconoscerci tutti. Ogni momento di transizione, infatti, ci rende egocentrici. Anche da adulti. Ho messo in scena insicurezze che riguardano tutti».
Gli spunti autobiografici
«Sono cresciuta in Finlandia, un Paese dove il buio domina otto mesi all’anno e dove c’è una cultura molto rigida, valori molto rigorosi. Mia nonna mi raccontava la parabola dei talenti e mi raccomandava di fare qualcosa di importante nella vita. Non è facile crescere con una tale pressione. Con il pensiero di non dover deludere gli adulti e fare ciò che loro si aspettano da te». Le parole di Anne-Riitta potrebbero benissimo essere quelle di Jessica, la protagonista del film. Le sue paure sono le stesse che viveva Anne-Riitta da adolescente. «Temevo che gli adulti avessero ragione, che fosse obbligatorio cercare di non deludere le loro aspettative. Ho voluto raccontare un mondo diverso, un rapporto più sereno alla vita. Jessica è un personaggio forte che rifiuta il mondo adulto. Conquista il suo spazio e combatte il tentativo del mondo esterno di relegarla in un angolo».
Anne-Riitta e il cinema
Anne-Riitta ha sempre avuto una grande passione per la tecnologia ed ha scoperto il suo interesse per il cinema già da bambina. «Venni catapultata dalla Finlandia alla Sicilia. Ero piccola, disorientata e il cinema divenne il mio luogo sicuro. Nei film trovavo rifugio da tutte le mie inquietudini e ricordo che sognavo di entrare dentro lo schermo. Mi sedevo sempre in prima fila con gli occhi sgranati. Avevo dodici anni quando guardai per la prima volta un film in 3D. Lo Squalo, fu una scoperta».
Da allora con grande determinazione Anne-Riitta ha deciso che il cinema sarebbe stata la sua vita. Ha seguito la sua attitudine e studiato molto per andare alla ricerca dell’immagine perfetta, di un’immagine che assorbisse lo spettatore. «Per questo mi sono avvicinata al 3D. Dopo aver girato i miei primi tre film, collaborai con David Bush, specialista di effetti speciali. Partecipai ad alcuni seminari e capii che il 3D poteva aiutarmi a realizzare quel desiderio che sentivo da bambina. Ho dovuto reinventare il mio modo di usare gli obiettivi. Non è stato semplice, ma mi sono subito trovata a mio agio». Quella di Anne-Riitta non è stata una scelta pianificata. Una deriva spontanea che ha portato ad I’m (Endless Like the Space). La prima produzione in 3D diretta da una donna. Un’esperienza multi sensoriale che valorizza l’immagine e porta le persone dentro il film.
«Oggi fare film in Italia è difficile»
«La legislazione italiana ha paralizzato il cinema indipendente rendendo praticamente obbligatoria la ricerca di finanziamenti esteri. In questo senso le coproduzioni diventano un modo per avvantaggiarsi. Per cercare di aggirare le difficoltà». Le prime produzioni della regista italo-finlandese hanno visto la collaborazione di produttori finlandesi e francesi, mentre I’m (Endless Like the Space) ha un cast internazionale. «Lavorare con troup internazionali è più stimolante. E inoltre garantisce un’apertura immediata verso l’estero. Una diretta diffusione in Europa. Permette di dividere i rischi, gli oneri e gli onori. E permette ai produttori di lavorare più serenamente facendo affidamento su finanziamenti più ampi». Anne-Riitta continua raccontandoci di come lei stessa si senta apolide, priva di un senso di appartenenza forte. «Lavorare con un cast misto è un’esperienza stimolante. Amo lavorare con persone diverse e spero che si facciano sempre più coproduzioni in Italia. Va anche detto che all’estero gli italiani vengono giudicati negativamente, ritenuti inaffidabili. E’ mortificante. Le coproduzioni permettono di ottenere maggiore fiducia, visibilità. E magari cercare di superare questo stereotipo che si è venuto a creare».
SEGUI TUTTE LE NEWS SU BERLINO, SEGUI BERLINO MAGAZINE SU FACEBOOK
[adrotate banner=”34″]
Tutte le immagini sono: © I’m (Endless Like the Space)