Die kinder der toten

Alla Berlinale 2019 è stato presentato un film su dei poeti rifugiati siriani contro zombie austriaci

Lo zombie movie tratto dal romanzo di un premio Nobel

Può l’alta letteratura incontrare il mondo del b-movie? La risposta è sì, se parliamo di Die Kinder der Toten, pellicola che inaugura la sezione Forum della 69esima Berlinale. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Elfriede Jelinek, scrittice austriaca vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 2004, pubblicato nel 1995. Alla regia Pavol Liska e Kelly Copper, fondatori di uno dei gruppi teatrali più innovativi degli ultimi anni, il Natural Theater dell’Oklahoma perfetti eredi di quel Living Theater che aveva rivoluzionato il mondo del teatro negli anni ’70. Liska e la Copper hanno girato tutto il film in super8, strutturandolo come un film muto, dove i dialoghi (ma anche i pensieri) dei protagonisti vengono fatti leggere allo spettatore. Tutti gli attori, non sono professionisti ma gente presa dalla strada. La tecnica utilizzata per girarlo, il trucco e gli effetti speciali raffazzonati, la presenza degli zombie e di altri elementi dei b-movie, fanno di Die Kinder der Toten un perfetto film d’expoitation. Ma, al di là dell’aspetto puramente estetico, il film nasconde un livello di lettura molto più profondo.

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Locandina del film

Locandina del film

La trama

In un non meglio specificato paese austriaco del Land della Stiria sorge la pensione Alpenrose. Qui i suoi avventori sembrano trascorrere il loro tempo in maniera idilliaca in questa piccola oasi di pace. La realtà invece, è molto diversa. In un tavolo siedono Karin, cinquantenne zitella, insieme alla vecchia madre che, tra un boccone di Schnitzel e un altro tranquillamente dice alla figlia che non la odia ma la «disprezza fortemente». Sull’altro tavolo una coppia di vecchietti ninfomani che amoreggiano volgarmente davanti a tutti. A peggiorare la situazione l’arrivo di un gruppo di poeti siriani che vengono cacciati perché, in quel ristorante «non servono i cani». Durante una gita i clienti della pensione rimangono vittime di un incidente, fatale alla maggior parte dei presenti, tranne che alla madre di Katrin. La scena si sposta in un bosco, dove un cacciatore tenta inutilmente di suicidarsi davanti alla tomba dei suoi figli. Viene distratto dalla visione del fantasma di Katrin che, dopo l’incidente, vaga ancora sulla terra inseguita dal suo Doppelganger. Il cacciatore nel suo peregrinare incontra i poeti siriani e gli offre del cibo che però rifiutano perché possono mangiare solo cibo siriano. La scena si sposta all’interno di una chiesa dove la madre di Katrin prega per la figlia e dove, all’improvviso, un uomo irrompe e si barrica dentro la chiesa urlando che sono arrivati gli zombie. In realtà gli zombie non sono altro che i rifugiati siriani che stanno morendo di fame. Il film comincia poi a raccontare le peregrinazioni del fantasma di Katrin che, dopo aver vagato nel bosco, arriva in un cinema gestito dalla vedova di un nazista dove gli spettatori guardano i video dei loro cari morti e si disperano, il tutto accompagnato da una banda che suona musica tipica austriaca. Il vero esercito di zombie non tarda ad arrivare, una grottesca parata in cui gerarchi nazisti passeggiano di fianco alle vittime dei campi di concentramento. I morti si riuniscono tutti alla pensione Alpenrose e ritroviamo i poeti siriani morti di stenti, risorti anch’essi, che cucinano Kebab nella cucina della pensione.

Una scena del film

Una scena del film

L’attacco contro la società austriaca

Come abbiamo già accennato, Die Kinder der Toten è tratto da un romanzo del premio Nobel Elfriede Jelinek. L’autrice, sia nei suoi romanzi sia durante le interviste, non ha mai nascosto il suo profondo odio verso gran parte della società austriaca da lei ritenuta ancora indissolubilmente legata al passato nazista e permeata di ideologie razziste e xenofobe, tanto che la Fpö, il partito nazionalista di Jörg Haider, aveva tappezzato Vienna con dei manifesti che chiedevano di licenziarla dal suo ruolo di direttrice del teatro cittadino poiché «infangava i sani e onesti principi nazionali». Ma gli attacchi della Jelinek si rivolgono anche verso la sfera privata dei suoi concittadini, considerati repressi e violenti; i suoi romanzi hanno lo scopo di porre la società (non solo quella austriaca) di fronte a tutte le sue meschinità, scoperchiando il Vaso di Pandora dei vizi e delle perversioni umane. Ecco che i protagonisti dei suoi romanzi sono persone sessualmente represse come la protagonista de La Pianista o praticano atti di estrema violenza senza nessuna ragione come i giovani del romanzo Gli esclusi. In Die Kinder der Toten si coagulano tutte le invettive della Jelinek, il rapporto malsano tra Karin e sua madre, la sessualità morbosa dei due vecchi, l’ideologia nazista ancora radicata in Austria e incarnata dalla vedova.

Una scena del film

Una scena del film

Die Kinder der Toten è una metafora della società che ci circonda

I vivi all’interno del cinema rimpiangono i loro cari, ma prima non sono capaci di provare nessuna sorta di empatia verso i rifugiati siriani che chiedevano loro aiuto. Una situazione che, attualmente, non accade solo in uno sperduto paesino delle alpi austriache ma che, ormai, è all’ordine del giorno in gran parte dei paesi europei. Gli ospiti della pensione Alpenrose diventano lo specchio del marciume che caratterizza una parte della società in cui viviamo. I poeti siriani vengono cacciati, gli viene impedito l’ingresso in ogni luogo e vengono lasciati morire di fame. L’unico baluardo di umanità è rappresentato dal cacciatore, il solo che si offre di aiutarli. Siriani e austriaci arrivano a una pacifica convivenza solo come zombie, da vivi i primi sono considerati alla stregua di bestie. Le figure dei poeti rifugiati siriani non sono presenti nel romanzo, ma sono stati aggiunti dai registi del film per rendere la storia della Jelinek più vicina allo spettatore dei giorni nostri. L’abilità dei due registi è stata quella di utilizzare tutti i clichè dei b-movie, genere che per anni è stato relegato al puro intrattenimento, e usarli per costruire un atto d’accusa verso una società malata e sadica, come testimoniano le parole della vedova nazista che, in una scena, afferma che «solo la sofferenza degli altri mi conforta». Gli zombie, generalmente considerati come mostri, sono invece qui rappresentati come l’unico modello di convivenza serena tra tutto il genere umano. Un film di cui consigliamo la visione soprattutto a quelle persone che vorrebbero chiudere tutte le porte a chi arriva, vedendo nell’ ‘estraneo’ la causa di tutti i mali ma non accorgendosi che il marcio si nasconde in casa propria.

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Berlino Schule tedesco a Berlino

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