“Non volevo essere un eroe”, la storia di Ivo Cecchini tra Cefalonia, la prigionia in Serbia e la Brigata Garibaldi
Dal salvataggio a Cefalonia alla lotta partigiana, la storia di Ivo Cecchini tocca alcune delle più importanti fasi italiane della Seconda guerra mondiale ed è finalmente al centro di un libro, Non volevo essere un eroe
Dopo l’armistizio dell’Italia nell’ottobre 1943, un gran numero di soldati italiani prima impiegati sul fronte greco furono catturati e imprigionati dalle forze tedesche. È difficile stabilire un numero esatto, le cifre variano nelle diverse fonti storiche, ma uno di loro fu sicuramente Ivo Cecchini originario di Panzano in Chianti (ma poi residente a Cerreto Guidi) e papà di Carla, insegnante per 43 anni e ora in pensione, autrice del libro biografico Non volevo essere un eroe pubblicato nel 2023 da Ibiskos Ulivieri e che verrà presentato a Berlino, con la moderazione di Silvia Gentili, mercoledì 6 dicembre alle 18 al Mehringhof- Theater di Kreuzberg. L’evento è organizzato dall’associazione Mediterranea in collaborazione con l’Anpi di Berlino (ingresso libero, qui tutti i dettagli).
Ivo si era salvato miracolosamente alla strage di Cefalonia, ma il destino aveva in serbo per lui un anno di prigionia nei Balcani prima di essere finalmente liberato. Stremato da fatica e privazioni, invece di rientrare in Toscana, decise di unirsi ai partigiani slavi della Brigata Garibaldi. La sue esperienza della guerra segnò tanti i suoi successivi anni da reduce che quelli del resto della sua famiglia. Racconta Carla: «Fin dall’infanzia, ascoltavo mio padre narrare episodi della sua guerra. Con il tempo, questi racconti sono diventati sempre più dettagliati e realistici. Solo da adulta ho compreso appieno la portata della tragedia. Da tempo volevo condividere le tre esperienze cruciali di mio padre durante la guerra, sperando di far riflettere sulle atrocità del conflitto, un monito contro la violenza e la retorica patriottica. Solo durante la pandemia però ho trovato il tempo e la determinazione per farlo e così è nato Non volevo essere un eroe».
Raccontare la storia di un papà, ricorsi sparsi da ricostruire in un’unica storia
«I suoi tre anni di guerra sono sempre stati parte della nostra quotidianità familiare. All’inizio, quando ero piccola, gli episodi raccontati erano quelli divertenti mentre venivano taciuti gli aspetti più tragici. Via via che crescevo si aggiungevano sempre più particolari e con un realismo sempre maggiore, ma solo da adulta ho compreso davvero quello di cui era stato protagonista. Insieme, più volte, progettammo di scrivere un libro affinché rimanesse un’ulteriore testimonianza scritta delle atrocità della guerra, ci sono riuscita quando ormai lui non c’era più».
I tre anni di Ivo in guerra, 1942-1945 si possono sintetizzare in tre esperienze distinte e allo stesso tempo legate inestricabilmente: l’occupazione di Cefalonia, la prigionia in Yugoslavia e l’arruolamento nella Brigata Garibaldi.
«Ognuno di noi ha avuto in famiglia qualche parente che ha partecipato alla Seconda guerra mondiale. È facile trovare qualche punto di contatto con la storia di mio padre. Tutto è permeato dallo stesso monito che, con i suoi racconti, mio padre cercava di rendere chiaro: la violenza, e ancor più la guerra, non sono mai uno strumento necessario per eliminare le ingiustizie, al di là di ciò che può provare a fare la più accattivante delle propagande. Sia con i miei due figli, Sara e Francesco (autore della copertina ndr), che con i miei alunni ho sempre insistito su questo concetto. Gli ideali di patriottismo di eroismo sono quasi sempre delle coperture per altri fini.»
Le ricerche per Non volevo essere un eroe
«Ho consultato vari testi storici e testimonianze di reduci. Tra i tanti documenti trovati mi è stato di grande aiuto la pubblicazione del cappellano militare don Formato che era presente a Cefalonia e che racconta con esattezza i fatti accaduti dall’8 settembre all’eccidio del 24 settembre del 1943. Ho rinvenuto invece poche notizie sia sul campo di prigionia di Belgrado che fu smantellato subito dopo la liberazione, sia sul periodo trascorso con la Brigata Garibaldi insieme ai partigiani slavi. È stato un lavoro lungo, ma anche emozionante. Vi ho trovato, oltre al racconto dei fatti accaduti, molte considerazioni ed espressioni di sentimenti che combaciavano con quelli di mio padre».
Il racconto dell’armistizio visto dai soldati italiani a Cefalonia
«La parte più emozionante è sicuramente il racconto delle battaglie con le stragi che le seguivano. L’episodio che mi fa più pensare tuttavia è il cosiddetto “referendum”. Mio padre era stato trasferito da Zante a Cefalonia a luglio. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, i tedeschi chiesero la consegna delle armi all’esercito italiano sull’isola. Il generale Antonio Gandin, non avendo ricevuto ordini chiari dal comando supremo italiano e non sapendo cosa fare, indisse una consultazione fra tutti i soldati sull’isola per decidere se arrendersi o combattere, un’assurda pretesa di democrazia in un contesto in cui di democratico non c’era nulla. Chiedere ai soldati italiani se volevano combattere contro i tedeschi o arrendersi era come chiedere ad un condannato a morte se preferisce la fucilazione o la ghigliottina. Decisero di resistere. Mio padre fu catturato durante la battaglia, imprigionato e poi trasferito verso l’attuale Serbia ad ottobre. Ad altri, come purtroppo tutti sappiamo, andò molto peggio.»
Non volevo essere un eroe
di Carla Cecchini
pubblicato da Ibiskos
costo 15 €, acquistabile qui
Presentazione a Berlino
il 6 dicembre alle 18 presso il Mehringhof- Theater (Gneisenaustraße 2A, 10961 Berlin-Kreuzberg)
ingresso libero (seguirà rinfresco)
Tutte le foto sono © Carla Cecchini. In cover Ivo Cecchini con i suoi commilitoni
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