Non puoi votare in Germania? Non solo il voto fa sentire la tua voce
La storia di Nora ci parla di democrazia. Esistono modi diversi dal voto di essere parte attiva di una società
Articolo di Matthias Stockenhuber, tradotto da Anna Chiara Mezzasalma
Nora, cilena-neoberlinese, ha votato per la prima volta quest’anno in Germania, a differenza di un quarto della popolazione di Berlino che non ha la cittadinanza tedesca. La storia di Nora, che da straniera ha deciso di farsi coinvolgere in questioni berlinesi, ci mostra che la democrazia è qualcosa di più di un voto e delle elezioni, ovvero che noi espatriati non siamo condannati a rimanere passivi.
Quando Nora, che si è sempre interessata di politica, pensa ai tempi passati e al Cile mi dice che era come se sentisse che qualcosa le impediva di impegnarsi attivamente. “Ero diversa dalla maggior parte della gente di sinistra, da questa subcultura in cui tutti si vestono uguale, ascoltano la stessa musica, hanno gli stessi hobby”. Nora ha frequentato una scuola cattolica, proviene da un contesto piuttosto conservatore e ha studiato fisica. “Ero diversa, quasi un’outsider”, dice. Inoltre, sentiva di non voler creare conflitti, ma essere piuttosto una persona come tutte le altre. Così a 19 anni preferì trasferirsi in Norvegia, “un Paese dove tutto funziona”.
Le origini dell’attivismo di Nora, ispirato dal lontano movimento dei Pinguinos
Mi vedo con Nora nel suo appartamento a Neukölln. Adesso fa parte del comitato dell’iniziativa “100% Tempelhofer Feld” e con il suo apporto anche all’ultima campagna referendaria “Deutsche Wohnen und Co. Enteignen”, può dire di aver dato il suo contributo a due referendum i cui esiti rappresentano un grosso grattacapo per il governo della città. Nora non crede nelle biografie lineari, nel susseguirsi logico di eventi ed esperienze che condizionano la vita di una persona e finiscono per definirla. Nel suo stesso modo di guardare alle cose e nel suo agire Nora vede delle contraddizioni e dei conflitti, ambiguità e domande che non hanno risposta. Ritrarre Nora come il prototipo dell’attivista ideale e impegnata sarebbe troppo semplice.
Quando si tratta di delineare gli inizi del suo coinvolgimento politico o la sua idea di agire all’interno della società civile, tuttavia, la prima cosa che le viene in mente sono i Pinguinos, un movimento di protesta formato da studenti cileni, che Nora ha seguito con grande entusiasmo da lontano, dalla Norvegia, nel 2006. “I Pinguini erano veramente forti”.
Tra gli studenti cileni c’era malcontento a causa delle disuguaglianze e della scarsa qualità del sistema scolastico che era stato avviato ancora sotto la dittatura di Pinochet, e che si basava sulla concorrenza tra distretti scolastici, prevedendo un alto numero di scuole private. Così si sviluppò un grande movimento di protesta, prima nella capitale, Santiago, e poi in tutto il Paese. Furono organizzati scioperi scolastici e occupazioni, e molti dei vecchi amici di Nora ne presero parte. Tale movimento, detto dei “pinguini” a causa delle uniformi scolastiche bianche e nere dei manifestanti, è stato sostenuto da gran parte della popolazione.
Nora lo vede come lo sbocciare della sua generazione. I politici hanno dovuto cedere alle pressioni e fare concessioni che Nora non avrebbe ritenuto possibili ottenere. Le infrastrutture scolastiche furono ampliate, la discriminazione e la selettività ridotte. Nora si rese conto a questo punto di essere solo una spettatrice. “Ero molto orgogliosa. Non che non abbia combattuto le mie battaglie a 19 anni nella Norvegia del Nord. Ma stavo lottando per me stessa, non stavo lottando con qualcuno per una causa.” Nora voleva passare all’azione.
Il lavoro sul campo, da Oslo a Berlino
Anche prima di trasferirsi a Berlino, ha iniziato a partecipare a delle iniziative a Oslo, alcune delle quali incoraggiavano i figli dei migranti a studiare all’università. “Per la prima volta ho sperimentato la pratica e non solo la teoria”, afferma. Cominciava a porsi questioni più concrete: “Cosa facciamo? Dovevamo riflettere su cosa fare e come agire”. Ciò che Nora ha portato con sé dalla Norvegia, oltre a successi individuali e qualche delusione, è stata la fiducia nel proprio agire.
Più tardi a Berlino Nora sentì un’intervista radiofonica con Margarete Heitmüller. La loro iniziativa, localizzata nello Schillerkiez, cercava volontari per raccogliere firme per una petizione. All’epoca erano cinque anni che gli aerei non decollavano dall’aeroporto di Tempelhof. Nello Schillerkiez, che allora non era ancora gentrificato come oggi, la gente si era abituata alle distese di prati davanti alla porta di casa. Il piano regolatore del Berliner Senat prevedeva uno sviluppo periferico del vecchio ed enorme campo d’aviazione: per il 70% blocchi residenziali, il resto zona commerciale, con negozi e ristoranti.
Il governo della città voleva utilizzare l’area, che aveva buoni collegamenti di trasporto, per creare nuove abitazioni per la popolazione in rapida crescita, mentre il parco nel centro – che in termini di superficie è più grande dell’intero Tiergarten – sarebbe stato conservato. Questo il piano del sindaco SPD. L’obiettivo della petizione, invece, era mantenere il campo nella sua integrità, come luogo della storia di Berlino, senza modifiche: 100% Tempelhofer Feld.
Nora si è unita al collettivo un mese prima del termine della raccolta delle firme, nel 2013. Ne servivano 250.000 affinché la petizione fosse presentata e quindi discussa alla Camera dei deputati di Berlino, la quale poi avrebbe dato il via al referendum. “Il tempo scorreva veloce e non sapevamo se ce l’avremmo fatta. Mi sono iscritta all’iniziativa e già il giorno dopo ero per strada con in mano la lista delle firme da raccogliere. Dovevo parlare con anziane tedesche, in tedesco. Un’esperienza totalmente nuova per me.”
Il luogo di ritrovo dell’associazione era una stanza nello Schillerkiez: “35 metri quadrati pieni di gente, volantini e computer. Un bagno sul retro. Avevamo dei turni in cui la gente doveva andare a prendere il materiale, le liste, raccogliere le firme. All’inizio solo nello Schillerkiez, poi in tutta Berlino, da Spandau a Marzahn. Marzahn era una zona difficile, uno straniero che parlava di beni comuni lì era malvisto: ‘Perché tu mi stai parlando del mio Paese?’”
Il ruolo dimenticato della politica: così Nora creò legami e imparò a conoscere Berlino
Nora descrive i suoi collaboratori come un potpourri colorato di nerd, eloquenti vecchi berlinesi frequentatori di Kneipen, lavoratori di call center, sacerdotesse protestanti e anarchici che lavorano tutti insieme a un obiettivo. “È stato divertente, c’era una bella dinamica. C’è qualcosa di universale nell’impegno politico, è incredibile. Ci si capisce tutti molto meglio che in altre situazioni. Tutto il resto viene messo un po’ da parte, lì c’è un unico obiettivo che vuoi raggiungere. Improvvisamente sei un compagno di campagna, sei un compagno punto e basta, e quindi sei legato da qualcosa di più profondo.”
Eravano agli sgoccioli e Nora ha trovato nuovi modi per continuare a far girare la rete di sostenitori e raccoglitori di firme. “Avevo creato un mio itinerario di fornai. Il mio tedesco era pessimo, ma tutti i panettieri mi conoscevano, ci andavo una volta al giorno in bicicletta, soprattutto nelle stazioni della S-Bahn dove il caffè costa 1,50 euro. Lasciavo le liste delle firme ai panettieri. Quando arrivava un cliente abituale, lui o lei gli diceva: “Se vuoi prendi la lista, raccogli un po’ di firme, ma ricordati di riportarmela. Tutti i collaboratori dell’iniziativa mi stimavano: La ragazza nuova è una grande, dicevano”.
L’energia che Nora investiva nell’associazione e in questa campagna le tornava indietro sotto forme diverse. Raccogliendo le firme, scopriva una nuova Berlino. “Ho preso questo momento per fare di Berlino la mia casa”. Attraverso le numerose conversazioni, ha vissuto la città in modo nuovo e allo stesso tempo le è diventata familiare. Cos’altro ha capito da questa esperienza? “Ho capito che nessuno è apolitico. Tutti hanno delle idee su come dovrebbe funzionare la società. Nessuno è indifferente all’ingiustizia. E questo è molto importante.” Nora si arrabbia con gli amici difficili da motivare e da coinvolgere. Il suo tono suona seccato: “Non puoi dare per scontato quello che hai. Qualcuno si è dato da fare per ottenerlo”.
Tornando a casa, percorro in bici il campo. Forse la gente voterebbe diversamente oggi se le fosse richiesto di prendere una nuova decisione sul Tempelhofer Feld. Ma una cosa è certa. Un grande spazio nel cuore di Berlino avrebbe un aspetto molto diverso oggi se non fosse per l’impegno di persone come Nora.
La cittadinanza non ha fermato l’attivismo di Nora: per cambiare le cose bisogna lavorare sul campo
Nora ha richiesto la cittadinanza tedesca al Bürgeramt di Neukölln un anno fa. Tranne che per le domande sul Saarland che sembravano ripetersi senza fine (“Il Saarland mi ha traumatizzata”), ha trovato il test per la cittadinanza fattibile. Il conferimento della cittadinanza non aveva la forma di una cerimonia, ma non era nemmeno un appuntamento come quelli che ti danno quando vai a registrarti a Berlino per la Meldebescheinigung.
Alle elezioni federali, Nora ha votato per la prima volta in quanto tedesca. Rispetto alle iniziative a livello locale, che accolgono a braccia aperte le persone che si vogliono impegnare, Nora vede la politica nazionale con i partiti come un’istituzione molto più chiusa, come una fortezza inaccessibile, dato che i partiti sono meno permeabili per chi vuole cambiare le cose.
Nora ha molti amici italiani e non è sempre entusiasta dell’andazzo che prendono le discussioni politiche con loro. “Tutti parlano sempre degli anni ’70. Ma stiamo parlando di 50 anni fa”. Le manca sentir dire: “Ok, dai, oggi ci organizziamo e cerchiamo di raggiungere questo obiettivo comune!”.
“Se si è in tanti, ci si divide i compiti, si comunica con la gente e si pianificano delle iniziative, le cose cambiano. Molti non se ne rendono conto, ma questa cosa si potrebbe fare anche in Italia. Certo, avrete avuto una grande storia, ma adesso è ora di scriverne una nuova.”
Matthias Stockenhuber è un Freelance Journalist, lavora a Berlino e ha pubblicato per Der Freitag. Anna Chiara Mezzasalma è una traduttrice e dottoranda in studi di traduzione e teoria politica all’Università di Vienna.
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Immagine di copertina: Tempelhofer Feld screenshot preso da YouTube