La vita, il viaggio dei viaggi dell’uomo nel mondo
Chi parte da un aeroporto per atterrare in un altro Paese, visitarlo e poi tornare in patria, alla domanda «Perché sei andato in quel posto?» vi risponderà con sicurezza.
Potrà sostenere che lo ha fatto per lavoro, per staccare dalla propria routine e rilassarsi, per confrontarsi con una differente cultura o semplicemente perché era incuriosito da quel luogo prima visto solo in cartolina. Ma alla domanda «Perché sei al mondo e dove stai andando?» la maggior parte degli interlocutori, sempre che non prenda il quesito come una burla, avrà serie difficoltà nel rispondere.
Il viaggio dell’uomo sul mondo è il viaggio dei viaggi.
Durante la navigazione nell’immenso mare dell’esistenza, l’uomo è infatti in continuo movimento – sia questo fisico, metafisico, conscio od inconscio – e alla perenne ricerca di risposte e conoscenza. Vivere è sinonimo di viaggiare e viaggiare vuol dire non solo spostarsi su una strada, ma anche su una linea del tempo. I compagni di vita sono i nostri compagni di viaggio; i nostri spostamenti fisici sono cammini nel cammino, così come lo sono i movimenti effettuati all’interno del nostro “io” per conoscerci interiormente. L’uomo sulla terra ha come scopo quello di riuscire a vivere al meglio il proprio itinerario che va dalla nascita alla morte. Questo sarà possibile se saprà circondarsi di compagni piacevoli, evitando scontri e diverbi, se nei momenti di tempesta sarà in grado di trovare il rifugio adatto per non farsi inghiottire dalle imprevedibili acque dell’esistenza, ma, soprattutto, se saprà trovare la sua giusta collocazione all’interno della nave-mondo.
Quello di cui ho paura non è la morte, ma la solitudine – August Strindberg
Durante la permanenza sul pianeta, l’uomo non è un essere in grado di vivere completamente isolato dai suoi simili. Il contatto con altre persone è una componente essenziale per riuscire a vivere un’esistenza appagante, un viaggio piacevole. Il confronto con esse è importante innanzitutto per dare forma alla nostra identità, per conoscere noi stessi. Studi psicologici hanno infatti già da tempo teorizzato tale questione. E’ del 1954, ad esempio, la teoria del confronto sociale elaborata da Leon Festinger, secondo la quale «le persone apprendono e valutano le proprie qualità personali confrontandosi ad altri» .
Vivere soli è quindi impossibile, ma vivere con gli altri non è comunque semplice
Fuori dal nucleo familiare, ma spesso anche all’interno di esso, vigono da sempre delle regole e delle convenzioni sociali, alle quali dobbiamo sottostare per evitare di ritrovarci ad affrontare senza aiuti, appoggi o affetti il lungo percorso esistenziale a cui siamo stati destinati. Per dirla con Pirandello, l’uomo deve indossare delle “maschere”, a seconda dei luoghi o delle situazioni nelle quali si viene a trovare, per evitare l’isolamento. Tenere un certo comportamento nell’ambiente lavorativo, saper sorridere anche a chi si comporta con noi in maniera falsamente gentile oppure celare uno stato d’animo negativo in occasione di una situazione allegra sono le ipocrisie con le quali dobbiamo talvolta purtroppo convivere. Se avere dei compagni di viaggio è quindi essenziale per percorrere il cammino della vita e per costruirci una nostra identità, va pure detto che solo in determinati momenti e contesti possiamo essere davvero noi stessi. Tale paradosso fa parte del tortuoso, imprevedibile e plurienigmatico viaggio esistenziale della nostra specie.
La mente non è un vaso da riempire, ma un legno da far ardere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità – Plutarco
La ricerca della nostra personalità inizia dal contatto con altre persone. Sulla nave-mondo, già provvisti delle “maschere” per non venire isolati, ad un certo punto ci chiederemo chi siamo davvero, qual è il nostro ruolo all’interno del gigantesco marchingegno. Nella società d’oggi tale ricerca non è così semplice. Il progresso, il materialismo, il consumismo di massa, il postfordismo, le nuove tecnologie hanno portato il singolo individuo a sentirsi spesso un inutile organismo vivente, del quale si può benissimo fare a meno. Per di più lo stanno anche intellettualmente atrofizzando. Tv, internet e videogiochi simulatori di realtà fanno aumentare in maniera esponenziale il numero di persone che, ignare, vengono private della caratteristica peculiare della nostra specie: l’uso della mente.
Solo con essa l’uomo può scavare dentro se stesso e riuscire a trovare la giusta collocazione nel mondo, salvandosi dall’alienazione.
Come Zeno Cosini, protagonista del romanzo sveviano La coscienza di Zeno l’uomo non deve lasciarsi soffocare o arrendersi all’imponenza, alla complessità e all’incredibile assortimento che caratterizza il globo terrestre. Il lavoro intellettuale e profondo della ricerca dell’ “io” è l’azione di viaggio metafisico più potente utilizzabile dall’uomo, per difendersi dai pericoli che l’esistenza può creare nell’inconscio. Zeno Cosini si sente un incapace per non aver sfondato nel mondo degli affari, un debole per non essere nemmeno riuscito nell’intento di smettere di fumare e un perdente per non aver conquistato la donna dei suoi sogni. In cura dallo psicanalista, si è identificato come un malato. Ma la sua capacità introspettiva e la costante ricerca di se stesso lo hanno portato a concludere che, contrariamente a quanto gli si voleva far credere, il malato non è lui. Egli è invece l’unico sano in una società colpita dall’epidemia del denaro, dalla sete di successo e dal desiderio di conquista. Se affidarsi all’uso delle “maschere” è dunque un triste espediente per non compiere da soli il viaggio dei viaggi, il percorso interiore è il miglior salvagente al quale potersi aggrappare per non lasciarsi inghiottire dalle improvvise ondate che l’esistenza e i passeggeri del pianeta terra sono soliti sollevare.
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Senza amore l’umanità non sopravvivrebbe un solo giorno – Erich Fromm
L’introspezione è un aiuto fruttuoso ed efficace per affrontare le difficoltà della vita. Ma dato che al mondo non siamo soli e dato che abbiamo bisogno degli altri per poter navigare nel modo più sereno possibile, esiste un altro rimedio per far fronte alle difficoltà: l’amore. L’uomo ha bisogno del calore delle persone a lui care per vivere un’esistenza sgombra di nuvole. Non basta scambiare due parole con il vicino di casa o con i colleghi di lavoro per sentirsi completi. Nel corso di tutto l’arco vitale, l’uomo avrà sempre bisogno, chi più chi meno, di fare una sosta tra i baci del partner, tra le carezze delle madre o tra gli abbracci del padre. Questa esigenza di amare e di essere amati è una caratteristica naturale del genere umano.
Come infatti insegna Sigmund Freud in un passo della sua opera Inibizione, sintomo e angoscia (S. FREUD, Inibizione, sintomo e angoscia, Bollati Boringhieri, Torino, II ed., 1988), l’esistenza intrauterina dell’essere umano appare, in confronto a quella della maggioranza degli animali, relativamente più breve. Esso viene mandato nel mondo più incompleto di loro. L’influenza del mondo reale viene perciò rafforzata, i pericoli del mondo esterno aumentano in significato e il valore dell’oggetto, che da solo può proteggere questi pericoli e sostituire la vita intrauterina perduta, si accresce enormemente. Questo fattore biologico produce dunque le prime situazioni di pericolo e genera il bisogno di essere amati, bisogno che non abbandonerà l’uomo mai più.
Il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono – Josè Saramago
I numerosi enigmi, gli ostacoli, i bisogni e gli stratagemmi che investono l’uomo durante il suo viaggio nel mare dell’esistenza, rendono tale viaggio il più avvincente e intrigante che possa esserci. Senza volerlo ci si ritrova con una valigia mezza vuota in mano e via. Si parte. Senza rendersene conto ci si accorge che quella valigia, ormai piena, non ha più alcuna utilità. I compagni di viaggio sono stati sia piacevoli che non, i momenti di difficoltà e di gioia si sono alternati, si è pianto e si è riso. Le domande sull’esistenza rimangono per lo più irrisolte. La scienza e la religione troveranno conferme o smentite solo cessato l’ultimo battito. Ormai la morte incalza e il tragitto è concluso. Le risposte, come in ogni viaggio, arrivano alla fine. E la nave, con i suoi nuovi passeggeri, continua imperterrita il suo percorso.
[…]
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento stridere il freno, vi lascio
davvero amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
Questo saggio era stato precedentemente pubblicato sul blog “Viaggi della scrittura” dell’Università di Parma col titolo “Il viaggio dei viaggi: la vita”.
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Photo (C) Mario Mancuso CC BY SA 2.0
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