La storia del genocidio in Namibia e di come la Germania fece prove di pulizia etnica
Gli orrori della Germania in Namibia non sono stati ancora corretti da una dichiarazione ufficiale dello Stato tedesco
Pur non essendo famosa per il proprio impero coloniale come l’Inghilterra o la Francia, anche la Germania ha grossi scheletri di imperialismo e violenza nel suo armadio. Nei territori di quella che al tempo veniva chiamata Africa Tedesca del Sud-Ovest (oggi Namibia), i tedeschi hanno compiuto stragi e violenze indicibili contro alcune delle popolazioni autoctone, e questa colpa storica pesa sulle spalle degli attuali governi tedeschi.
Perché la Shoah sì e la Namibia no?
La questione se sia avvenuto un vero e proprio genocidio in Namibia è ancora punto di dibattito, anche se più da parte dei politici che non degli storici. Quattro anni fa si annunciò l’inizio dei negoziati tra Germania e Namibia per stilare insieme un documento di scuse ufficiali per le atrocità commesse dai colonialisti tedeschi. Tuttavia, la situazione sembra ancora molto complessa e lontana da un’eventuale soluzione. La difficoltà dimostrate dalle istituzioni tedesche nell’accettare le responsabilità del proprio imperialismo, inoltre, stridono fortemente con la grande cultura del ricordo che la Germania ha sempre dimostrato riguardo alla Shoah e in generale ai delitti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.
Lo sterminio compiuto dai tedeschi è definito dagli storici il primo genocidio del XX secolo
Nei territori dell’attuale Namibia, esisteva dal 1884 una colonia tedesca, che cesserà di esistere nel 1919, in seguito alla sconfitta tedesca nella Prima guerra Mondiale. Fin dai primi anni, gli occupanti tedeschi si appropriarono con la violenza delle terre (molte ancora oggi in mano a discendenti dei colonizzatori) e misero in schiavitù gran parte della popolazione. Nel 1904, in seguito alla rivolta dei Herero e Nama contro le violenze dei conquistatori, il governo di Berlino inviò il famigerato Lothar von Trotha, già famoso per la feroce repressione contro i Wahehe nell’Africa Orientale Tedesca e contro la rivolta dei Boxer in Cina. Mentre fino a quel momento i colonizzatori avevano considerato le popolazioni africane come una risorsa utile, la linea seguita da von Trotha fu quella dell’annientamento totale.
L’annientamento totale di Von Trotha
Dopo aver sconfitto i Herero nella battaglia di Waterberg (1904), il generale ordinò di spingere i rivoltosi sopravvissuti verso le propaggini desertiche del Kalahari: qui morirono a migliaia, anche donne e bambini, lasciati a morire di fame e sete. Sorte non migliore toccò ai Nama, gran parte dei quali morì in veri e propri campi di concentramento (il più famoso a Shark Island), di malattie, fame e stenti. Le stime fatte dagli storici parlano di almeno 100.000 morti tra Herero, Nama e altre etnie tra il 1904 e il 1908. Nei campi di concentramento, i corpi si accumulavano in enormi mucchi, mentre ai malati di dissenteria o scorbuto che non potevano mangiare veniva detto “uccellino mangia o muori”. Per coloro che non erano stati catturati, l’ordine di von Trotha fu quello di sparare a vista, passato alla storia con il nome di “ordine dell’annientamento”.
Perché il colonialismo tedesco in Namibia fu diverso
La caratteristica più rilevante di questi eventi viene illustrata da Jurgen Zimmerer, specialista di storia del colonialismo all’università di Amburgo: «La differenza della Namibia con gli altri colonialismi» scrive in un’intervista su Repubblica.it, «è anzitutto il genocidio come guerra dello Stato, e non come espressione di violenza privata. Lo sterminio di Herero e Nama non è un effetto collaterale: è l’obiettivo, è una pulizia etnica sistematica e centralizzata». Tutti questi elementi sono riconducibili alla definizione di genocidio contenuta nella Convenzione del 1948 delle Nazioni Unite per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio.
Il collegamento tra il genocidio in Namibia e Shoah
L’elemento storico che lascia più perplessi, quando si parla della memoria storica delle stragi coloniali tedesche, è rappresentato dal forte legame storico che gli studiosi hanno già ben evidenziato tra genocidio in Namibia e lo sterminio degli ebrei. Lo stretto legame di continuità storica tra imperialismo e Shoah era stato anticipato nel 1951 dalla filosofa Hannah Arendt. Le tecniche di strage di massa, agli occhi degli studiosi e degli storici, sono terribilmente simili a quelle utilizzate per gli ebrei. «La distruzione dei popoli coloniali fu una preparazione all’Olocausto – scrive Arendt ne Le origini del totalitarismo – campi di raccolta e le impiccagioni di massa degli Herero, un gigantesco e infernale addestramento ai campi di concentramento nazisti; stessi i cognomi dei protagonisti, identici i metodi; gli africani vittime tra le vittime». Quanti combattevano in Africa hanno poi spesso ingrossato le fila dei Freikorpe nazisti. Scive la filosofa: «Non a caso, il primo governatore della colonia africana era stato Heinrich Goering, padre di quell’Hermann Goering divenuto poi il braccio destro di Hitler». Dietro agli atti atroci commessi contro Herero e Nama, inoltre, sono presenti ideologie razziali e pseudoscientifiche molto somiglianti a quelle che informavano lo sterminio degli ebrei. In questo caso, è la “razza” nera a essere considerata inutile o nociva per gli interessi della popolazione tedesca: da qui l’ordine d’annientamento di von Trotha e il suo desiderio di «germanizzare il Paese». La connotazione razzista delle stragi in Namibia è rintracciabile anche in un altro dato storico: la Germania in quegli anni porta nel proprio Paese un’enorme quantità di teschi, scheletri e teste mozzate delle vittime namibiane, per poterle studiare e mostrarle agli studenti di Medicina delle università tedesche. Le pseudoscienze razziali e il darwinismo sociale imperanti a quell’epoca spingono a rintracciare nella conformazione delle ossa degli africani le cause della loro ineludibile inferiorità rispetto alla razza ariana. Su quei teschi studiò anche Josef Mengele, il famoso medico di Auschwitz che tanta crudeltà dimostrò nei confronti degli ebrei rinchiusi nei Lager.
Differenze (forse un po’ artificiose) tra genocidi: il paese modello della Memoria fa fatica ad accettare le responsabilità legate al colonialismo
La Germania ha fatto molto per ricordare alcuni orrori del proprio passato, dando ampio spazio per esempio alla Memoria della Shoah e di altri terrificanti delitti perpetrati durante il regime nazista. È importante sottolineare quindi che la politica culturale attuata dal governo tedesco rappresenta un modello affatto positivo e dovrebbe essere di esempio per tutti gli altri Paesi. Tuttavia, per quanto riguarda le colpe della politica imperialista e razzista della Germania in Namibia, sembra persistere una certa difficoltà ad accettare le responsabilità non tanto dei privati, quanto dello Stato tedesco del tempo nel suo complesso. Il fatto risulta ancora più eclatante se si confrontano i due genocidi, quello namibiano e quello ebraico: gli eventi sono molto simili, le tecniche e persino le persone sono le stesse. Eppure, la politica di memoria condotta dalla Germania riguardo ai due tragici eventi appare molto diversa.
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Immagine di copertina: Le popolazioni Herero e Nama furono decimate dai colonizzatori tedeschi – screenshot da video Youtube