L’impero, la commedia sci-fi che non ti aspetti da Bruno Dumont alla Berlinale
Una pellicola a suo modo molto originale e con momenti interessanti, ma incapace di colpire appieno il bersaglio: con l’Impero, Bruno Dumont, sorprende, ma non convince
“L’Impero” di Bruno Dumont è stato presentato in concorso alla Berlinale 2024, segnando un ulteriore capitolo nella filmografia eccentrica e spesso sorprendente del regista francese. Dumont si cimenta con un genere inaspettato per lui: la commedia fantascientifica. Il film racconta una battaglia intergalattica tra le forze del bene e del male ambientata sulle coste della Francia settentrionale. Tra gli interpreti principali troviamo Lyna Khoudri, Anamaria Vartolomei e Fabrice Luchini, che contribuiscono a dare vita a una narrazione tanto ambiziosa quanto surreale.
Una trama densa di metafore ma poco coesa
Il film segue un giovane padre, Jony, e la sua “progenie malvagia” destinata a portare distruzione sulla Terra. La narrazione mescola elementi di space opera e fantasy, ma rimane costantemente in bilico tra il serio e l’assurdo. Dumont utilizza metafore sulla religione e il potere, ma spesso i temi si perdono in una miriade di idee scollegate. Una scena emblematica è quella di Luchini, nei panni del diabolico Belzébuth, che salta in giro urlando “L’Apocalisse!”, una trovata surreale che però fatica a trovare una giusta collocazione nel contesto narrativo. Il tono è volutamente assurdo, ma la mancanza di coesione rende difficile immergersi completamente nella storia.
Grandi interpreti in ruoli piccoli ma significativi
Il cast di “L’Impero” è composto da alcuni dei migliori attori del cinema francese, tra cui Lyna Khoudri e Anamaria Vartolomei, che offrono performance generose nonostante i loro ruoli siano limitati. La Khoudri interpreta una femme fatale aliena, mentre Vartolomei, nel ruolo di Jane, una sorta di eroina galattica, porta in scena una forza e determinazione notevoli. Fabrice Luchini, con il suo carisma unico, si presta con entusiasmo a una parte folle e grottesca, contribuendo a rendere il film, se non altro, divertente nelle sue interpretazioni.
Dumont alla Berlinale
Durante la conferenza stampa alla Berlinale, Dumont ha spiegato la sua decisione di realizzare un film di fantascienza: “Volevo affrontare il concetto di bene e male attraverso una lente popolare, quella del cinema di intrattenimento, senza però abbandonare la riflessione filosofica che è alla base del mio cinema”. Quando gli è stato chiesto delle ispirazioni visive, ha risposto: “Ho voluto creare un’opera che combinasse l’estetica gotica delle cattedrali francesi con l’infinità dello spazio, perché l’infinito è dentro di noi”. Dumont ha anche sottolineato la volontà di esplorare il lato umano attraverso il fantastico, pur mantenendo il suo inconfondibile umorismo grottesco.
La carriera di Bruno Dumont: tra filosofia e cinema
Bruno Dumont, nato nel 1958 a Bailleul, ha iniziato la sua carriera come professore di filosofia prima di affermarsi come regista con film che esplorano la condizione umana e il male assoluto, come “L’Humanité” e “La Vie de Jésus”. Con uno stile visivo crudo e provocatorio, Dumont ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui il Grand Prix al Festival di Cannes. Negli ultimi anni, ha virato verso la commedia assurda con film come “Ma Loute” e la serie “P’tit Quinquin”. Con “L’Impero”, Dumont continua a sfidare i confini del cinema, combinando temi filosofici con un approccio pop e accessibile.
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