Jamel, il villaggio tedesco dove vivono solo neonazi. Ecco come è potuto succedere

A un primo sguardo, Jamel si presenta come un placido villaggio circondato da boschi e campi coltivati, non lontano dall’Ostsee. Una comunità raccolta, lontana dai clamori delle metropoli e dal disagio della civiltà, come se ne vedono tante nel nord della Germania. Ma questa parvenza viene spazzata via non appena si entra in contatto coi suoi abitanti, animati da un sogno tanto inquietante quanto anacronistico: plasmare, come racconta la Deutsche Welle, un nationalsozialistisches Musterdorf, un villaggio nazionalsocialista modello.

Pattugliati costantemente dalla polizia, gli estremisti di destra di Jamel perseguono il loro delirante obiettivo mediante una strategia ben precisa: si accaparrano sistematicamente fondi e terreni e li cedono a nuovi camerati, mossi dagli stessi inquietanti propositi ideologici. Questo stillicidio antidemocratico li ha resi – con una procedura formalmente legale – maggioranza assoluta nel paese, capace di instaurare una conseguente egemonia culturale.

Così, al centro del villaggio, salta subito all’occhio un murale che riprende i moduli estetici e comunicativi del Terzo Reich: vi si ritrae un’arianissima e prolifica famiglia (ma tre figli, nella Germania della crescita zero, li fanno ormai solo gli odiatissimi immigrati), e si descrive la comunità di Jamel con il motto dei nuovi nazi: frei-sozial-national, libera-sociale-nazionale.

Sembrerebbe una ripresa politically correct dei valori nazionalsocialisti, operazione ideologica per certi versi affine a quella portata avanti, in Italia, da CasaPound: via svastiche e croci celtiche, troppo compromesse, e attenzione rivolta a questioni economiche e sociali di vitale importanza per il Volk germanico ed italico. Diritto alla casa, salario, controllo delle speculazioni bancarie: tutte parole d’ordine che rimandano alla componente socialista dei totalitarismi di destra, ma che presuppongono pur sempre una comunità immaginata – per servirci dell’espressione di Benedict Anderson -, fondata sulla xenofobia e su una presunta purezza razziale.

Ma i fascismi dal volto presentabile, solitamente, non impiegano molto a gettare la maschera e a ripiombare tra le braccia dei loro amati numi tutelari. E infatti a Jamel un Wegweiser, un cartello stradale in Altdeutsch, provvede prontamente a indicare quanto dista Braunau am Inn, luogo natale di Adolf Hitler.

Qualcuno potrebbe essere tentato di considerare gli abitanti di Jamel dei fanatici che, in barba alla pur severa legislazione tedesca sull’apologia del nazismo, si dilettano a evocare fantasmi di un tragico passato ormai sepolto, e di derubricarli a mero fenomeno grottesco, folkloristico. Ma, anche alla luce della temperie d’odio che aleggia su mezza Europa, si tratterebbe di un grave errore.

Nell’abitazione di Sven Krüger, il leader della Dorfgemeinschaft, è stato scoperto un fucile mitragliatore con tanto di munizioni e, durante l’agosto 2015, Jamel è stato funestato da un rogo quantomeno sospetto: il granaio di Birgit e Horst Lohmeyer è andato in fiamme e tutti gli indizi rilevati dalle forze dell’ordine fanno pensare a un incendio doloso.

La motivazione? I due coniugi antifascisti vivono dal 2004 a Jamel e, nonostante il clima di pressione e minacce, lì si sentono a casa. Non hanno alcuna intenzione di cedere il passo alla barbarie antidemocratica e, anzi, da anni allestiscono sul loro terreno il Forstrock, un festival musicale contro le destre, volto a ricordare che in Germania i democratici costituiscono di gran lunga la maggioranza del Paese e, almeno per un weekend, anche a Jamel. Personalità politiche, rockband di culto come Die toten Hosen, comuni cittadini e punkettoni arrivano sul finire dell’estate a omaggiare il coraggio civile dei Lohmeyer, ricaricandoli delle energie necessarie ad affrontare un nuovo inverno. Da soli, di fronte al brauner Schwachsinn, l’idiozia nazista.

Foto di copertina © YouTube – Screenshot

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