Germania, condannata la nonna nazi che nega l’olocausto: «La più grande bugia della storia».

Ursula Haverbeck-Wetzel, 87 anni, è stata condannata dalla Corte di Amburgo a 10 anni di prigione con l’accusa di istigazione all’odio e negazione dell’Olocausto.

LE DICHIARAZIONI

A marzo 2015, l’attivista di estrema destra ha infatti rilasciato un’intervista per l’emittente televisiva tedesca Norddeutscher Rundfunk (NDR) in cui ha sostenuto che «l’Olocausto è la più grande e persistente bugia della storia». Alla domanda del reporter su come potesse argomentare una tale tesi, la Haverbeck-Wetzel ha risposto che «alla richiesta inviata al Ministro di Giustizia di pubblicare apertamente i documenti storici che attestano l’esistenza delle camere a gas e dei lager, non ho mai ricevuto risposta. L’unica conclusione che posso trarne è dunque che l’Olocausto non sia proprio esistito».

https://www.youtube.com/watch?time_continue=88&v=BbOFj68VrcE

CHI E’ URSULA HAVERBECK-WETZEL

Soprannominata dai media tedeschi «Nonna nazi» (Nazi Oma), Ursula Haverbeck-Wetzel è la voce che sintetizza nazionalismo e negazionismo, una combinazione politica azzardata che si scontra con il diritto penale e il reato di negazione dell’Olocausto, introdotto in Germania dal 1994, che può costare fino a 5 anni di carcere.

Quello di Ursula Haverbeck-Wetzel non è tuttavia un volto nuovo della politica tedesca. Già negli anni precedenti la caduta del Muro, iniziò a collaborare con il Partito Nazionaldemocratico tedesco (NDP), ala di estrema destra, intensificando dagli anni duemila la sua militanza soprattutto in difesa dei gruppi negazionistici in Germania. Quella della Haverbeck-Wetzel ha la fisionomia di una sedicente «battaglia per la verità storica»: il sito internet personale viene regolarmente aggiornato con articoli politici, che dimostrano l’impegno e la lucidità con i quali viene portata avanti la causa: messaggi ai giovani tedeschi, lettere aperte, citazione di articoli e documenti ufficiali sulla questione del revisionismo.

Dal 2004 le sue pubblicazioni a sostegno dell’inesistenza dell’Olocausto l’hanno portata al centro di questioni legali che sono culminate pochi giorni fa con la sentenza della Corte di Amburgo. Domenica 15 novembre 2015 la Haverbeck ha pubblicato un post, «Wir sind Gedankenverbrecher» (Siamo colpevoli solo con le idee), in cui ha commentato la prima pagina del quotidiano Bild. Il quotidiano tedesco aveva titolato «Nazi Oma (87) muss in Knast!» (La vecchia nazi va in galera!): «il reato di idea consiste nell’aver messo in discussione l’Olocausto. In un Paese libero la ricerca storica è possibile. In un Paese libero le questioni storiche vengono chiarite dagli storici, non dai giudici».

I PRIMI PROBLEMI LEGALI

Appoggiandosi al Collegium Humanum, associazione per la difesa dei diritti dei negazionisti fondata nella città di Vlotho dal marito Georg Wetzel e dichiarata anticostituzionale dal Ministero degli Interni tedesco nel maggio 2008, Ursula Haverbeck-Wetzel realizza nel 2004 una serie di pubblicazioni per la rivista dell’associazione Die Stimme des Gewissens (la Voce della Coscienza), in cui dichiara che la distruzione di massa degli ebrei non è altro che «una leggenda».

In un articolo del 2007, la piattaforma online Indymedia scrive: «nel novembre 2005 Ursula Haverbeck-Wetzle pubblica nell’edizione di novembre/dicembre de La Voce della Coscienza, giornale dell’associazione Collegium Humanum, un articolo dal titolo «Adolf Hitler come persona», in cui si afferma: «l’operato di Hilter non va considerato sotto il profilo del presunto Olocausto o della presunta ossessione per la guerra, ma come una missione divina inserita in un contesto di storia universale».

Dopo il processo per l’accusa di sedizione, iniziato nel 2004 dalla Corte di Bad Oyenhausen e poi riaperto da quella Regionale di Dortmund nel 2007, nel 2014 Ursula Haverbeck-Wetzel è tornata al centro di una nuova inchiesta. Come affermato in un articolo del blog Justice4Germans, dopo aver lei stessa dato il via a un’inchiesta contro il Concilio Centrale degli Ebrei in Germania per «persecuzione d’innocenti», che è stata abbandonata solo un mese dopo, viene aperta un’indagine a suo carico per false accuse.

PERCHE’ URSULA HAVERBECK NEGA L’OLOCAUSTO

L’argomentazione principale di Ursula Haverbeck-Wetzel, ad ogni modo, prende ispirazione da un articolo di Fitjof Mayer, direttore editoriale della rivista tedesca Der Spiegel, che nel maggio 2002 pubblica un articolo sulla rivista Osteuropa dal titolo Il numero delle vittime di Auschwitz, citato anche nel documento del 2002 sui Nuovi cambiamenti ufficiali nella storia di Auschwitz di Mark Weber per l‘Istituto di Revisione Storica.

Mayer riporta i risultati di una ricerca sulla revisione del numero di vittime ad Auschwitz, documento a cui fa appello la Haverbeck per argomentare la tesi dell’inesistenza storica dell’Olocausto. Tesi che verrà esposta l’11 luglio 2014 in una lettera aperta al Procuratore Generale Federale Hartmut Schneider in cui la donna chiede «dove e come siano morti sei milioni di ebrei dopo che è stato confermato che Auschwitz non è il luogo del crimine dell’annientamento».

Con «Auschwitz non è il luogo del crimine dell’annientamento» la Haverbeck-Wetzel sembra riferirsi in primo luogo all’articolo di Mayer e alla nuova stima numerica delle vittime del lager, un documento controverso che sulla base di uno studio fisico e di analisi sulla capacità delle camere a gas, arriva a definire un numero di vittime pari a milione, di cui 350mila sterminate con il gas. Un numero inferiore rispetto alle stime precedenti, che prima del 1990 ne calcolavano quattro milioni.

Ma, soprattutto, Ursula Haverbeck-Wetzel si rifà alle dichiarazioni di Franczisk Piper, direttore del dipartimento di ricerca del Museo di Auschwitz. Il giornalista ebreo David Cole, la cui identità rimase nascosta dietro il nome di David Stein (leggi l’articolo e la storia qui) fino a quando il The Guardian nel 2013 non pubblicò un articolo in cui venne svelata quella autentica, produsse un documentario nel 1992 in cui intervistò Piper. Durante questa intervista (qui), il direttore ammise davanti alla telecamera che il Krema 1, finora designato come luogo di sterminio attraverso il sistema a gas (Zyklon-B), fosse stato in realtà costruito dopo la guerra dall’Unione Sovietica, forse per volontà di Stalin, e che di fatto non si consumarono omicidi al suo interno.

L’ACCUSA DELLA CORTE DI AMBURGO

Anche se le dichiarazioni di Franczisk Piper e l’articolo di Fitjof Mayer aprono uno spiraglio alla ricerca storica per precisare le dinamiche di annientamento e il numero di vittime che ne è conseguito, rimane del tutto azzardato e storicamente infondato portare avanti l’idea che l’Olocausto non ci sia stato in alcun modo.

Durante il processo che l’ha condannata a 10 anni di carcere, secondo quanto riportato dall’Hamburger Abendblatt, Ursula Haverbeck è stata supportata in aula dai membri del Partito Nazionaldemocratico Tedesco con fiori e applausi. Ma la battaglia della Nonna Nazi non sembra fermarsi qui: in risposta alla verdetto della corte, Ursula Haverbeck ha annunciato che ricorrerà in appello.

 

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