© Photo by Max Langelott on Unsplash

“Berlino è un cantiere a cielo aperto”

Pinkelt den Scheiß weg

Gli abitanti di Berlino si saranno resi penosamente conto degli innumerevoli cantieri sorti ovunque in città nell’ultimo anno; l’edilizia, dopo un paio di anni di rallentamenti, ha ripreso il suo vertiginoso cammino di costruzione e distruzione: a farne le spese sono i cittadini, che ci rimettono in salute, tranquillità di vita, prezzi di affitto accessibili, alberi e parchi.

Dall’enorme cantiere per il nuovo vincolo autostradale di Treptow, fino al Landwehrkanal, è un susseguirsi pressoché ininterrotto di transenne, scavi, camion e gru; che mi provocano molto fastidio, e mi fanno scuotere la testa e più volte è dovuta intervenire, su richiesta dei mastri, la polizei per impedirmi di arringare i lavoratori a inizio turno; interventi del tutto inutili, visto che la stragrande maggioranza degli operai edili neppure parla il tedesco.

Nonostante per legge il 25% di tutti gli edifici costruiti debba essere destinato ad alloggi sociali, gli affitti aumentano un po’ dappertutto (io sono l’unica persona che conosco il cui affitto sia diminuito negli ultimi 7 anni) e i parchi si riempiono di senzatetto.
Secondo i dati delle associazioni che predispongono aiuti umanitari, giungono in questa città mille clochard in più al mese dai paesi dell’Europa dell’est; anche nel numero dei richiedenti asilo la preminenza europea è evidente: contrariamente a quanto si potrebbe pensare sono la Serbia, e il Kosovo le nazioni più rappresentate nei centri di accoglienza; la Siria e i paesi africani vengono, in questa triste graduatoria, solo molto dopo diversi paesi europei. Se per i profughi si hanno dati certi, per i senzatetto berlinesi non si hanno stime precise; si calcola che potrebbero essere fino a ventimila: una città nella città.

Quando ho visto quel signore svegliarsi sulla panchina l’ho riconosciuto subito; è un uomo di circa 60 anni, potrebbe anche essere mio padre, e gira per questi paraggi, da qualche tempo, con un carrello della spesa pieno di borse, e dorme nel parco, insieme ad altri polacchi. È una persona sempre mite e gentile, e non manca mai di dare al mio cane pezzi del suo pane. Mentre si alzava non ho potuto fare a meno di notare una chiazza inconfondibile sul fondo dei suoi pantaloni: mi si è stretto il cuore e sono andato da lui per cercare di proporgli di venire a casa mia, lavarsi, fare una lavatrice e dormire da me fino a quando i panni non fossero asciutti; poiché lui parla solamente polacco e russo, e io di queste lingue sono totalmente a digiuno, non sono riuscito a farmi capire, anzi, l’ho un po’ spaventato. Ho atteso l’arrivo di altri senzatetto sperando ne arrivasse uno in grado di masticare un po’ di tedesco, dopo un po’ è arrivato un altro suo collega, che conosco e ho chiesto a lui di tradurre la mia proposta, cosa che lui ha fatto prontamente. Il signore si è stupito, mi ha ringraziato, e ha risposto che, per quel giorno ( ieri ) non sarebbe venuto, neppure dopo le mie insistenze riguardo la macchia sui pantaloni si è smosso da questa sua decisione.

Andandomene via mi sono venute le lacrime agli occhi e un magone immenso: alzando gli occhi alle gru mi hanno preso una rabbia e uno sconforto tali che avrei immediatamente sbattuto giù una di queste stupide macchine.
Mi piacerebbe chiamare e riunire questo popolo di senza case e portarli tutti sotto una gru, e dar loro birra e vodka da bere, e farli pisciare sotto la base di cemento che la fissa al suolo, e scavare con l’urina il terreno fino a quando la gru non si inclini e poi si schianti, possibilmente sul cantiere stesso; e dopo una, un’altra, e poi un’altra ancora; a colpi di piscio liberare il panorama di Berlino da queste colonne distruttrici, che continuano a innalzare case in cui non vivrà nessuno, mentre chi vive davvero oggi non ha neanche un paio di pantaloni puliti.

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Berlino Schule tedesco a Berlino

Berlino Schule tedesco a Berlino

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Foto di copertina: © Max Langelott, Sunset in Berlin, BY-SA CC 0.0