Abitare in Germania significherà abituarsi a convivere con il Coronavirus. E altri Paesi saranno costretti a seguire

Quello tedesco è un approccio pragmatico al problema. Le graduali chiusure di luoghi di assembramento, eventi e attività servono per dare una scossa, ma non sarà la regola. L’economia vince su tutto il resto.

“Sarà infetto tra il 60 e il 70 % della popolazione tedesca”. Le parole di Angela Merkel mercoledì scorso hanno fatto il giro del mondo, eppure nelle ore successive, almeno in Germania, poco o nulla è cambiato. È vero che parliamo di un Paese fortemente federalista dove ogni Land, di fatto, decide per conto suo, ma anche lì dove allora come ora divampano i maggiori focalai, Nord Reno Vestfalia e Baviera, le limitazioni imposte finora sembrano una barzelletta paragonate a quanto imposto in Italia. E non c’è dubbio: così come la curva dei contagi italiani ricalca quella cinese, così quella tedesca già ora ricalca quella italiana, solo con 8 giorni di ritardo. E così tante altre nel mondo.

Possibile che non si possa semplicemente osservare chi ci è già passato e agire di conseguenza? Questa domanda, apparentemente così retorica per noi italiani che abitiamo in Germania e che seguiamo quanto accade nel Belpaese, preoccupati per familiari, amici e il futuro della nostra patria in generale, sembra invece quasi assurda a molti tedeschi. E questo nonostante più passino i giorni più si vada esattamente in quella direzione. Solo oggi, venerdì 13 marzo, si comincia a parlare di chiusura totale delle scuole, partite di Bundesliga a porte chiuse, rinvii delle inaugurazioni degli anni accademici, annullamento di eventi con più di mille persone, autobus in cui è possibile salire e sostare solo vicino alle porte posteriori e club che chiudono. Molto poco rispetto a quanto, come detto, chi è italiano pensa che sia giusto fare. La ragione è più semplice di quella che pensiamo. Al momento i tedeschi, a partire dalla Merkel, ritengono che il Coronavirus farà a lungo parte delle nostre vite. E allora tanto vale cominciare a conviverci fin da subito.

Mettendo da parte chi crede che d’estate il virus si fermerà visto che non c’è nessuna prova scientifica al riguardo e che se anche dovessero diminuire i casi, ciò non toglie che potrebbero risalire in autunno, anche le più ottimistiche previsioni riguardo i vaccini parlano di almeno un anno e qualche mese, più probabilmente due anni, affinché “la soluzione” possa essere messa sul mercato.

Che fare nel frattempo? Non è possibile chiudere tutto per sempre.

Significherebbe scegliere di morire di fame invece che di malattie. Bisogna mettere in preventivo di doverci convivere cambiando radicalmente le nostre abitudini, meno contatti sociali, ristoranti, concerti e teatri a metri di distanza, aerei presi dopo scanner di temperatura e certificazioni che nelle due settimane precedenti si è stati bene… tutte ipotesi, molte fantasiose, ma meno assurde dell’idea che finché non esisterà una soluzione al Coronavirus tutto, o quasi, possa rimanere chiuso.

Il graduale lock-down a cui stiamo andando incontro qui in Germania è un passo politico necessario per fare capire alla popolazione che qualcosa dovrà cambiare, ma il periodo di chiusura totale non sarà infinita, a prescindere dall’avanzare o meno del Coronavirus.

Non solo l’economia è troppo importante, ma questo Paese ha anche la percezione che ce la potrà fare.

Cosa pensa quindi la Germania?

Che i suoi 28mila posti in terapia intensiva saranno in qualche modo sufficienti e che se qualcuno morirà, beh, in qualche modo sarebbe morto lo stesso. Che l’idea di sacrificare il bene della collettività in nome di una percentuale che, anche se destinata a salire, difficilmente supererà il 3 % del 70 % della popolazione (nella peggiore delle ipotesi), è remota, forse addirittura stupida. Che il Coronavirus farà parte non solo della Germania, ma di tutti noi, compresi tutti quei Paesi, Italia in testa, che stanno chiudendo tutto. Che il virus sopravviverà e si sta solo rimandando il problema e che prima o poi tutti capiranno che l’unico approccio possibile è tedesco. E che allora vale la pena dirlo subito, chiaro e tondo: abituatevi anzi, abituiamoci, a vivere con il Coronavirus.

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Photo: © Pixabay cc0