La Germania chiude 7 centrali a carbone che aveva riaperto nonostante i precedenti addii

Deciso passo in avanti della Germania in vista degli obiettivi di de-carbonizzazione e di emissioni zero entro il 2050 disposti dal Green New Deal per contrastare la crisi climatica: chiuse 7 centrali a carbone

Partiamo dalla notizia: la domenica di Pasqua appena passata è stata disposta la chiusura di 7 centrali a carbone operanti sul suolo tedesco. A riferirlo sono proprio le aziende, RWE e LEAG. E’ bene osservare come cinque di queste centrali si trovassero nel bacino carbonifero della Renania, che storicamente rappresenta un po’ il cuore pulsante dell’apparato industriale tedesco. Qui la  grandissima produttività e dinamicità ha giocato un ruolo primario nella storia tedesca del Novecento.

In particolare hanno visto la fine della loro attività le centrali di Neurath e di Niederaussem, appartenenti al consorzio energetico RWE. Il governo tedesco ha inoltre disposto la chiusura alla fine di marzo ’24 di due unità della centrale elettrica a lignite di Janchswalde, ubicata nel distretto di Brandeburgo. Queste due unità erano invece sotto la gestione della Leag.

Dimensione internazionale: la riapertura analizzata sotto la lente della crisi energetica

A questo punto risulta cruciale sottolineare come queste centrali elettriche fossero già state messe in stand-by in passato, per ridurre l’impatto ambientale del carbone fossile. Questo al fine di contrastare il cambiamento climatico e per fare fronte alla crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina (20 febbraio 2022) nel marzo 2022. E’ infatti noto come la Germania fosse uno dei paesi maggiormente penalizzati dal blocco delle relazioni commerciali con la Russia di Putin nell’ambito delle misure sanzionatorie disposte dall’Ue per indebolire e isolare il paese aggressore.

Difatti la Germania risultava il paese maggiormente dipendente dall’importazione di gas russo, seguita a stretto giro dall’Italia. Tra l’altro il gas non è nemmeno il settore energetico da cui la Germania era maggiormente dipendente, se si considera che al febbraio 2022 la Germania importava dal gigante euroasiatico il 53% del carbone e un terzo del petrolio che utilizzava.

Il governo tedesco presieduto da Scholz pertanto, costretto a fare a meno del gas russo, dispose la riapertura di queste centrali elettriche, come mossa volta ad approfondire la sua indipendenza energetica. Il piano del governo era di riaprire le centrali al fine di accumulare una riserva di approvvigionamento energetico e di dismetterla entro l’inverno 2023/24. Quindi è possibile affermare come il governo abbia rispettato la scadenza che si era prefissata. Rimane da vedere se questa mossa sarà in grado di assicurare al paese la tanto agognata indipendenza energetica.

Dimensione interna: le reazioni dei partiti di maggioranza ed opposizione

La notizia ha ovviamente avuto un forte eco anche nella politica interna. Ad accogliere con estrema soddisfazione la dismissione dell’impianto carbonifero è Kathrin Hennerberger, membro del Bundestag (Camera bassa del Parlamento tedesco) nelle fila dei Verdi: “Alla luce dell’aggravarsi della crisi climatica, lo smantellamento delle centrali a carbone è una misura importante per ridurre i gas serra”. La Hennerberger inoltre ha aggiunto che la chiusura delle sette centrali a carbone rappresenta “un grande successo per la giustizia climatica e avviene nella consapevolezza della nostra responsabilità storica e globale per il raggiungimento degli obiettivi climatici”.

Ha destato scalpore il fatto che nel 2022 il governo federale, il governo regionale della Renania Settentrionale-Vestfalia e il consorzio RWE avessero concordato la chiusura anticipata del settore carbonifero entro il 2030. Secondo precedenti accordi quest’ultima doveva invece essere disposta entro il 2038, esattamente come in Lausitz, circondario della regione del Brandeburgo.

Problemi ad accordarsi

Se però in Renania le parti sono riuscite a trovare un accordo per anticipare tale chiusura, in Lusazia il compromesso si è rivelat0 ben più difficile a causa dell’opposizione dei governi regionali di Brandeburgo e Sassonia. In queste due regioni infatti i partiti al governo, cioè l’SPD e la CDU, si dicono contrari a un’uscita anticipata. In particolare, nel Brandeburgo i due partiti, che compongono un’insolita coalizione, hanno avanzato forti dubbi circa la possibilità di chiudere entro il 2030 l’industria carbonifera a causa dell’incertezza dell’approvvigionamento energetico.

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Immagine di copertina: Pixabay