Germania chiede procedure d’asilo come l’Italia, l’Albania dice no

L’Albania non vuole condurre procedure d’asilo per la Germania. Nel frattempo il modello italiano si rivela un fallimento

L’Albania ha dichiarato di non voler condurre procedure d’asilo per la Germania. Il presidente Rama chiarisce infatti di non volere altri centri di asilo sul suo territorio oltre ai due campi profughi già esistenti sotto l’amministrazione italiana.

L’Albania sta conducendo procedure d’asilo con l’Italia nei campi di accoglienza del proprio paese, operativi dallo scorso venerdì ma ad oggi risultati inefficaci e fallimentari. Per la Germania il primo ministro Rama non accetterà asilo, lo ha annunciato domenica in un’intervista a Reuters-TV. “Deve trovare un altro partner”, ha sottolineato Rama. “Se la Germania trova un altro partner nella regione, sarebbe bello vedere se funziona allo stesso modo”. Ha aggiunto, alludendo ai due nuovi campi di accoglienza albanesi in cui si svolgono le procedure di asilo per l’Italia.

L’accordo con l’ Italia

L’Italia è il primo paese dell’UE a pianificare procedure d’asilo in un altro paese. L’accordo tra Italia e Albania, ratificato dal parlamento italiano a novembre 2023, prevede l’istituzione di due centri in Albania. Uno per la primissima accoglienza (nella località di ShengHjin) e l’altro con funzioni di Hotspot e centro di permanenza e rimpatrio a Gjader. Le strutture hanno iniziato a funzionare venerdì scorso e possono ospitare fino a 3000 persone, dotate di personale italiano che elaborerà le singole richieste di asilo. Il costo previsto del protocollo Italia-Albania è di 653 milioni di euro in 5 anni.

Il trattato siglato il 6 novembre 2023, tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo ministro albanese Edi Rama, ha infatti una valenza di 5 anni, con possibilità di proroga per altri 5.

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni sta promuovendo il modello Italia-Albania come “il modello” per altri paesi dell’UE prima della sua attuazione.  Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen definisce il modello Italia-Albania “un modo innovativo per combattere l’immigrazione illegale da cui saremo in grado di trarre lezioni pratiche.”

Nel maggio 2024, 15 Stati membri dell’UE hanno pubblicato un appello alla Commissione europea in cui chiedevano un ulteriore esternalizzazione della politica di migrazione e di asilo, simile al modello italiano. Il ministro federale dell’Interno Nancy Faeser (SPD) ha dichiarato il suo interesse per il modello Italia-Albania già nel maggio 2024, ma l’Albania non lo accetterà, per adesso.

Il primo ministro Edi Rama e il suo rapporto “speciale” con l’Italia

Il governo albanese ha concluso l’accordo solo con l’Italia, perché, a detta del ministro, i due paesi hanno legami molto stretti per motivi geografici. Inoltre, aggiunge, poichè entrambi sarebbero riusciti insieme a fermare la migrazione irregolare e ad aprire strade per l’inizio regolare del lavoro degli albanesi in Italia.

È un payback di vecchi debiti, quando l’Italia ha accolto i tanti rifugiati dall’Albania,” dichiara il capo del governo albanese Edi Rama, in italiano.

Rama ha inoltre accusato i paesi dell’ UE di non essere ancora pronti a una politica comune sui rifugiati. Questo poichè nei singoli paesi viene fomentata la paura dei rifugiati per ottenere più voti e consensi (riferimento all’Afd e perchè no, anche al governo Meloniano). Si promuove la divisione tra bianchi e neri, musulmani e cristiani, il che è molto dannoso per l’Europa, poichè viene alimentata una guerra culturale.

Cosa significherebbe in Germania imitare il modello italiano

Per la Germania, tentare di imitare il modello italo-albanese significherebbe dover intercettare i richiedenti asilo prima del loro arrivo nell’Unione Europea, per evitare che si applichino le leggi europee. Infatti l’ UE vieta di condurre le procedure di asilo al di fuori del suo territorio, a meno che tali procedure non rispettino rigorosi standard legali europei.

Dato il contesto delle rotte migratorie esistenti, ciò sarebbe possibile solo se la Germania pattugliasse le acque internazionali del Mediterraneo. Questo comporterebbe che la Germania gestisca le procedure di asilo di persone che forse non avrebbero mai presentato domanda di asilo in Germania,il che contraddice l’obiettivo dichiarato di ridurre il numero di rifugiati.

Inoltre, sorgerebbero numerose questioni legali e pratiche che, prevedibilmente, non potrebbero essere risolte senza violazioni dei diritti umani, come procedure inique e detenzioni illegali. Infine, anche i costi sarebbero enormi.

Proteggere invece di esternalizzare le responsabilità

Ciò che va sottolineato innanzitutto è che il modello italo-albanese di esternalizzazione delle procedure d’asilo risulterebbe illegale sotto alcuni aspetti. Questo perchè, in sintesi, il diritto d’asilo dell’UE non prevede che le procedure di asilo vengano condotte fuori dall’UE. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha già stabilito che il respingimento di migranti verso paesi terzi senza una valutazione adeguata della loro richiesta di asilo costituisce una violazione del diritto internazionale.

Le procedure di asilo condotte al di fuori dell’UE potrebbero inoltre non rispettare i criteri di equità, trasparenza e protezione dei diritti umani previsti dalle normative europee. In molti hanno proprio criticato la pratica di esternalizzare le procedure di asilo in paesi che non possono garantire gli stessi standard legali e di protezione dell’UE.

Elisa De Pieri, ricercatrice di Amnesty international ha dichiarato: “le persone salvate in mare dalle autorità italiane, comprese quelle in cerca di sicurezza in Europa, sono sotto la giurisdizione italiana e non possono essere portate in un altro paese prima che la loro richiesta di asilo e le circostanze individuali siano state esaminate”. Sempre Amnesty International ha già avvertito che il protocollo tra Italia e Albania “potrebbe avere conseguenze devastanti per i richiedenti asilo, che potrebbero essere sottoposti a lunghe detenzioni e altre violazioni senza che le autorità giudiziarie italiane lo controllino”.

Numerose le opposizioni alle procedure d’asilo

Anche molte organizzazioni per i diritti umani si stanno opponendo alle procedure d’asilo. Pro Asyl, ad esempio, rifiuta l’esternalizzazione, definendola spesso illegale, inapplicabile e causa di gravi violazioni dei diritti umani. Secondo l’associazione, tali misure non risolvono le sfide attuali, ma creano ulteriori problemi politici, finanziari e amministrativi. Gli esperti di diritto dell’asilo, inoltre, criticano il Memorandum d’Intesa definendolo opaco, disumano e privo di base giuridica.

I centri per richiedenti asilo all’estero, concorda la maggioranza degli esperti, sono costosi e inefficienti e solo un numero molto limitato di persone può essere infatti portato all’estero attraverso una struttura di questo tipo. L’esempio italiano ne dimostra chiaramente il fallimento, le autorità hanno rimandato indietro tutti e 16 i migranti, una vera e propria vergogna per la nazione.

In una lettera aperta, più di 300 organizzazioni (Paritätischer Gesamtverband, Diakonie Deutschland, Sea-Watch e Terre des Hommes), hanno chiesto al cancelliere Scholz e ai governatori dei Länder di respingere i piani di esternalizzazione: “Non funzionano, sono estremamente costosi e rappresentano un pericolo per lo stato di diritto. Il trasferimento delle procedure porterebbe prevedibilimente a gravi violazioni dei diritti umani”.

In Germania, Pro Asyl sostiene che, invece di costruire castelli in aria, sarebbe più lungimirante investire tutte le risorse nell’espansione delle infrastrutture sociali. Il governo federale non deve perseguire piani illusori, ma deve agire in modo pragmatico e nel rispetto dei diritti umani.

L’italia non può che fare da esempio, in quanto modello fallimentare. Non solo sul piano umano, ma anche per gli evidenti costi spropositati (18 mila euro per migrante, lievitati poi a 24 mila). L’intera politica risulta impraticabile, anzi, ridotta solo ad una a vuota operazione di facciata, costruita ad hoc per scopi propagandistici. L’Italia si è mostrato infatti l’esempio perfetto del modello “da non seguire”. Ora spetta alla Germania e agli altri paesi che guardavano a questo modello con interesse trarne le dovute conclusioni.

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