Screenshot della puntata di Presa diretta con il dottor Alessandro Foti

Presa diretta a Berlino, la ricerca italiana a confronto con quella tedesca

La trasmissione di Rai 3 Presa diretta è sbarcata a Berlino per parlare con Alessandro Foti, biologo e ricercatore in immunologia al Max Planck Institut della capitale tedesca che Berlino Magazine aveva intervistato poco tempo fa. Con lui hanno parlato delle differenze tra il sistema accademico italiano e quello tedesco, e dei motivi per cui menti brillanti del Bel Paese sono di fatto costrette a emigrare all’estero

Poche settimane fa Berlino Magazine aveva avuto il piacere di intervistare Alessandro Foti, siciliano, classe 1987, nato e cresciuto a Milazzo che a Berlino è biologo e ricercatore in immunologia al Max Planck Institut. La redazione della famosa trasmissione di Rai 3 Presa diretta, condotta da Riccardo Iacona, ha recentemente contattato il biologo per parlare delle differenze tra il sistema accademico del Bel Paese con quello tedesco. Come ci ha spiegato il ricercatore, questo è un tema particolarmente spinoso in questi tempi e ci ha spiegato come “sia importante porre nel dibattito pubblico il tema della crisi emigratoria dei ricercatori italiani e dello smantellamento dell’università”. Di sicuro l’esperienza di Alessandro Foti non è un unicum nel panorama dei giovani ricercatori italiani ma, purtroppo, fa parte di un folto gruppo di eccellenze del nostro mondo accademico costrette a emigrare all’estero, in Paesi più meritocratici, per continuare le loro ricerche.  Cliccando sull’immagine qui sotto potete vedere la puntata intera di Presa diretta, con l’intervento del dottor Alessandro Foti a partire da 1:13:00. Inoltre ci ha spiegato altri aspetti che non sono stati inseriti nel montaggio finale di Presa diretta.

Screenshot della puntata di Presa diretta con il dottor Alessandro Foti

“L’Italia produce un numero altissimo di ricercatori ben preparati che poi pero’ spedisce all’ estero con un biglietto di sola andata. Un’assurdità della quale si parla poco”

“Durante gli anni di formazione universitaria in Italia ho frequentato dipartimenti universitari dove purtroppo le condizioni di lavoro erano al di sotto della soglia dell’accettabile” ci spiega Foti. Che continua: “Professori ordinari (a volte con dubbi meriti accademici) premiavano la fedeltà dei ricercatori a loro vicini, confezionandogli concorsi ad hoc o rifiutando candidati esterni con profili più alti. Alcuni ricercatori sono ad usare metà del loro salario annuale per pagare i reagenti di laboratorio in mancanza di altre risorse. Di fronte a questo ho deciso di andare in Germania. Ho fatto un dottorato in Biochimica all’Università di Potsdam, dove ho conosciuto il mondo delle piccole università tedesche che basano la loro attività di ricerca su fondi pubblici elargiti dalla DFG, la Fondazione tedesca per la ricerca. Dopo il dottorato sono stato assunto dal Max Planck Institut di Berlino, eccellenza all’interno del mondo accademico tedesco, dove continuo le mie ricerche nel settore dell’immunologia.

Ma quali sono, in sintesi, le principali differenze strutturali tra il sistema italiano e quello tedesco che hanno portato a questa situazione?

“In generale direi che lo Stato e il sistema politico tedesco prendono sul serio il mondo della ricerca e puntano a creare un’università competitiva” dice Foti. “Guardando al nostro sistema universitario italiano invece, direi che ci sono delle buone competenze, ottimi ricercatori e alcuni istituti sono anche ai massimi livelli di produzione scientifica ma purtroppo rimangono un’eccezione, il resto si confronta con problemi strutturali e di lontana provenienza che purtroppo sembra che nessuno sia davvero interessato a risolvere”. Foti ci spiega poi punto per punto, con molta chiarezza, quali sono le principali differenze tra il mondo accademico italiano e quello tedesco.

  • Mobilità. “Il sistema tedesco tende a promuovere la mobilità dei ricercatori all’interno delle università, per contrastare campanilismo o interessi locali. Se hai fatto il postdoc al Max Planck Institut, non è possibile (tranne rare eccezioni) avere la prossima posizione da professore (o principal investigator) all’interno dello stesso istituto. Il sistema accademico Italiano invece promuove l’esatto opposto, la carriera interna. Questo alimenta la creazione di baronati locali e abbassa la competitività dei dipartimenti”
  • Risorse economiche. “Lo Stato tedesco investe circa l’1,25 % del PIL in formazione terziaria, una percentuale che aumenta costantemente ogni anno. Inoltre, distribuisce i fondi in maniera stratificata. Per i fondi di base si tende a valutare il numero di pubblicazioni e la qualità dell’insegnamento, invece per fondi di eccellenza si valuta l’impatto internazionale e le citazione delle singole pubblicazioni scientifiche. Inoltre, le tasse universitarie per gli studenti tedeschi sono bassissime. Dall’altra parte l’Italia tende da anni a diminuire l’elargizione di fondi in ricerca e università, e tende a distribuire i fondi basandosi sul numero di pubblicazioni e concentrando i fondi su pochi istituti”.
  • Selezione meritocratica dei ricercatori. “In Germania le selezioni e i bandi sono aperti a candidati esterni. Questo significa che il finanziamento va a premiare il nuovo profilo e la nuova competenza del candidato. L’idea è avere dipartimenti con competenze il più diverse possibili perché è da lì che escono i lavori più importanti e riconosciuti dalla comunità scientifica. Il sistema universitario italiano tende a conservare le linee di ricerca dei direttori di dipartimento, che così tendono a perpetuarsi per diverse generazioni di ricercatori”.
  • Internazionalità. “Il sistema accademico tedesco è misto ed include un gran numero di stranieri. Ad esempio, al MPI, istituto di eccellenza, l’80% dei ricercatori postdoc sono non-tedeschi. Il sistema accademico italiano non è attrattivo per gli stranieri, soprattutto nord europei e nord americani. Inoltre, le università italiane vivono una crisi emigratoria, cioè studenti e ricercatori con profili più alti tendono a lasciare il Paese per essere valorizzati altrove”.

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 Immagine di copertina: Screenshot della puntata di Presa diretta con il dottor Alessandro Foti