Katarina Witt, la pattinatrice pluri-olimpionica star della DDR che riempì anche il Madison Square Garden
La vita pluri-olimpionica di Katarina Witt: pattinatrice, attrice e orgoglio della DDR, fino a rappresentare anche la Germania unita
Katarina Witt nacque a Falkensee (Berlino Est) nel 1965 e cominciò la sua carriera nel pattinaggio artistico a soli 13 anni, in occasione del campionato europeo a Zagabria del 1979. La sua scalata al successo da lì in poi crebbe negli anni fino a farla divenire eroina pluri-olimpionica della DDR: due volte campionessa olimpica, quattro volte in cima al podio dei campionati del mondo e sei volte su quello dei campionati europei. Nel 1989 vinse un Emmy Award per la sua interpretazione in “Carmen on ice”: al centro della rappresentazione vi era l’esercizio che, nel 1988, le aveva fatto vincere la famosa battaglia delle due Carmen (“The Battle of Two Carmens”) contro Debi Thomas, ottenendo così un altro oro olimpico.
Negli anni ’90, insieme a Brian Boitano, ottenne un enorme successo negli Stati Uniti con lo spettacolo “Witt and Boitano Skating”: per la prima volta in 10 anni, il Madison Square Garden di New York fece il tutto esaurito. Nel 1994 arrivò seconda alle olimpiadi, questa volta in rappresentanza della Germania unita, concludendo così la sua carriera.
“Il volto più bello del socialismo”
Così la definì il Time e così da lì in poi molti la chiamarono. La bellezza di Witt e il suo fascino le furono sempre riconosciuti, talvolta tralasciando l’importanza della sua figura per la DDR e soprattutto il peso che ciò ebbe nella sua vita. La Germania dell’Est trovava in lei un mezzo per l’affermazione del suo stato: spiata fin da piccola dalla polizia segreta della Germania Est, diventò presto un conveniente brand per il suo Paese d’origine che, grazie a lei, poteva finalmente dimostrare di avere atleti meno rigidi di quanto si credesse allora.
Per quanto Witt abbia anche ricevuto dei benefici per il suo ruolo di rappresentante e una figura di spicco del Paese, anche quando quest’ultimo stava per crollare, la sua libertà fu spesso messa in pericolo: “I remember at the Olympics in ’88, Katarina had the pressure of like, ‘If I don’t win the Olympics again, I might not be let out of this country anymore,'” disse Brian Boitano ai registi del film “The diplomat”, per ESPN. Per fortuna poi vinse anche quella competizione, ma in questo stesso film Witt ammette di aver sempre rimpianto un approccio più democratico da parte di uno stato che si proclamava tale.
“Katarina Rule”
In seguito alla caduta del Muro, Katarina Witt mantenne la sua fama e posò nuda per PlayBoy, provocando un enorme scandalo. Fu sempre poco compresa (e spesso criticata) per la sua disinibizione: The Daily Beast’s Katie Baker arrivò addirittura a definire una sua esibizione “sex on skates” e molti la consideravano un’atleta dell’ovest, più che dell’est, per le sue movenze e la sua attitudine.
In particolare, a sollevare parecchie critiche fu il suo costume blu senza gonna che indossò nel 1988, troppo teatrale e sexy secondo il pubblico e i giudici: ciò causò cambiamenti nel regolamento ISU (International Skating Union) che da allora battezzò “Katarina rule” la regola per la quale le pattinatrici avrebbero dovuto indossare un costume modesto e dotato di gonna.
Tale provvedimento può essere visto come una risposta a questa sua “eccessiva disinibizione”, forse anche comprensibile per quei tempi, ma Witt fu in seguito considerata provocatoria anche per la scelta di indossare indumenti diversi dalla gonna: ai campionati europei del 1983 si presentò con pantaloncini sopra al ginocchio e poi, nel 1994, si esibì in un programma ispirato a Robin Hood con una tunica e degli scaldamuscoli. Dieci anni dopo, sicuramente anche su sua spinta, la regola a lei ispirata fu rielaborata e da allora in poi le partecipanti possono indossare tute, collant o pantaloni.
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Immagine di copertina: Thieme, Wolfgang da Wikimedia Commons