Tides lo sci-fi tedesco girato come un kolossal americano (produce Emmerich)
Presentata alla Berlinale 2021 Tides, pellicola post-apocalittica, co-produzione svizzero- tedesca
Molto spesso si è portati a pensare che il genere fantascientifico sia appannaggio delle mastodontiche produzioni hollywoodiane. Un pensiero che, guardando Tides, – pellicola fantascientifica post-apocalittica svizzero-tedesca presentata in anteprima mondiale alla Berlinale 2021 – viene completamente spazzato via. Si tratta di una produzione low-budget che ha il pregio di ricordare i kolossal americani sci-fi, e che nulla ha da invidiare a questi ultimi, per quanto riguarda storia, recitazione, location e fotografia (quest’ultima veramente pazzesca). Un risultato ottenuto anche grazie allo zampino, nelle vesti di co-produttore, di un esperto del genere come il cineasta tedesco Roland Emmerich, regista di film fantascientifici famosissimi, ormai dei veri e propri cult del genere, come Stargate (1994) o Indipendence Day (1996).
La trama di Tides
In un futuro indefinito la Terra è ormai diventata invivibile per gli umani, devastata da guerre, epidemie e inquinamento. Da anni la popolazione terrestre si è trasferita nel più ospitale pianeta Kepler 209. Ma l’atmosfera di quest’ultimo rende tutti gli abitanti sterili. Per evitare l’estinzione dell’intera razza umana, viene organizzata la missione ULYSSES, il cui scopo è ritornare sulla Terra e determinare se è possibile, nuovamente, abitarla. La missione si rivelerà un completo fallimento, con la perdita delle comunicazioni subito dopo l’atterraggio. Anni dopo viene organizzata la missione ULYSSES II, con lo stesso scopo della prima. A bordo la giovane astronauta Blake (Nora Arnezeder) che sarà l’unica sopravvissuta dopo il drammatico atterraggio. Blake si rende ben presto conto che la Terra, in realtà, non è completamente disabitata e inizierà una lotta per la sopravvivenza che porterà la donna a prendere decisioni che determineranno il futuro dell’intera razza umana.
Suggestive location, ottime interpretazioni e un’accusa contro gli scellerati comportamenti del genere umano
Come già scritto, Tides è una co-produzione svizzero-tedesca che si avvale di un cast internazionale. Il giovane regista Tim Fehlbaum (classe 1982), svizzero di Basilea, aveva diretto, nel 2011, Hell, il suo debutto dietro la macchina da presa. Anche in quel caso Fehlbaum aveva raccontato una storia ambientata in un futuro post-apocalittico – in quel caso con venature horror – producendo una pellicola che aveva convinto pubblico e critica e che lo aveva imposto come una dei registi europei più promettenti della sua generazione. Anche in Hell appariva come co-produttore il regista Roland Emmerich. Dieci anni dopo dal suo debutto, in Tides Fehlbaum parte sempre dall’ambientazione in un futuro distopico utilizzando, questa volta, un registro fantascientifico. E il risultato è un film godibile, retto soprattutto dall’interpretazione convincente degli attori del cast. Su tutti l’attrice francese Nora Arnezeder che interpreta la solitaria eroina Blake, protagonista della pellicola. Il rischio di trovarsi davanti a una scialba copia della Ripley di Sigourney Weaver – leggendaria protagonista della saga di Alien e prototipo delle donne combattenti – era dietro l’angolo. Fortunatamente il pericolo è stato scongiurato e la Arnezeder riesce a dare corpo a un personaggio granitico, vicino nei modi e nel carattere a Ripley ma che riesce a ritagliarsi un suo spazio senza sembrare una sbiadita imitazione della Weaver. Convincente anche la nemesi di Blake, Gibson, interpretato dallo scozzese Iain Glein che tutti ricorderanno come interprete di ser Jorah Mormont ne Il Trono di spade. Un ruolo fondamentale viene inoltre svolto dalle location – che si trovano quasi tutte in Germania – in cui è ambientato Tides. Le plumbee, solitarie e fredde spiagge del nord del paese restituiscono perfettamente l’idea di una Terra oramai disabitata. Non manca nemmeno il messaggio ecologista, attorno al quale ruota la trama. Come spiega uno dei personaggi, la Terra è stata letteralmente resa invivibile dalla scellerata condotta dell’uomo che prima ne ha sfruttato ogni risorsa dandole poi il colpo finale massacrandola con decenni di guerre. Fehlbaum lancia anche un’accusa contro il colonialismo e il sentimento che spinge le popolazioni più ‘forti’ a sottomettere i soggetti più ‘deboli’. Anche in questo caso, sono gli umani che provengono dal pianeta Kepler 209 a voler assoggettare le popolazioni indigene che si sono sviluppate sulla Terra dopo il suo spopolamento. Sono tutti comportamenti che, ciclicamente, noi umani ripeteremo all’infinito e che, come narrato in Tides, bloccheranno la nostra evoluzione fino a portarci all’autodistruzione completa.
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