Silicon Saxony, in Sassonia ora boom di investimenti e startup tecnologiche
Grazie alla produzione di microchip, la Sassonia è diventata una delle aree industriali più importanti d’Europa.
La Sassonia è diventata una delle aree industriali più importanti di Europa, tanto da ricevere l’appellativo di «Silicon Saxony», in richiamo alla Silicon Valley statunitense. Qui, infatti, sta avendo luogo un vero e proprio boom di investimenti, tanto che ad oggi in Sassonia il tasso di occupazione è più alto persino di quello della Renania Settentrionale-Vestfalia. Le industrie più sviluppate della regione sono quella automobilistica, dei metalli, dell’elettronica e della microelettronica. Il punto forte della Sassonia non sono però solo le aziende, ma anche le università e gli istituti di ricerca ad esse connessi. Un esempio, la rinomata Technische Universität di Dresda o il l’istituto Max-Planck. Silicon Saxony, però, non è solo l’appellativo dato a questa regione ma anche il nome di un’associazione che comprende circa 350 membri tra aziende, università e istituti di ricerca che si occupano di microelettronica. È un settore in continua espansione: infatti, secondo quanto dichiarato da Frank Bösenberg, amministratore delegato della Silicon Saxony, lo scorso anno l’associazione ha generato un fatturato di 16,5 miliardi di euro, fornendo lavoro a circa 60.000 persone. Quello della microelettronica e della produzione di microchip è il settore che più di tutti sta attirando investimenti, tanto che sempre Bösenberg ha affermato che la Silicon Saxony è «il più grande stabilimento europeo per la produzione di semiconduttori».
Distribuzione geografica dei membri della Silicon Saxony
Una storia in evoluzione, la Silicon Saxony ai tempi della DDR
In un Land della Germania orientale difficilmente ci si aspetterebbe di trovare un polo tecnologico tanto avanzato. Come in tutti i paesi dell’ex-DDR, infatti, anche l’economia sassone è stata deteriorata dagli effetti della guerra fredda e da anni di economia pianificata. Dresda, capitale della Sassonia, si differenzia però dal resto della Germania Orientale. La città, infatti, grazie alla sua rinomata università, era, già ai tempi del governo comunista, un centro avanzato per lo sviluppo tecnologico. La stessa Sassonia costituiva un importante polo per l’industria microelettronica. Qui, già durante la guerra fredda, 70.000 persone erano impiegate nella fabbrica di microchip Robotron. Sebbene gli impianti della Germania orientale non potessero competere con quelli occidentali, in Sassonia erano però presenti lavoratori specializzati, in grado di ricreare i prodotti di fattura occidentale. Negli anni ’80 alcuni ricercatori della Sassonia sono riusciti persino a sviluppare una memory chip più avanzata di quella della rivale occidentale Siemens. Come dichiarato da Robert Franke, capo del consiglio comunale di Dresda, al quotidiano The Local, «sebbene l’industria di semiconduttori nella DDR non fosse competitiva sul mercato globale, le competenze erano a Dresda».
La Silicon Saxony dalla riunificazione ad oggi
Una volta avvenuta la riunificazione, il governo federale Sassone, consapevole delle potenzialità dell’area, ha deciso di investire nell’industria della microelettronica. Grazie alla creazione di un apparato burocratico semplificato e allo stanziamento di diversi sussidi, il governo è riuscito ad attirare gli investimenti delle aziende occidentali. L’economia della Silicon Saxony si è quindi sviluppata fino a diventare uno dei maggiori centri produttivi del paese. Di recente, inoltre, si è assistito a un nuovo boom di investimenti nel settore della microelettronica. Attirate dagli incentivi statali e dalla presenza di lavoratori qualificati, diverse aziende hanno deciso di investire i propri capitali in quest’area. A marzo scorso la GlobalFoundries, una tra le più grandi fonderie di semiconduttori al mondo, ha annunciato che avrebbe ampliato la propria produzione a Dresda e in altre città, con un investimento complessivo di 1,4 miliardi di dollari. Anche la Infineon, compagnia tedesca tra le più importanti per la microelettronica, ha dichiarato di voler investire 1,1 miliardi di dollari nei suoi stabilimenti di Dresda. Solo qualche giorno fa, inoltre, Bosch ha inaugurato il suo stabilimento per la produzione di semiconduttori a nord di Dresda. Si tratta di un progetto imponente, per il quale l’azienda ha investito circa un miliardo di euro. I recenti investimenti, e l’apertura del nuovo polo di Bosch a Dresda, confermano l’importanza della Silicon Saxony come uno dei maggiori centri di microelettronica d’Europa.
La carenza globale di microchip
Il boom di investimenti nella Silicon Saxony è dovuto in gran parte all’aumento della domanda di microchip, necessari in quanto contenuti in qualsiasi dispositivo elettronico, dai cellulari ai computer, e alle automobili. In quest’ultimo settore, la loro carenza ha danneggiato ampiamente il mercato, tanto da portare al rallentamento, e in alcuni casi all’arresto, della produzione. È il caso, ad esempio, degli stabilimenti Mercedes di Rastatt e Brema, della produzione Ford e della Volkswagen. A causare un aumento della domanda è stato sia l’incremento nella produzione delle auto elettriche che lo scoppio della pandemia. L’home office e l’home schooling, infatti, hanno richiesto di passare sempre più tempo davanti ai computer e ai cellulari, portando ad un aumento esponenziale della digitalizzazione e della necessità di innovazione tecnologica. Per questo motivo l’elettronica e la microelettronica si sono sviluppate in tempi rapidissimi. Come ha dichiarato Thomas Caulfield, chef della fonderia GlobalFoundries, «a causa del Covid-19 le tecnologie si sono diffuse in un anno, invece che nei dieci che normalmente sarebbero stati richiesti. Prima della pandemia l’industria dei chip prevedeva una crescita annua del 5%, adesso è raddoppiata».
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