«Paghe in ritardo e ora la causa. La mia terribile esperienza da cameriere a Berlino in un bar»

Alessandro M. ci racconta la sua pessima esperienza da cameriere a Berlino e di come ora lotti per recuperare i suoi stipendi

«Sono in causa con il mio ex datore di lavoro a Berlino, un iraniano con un locale molto carino a Mitte, nella zona di Rosa Luxemburg Platz. A marzo non ha pagato né me né i miei colleghi. Ha chiuso improvvisamente il suo bar/ristorante appena sono scattate  le prime restrizioni del Coronavirus senza però dichiarare bancarotta. Ha venduto tutti i mobili interni da un giorno all’altro e non ha mandato nessuna comunicazione chiara al suo personale, tra cui, oltre a me, c’erano altri due italiani. Io avevo un contratto da cameriere di un anno firmato a gennaio. Il primo stipendio (quello di gennaio) mi era stato pagato a febbraio con 8 giorni di ritardo. Il mese dopo il ritardo era stato di dieci giorni e di soltanto 1000€ invece dei 1500€ del contratto. L’ultimo mese invece non mi è mai stato pagato. Il locale era sempre strapieno ed eravamo sempre massimo quattro persone a spaccarci in due per fargli guadagnare soldi. Lui si mostrava simpatico, finché non gli chiedevi lo stipendio. Ero cameriere, ma svolgevo praticamente il compito che il manager non svolgeva. Di fatto il locale risparmiava sul personale prendendo sempre gente in prova, non pagandola e non chiamandola più. Vendevano cose già pronte. Avevano bottiglie di succo d’arancia scadente e lo mettevano nelle caraffe per venderlo a 5€ al bicchiere, spacciandolo per fresco. Le recensioni online sono ottime, ed è inspiegabile.  Stessa cosa con la pasta…nulla era bio, nulla era fatto in casa anche se lo spacciavano per tale. La gente pagava 50€ in due per una colazione a dir poco scadente… Quel posto era una macchina da soldi eppure, forse non abbastanza. Se avesse dichiarato bancarotta io e i miei colleghi avremmo avuto gli stipendi coperti dal Job Center, ma a lui sarebbe stato vietato aprire nuovi locali  come invece incredibilmente ha fatto a poche centinaia di metri dal suo precedente locale. Non mi è rimasto che fargli causa. Gli avvocati dell’associazione Arbeitnehmer Hilfe a cui mi sono rivolto mi hanno detto che gli ex dipendenti non potevano fare causa assieme, così ho fatto da solo. Alla prima udienza in tribunale, qualche giorno fa, fine giugno, non si è presentato.

Non so come andrà a finire, se esiste la giustizia e se verrà applicata dovrei ricevere ciò che é mio di diritto. Ma a questo punto non si tratta solo di me, si tratta di tutte le persone che non hanno coraggio o non hanno semplicemente le conoscenze, perché abituati ad essere sfruttati in italia. Io vivo in Germania dal 2010, prima a Brema, poi, da due anni a Berlino. Sono originario di Roma. Purtroppo anche qui, come in Italia, ci sono ristoratori che fanno ciò che vogliono. Assumono gente giovane, che non parla il tedesco e che automaticamente accettano tutto ciò che gli si propone. Io sto facendo una lotta per avere i soldi che mi ero guadagnato dal Job Center, ovvero l’ente che subentra al datore di lavoro che dichiara insolvenza. Sinceramente sono stanco di tutto».

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