Irradiès, il documentario su Hiroshima che ha vinto l’orso d’argento alla Berlinale

Irradès mostra senza filtri la cruda realtà dei sopravvissuti ai genocidi e, in particolare, l’orrore delle radiazioni

Titoli di coda e silenzio in sala. Le immagini appena viste sono talmente forti che nessuno ha il coraggio di alzarsi e interrompere quel momento di riflessione che il documentario ha regalato. Lo schermo è diviso verticalmente in tre sezioni, scelta registica per avere un definito impatto sullo spettatore. Irradiès – irradiati è un documentario del Cambogiano Rithy Panh. Di scuola francese, il regista mostra la sofferenza portata dalle guerre nel ventesimo secolo. Il suo lavoro è un montaggio, principalmente in bianco e nero, accompagnato da qualche sporadico monologo e musiche di sottofondo. E’ possibile vedere il trailer qui, sulla pagina della Berlinale dedicata al film.

Irradiès

«Il male ci perseguiterà se non lo mandiamo via da noi una volta per tutte, con onestà.» Con queste parole si apre Irradiès. Un uomo assembla, in maniera meticolosa, il modellino di una casa dove colloga un tesoro prezioso: una foto di famiglia. Da qui in poi è impossibile definire una trama ben precisa. È come se l’uomo stesse facendo un tuffo nel passato, nei ricordi. Irradiès è stato creato da persone che sono sopravvissute alle radiazioni, fisicamente e psicologicamente, causate dalla guerra: parla alle persone che credono di non avere nulla a che fare con questo tipo di accaduti. Secondo il regista, essere un sopravvissuto non è qualcosa che può essere espresso a parole, per questo la specifica scelta di utilizzare per lo più immagini senza dialoghi. È qualcosa di terribile, che influisce anche nelle generazioni future. Il documentario è un film estremo, per non dimenticare che il male fatto in passato è quanto mai presente.

Il regista Ritthy Panh sul suo film in conferenza stampa

«Il film è come un grido, un grido di speranza. Parla del male che si protrae dal secolo passato a quello presente. Le cose continuano a ripetersi. Abbiamo visto cosa è accaduto in Spagna di recente, al carnevale: una parata con dei simpatici nazisti danzanti. Non possiamo permetterci di dimenticare la storia. Viviamo in un’era in cui c’è un veloce sviluppo di totalitarismi, non solo in Germania ma anche in USA e in altre parti del mondo. Che cosa ci stiamo facendo? Che cosa ci manca? Credo sia utile ricordare queste immagini. Il mio vuole essere un film anche pieno di speranza, se no non lo avrei fatto. È un documentario che chiede la tua attenzione, deve farti ponderare su avvenimenti di questo genere. Grazie al cinema, possiamo esprimere tutte queste cose. Il cinema non è solo divertimento, ma ha il ruolo di ricordarci che ci dobbiamo assumere delle responsabilità, dobbiamo essere coscienti e sconfiggere i totalitarismi che stanno continuando a nascere e svilupparsi nel nostro tempo.»

Leggi anche: Dall’Iran all’orso d’oro alla Berlinale, there is no evil racconta la crudeltà del sistema militare di Teheran

Non perderti foto, video o biglietti in palio per concerti, mostre o party: segui Berlino Magazine anche su Facebook, Instagram e Twitter!

Immagine di copertina: ©Berlinale