«Io, italiano, fondatore dei Rainbow Daddies, gruppo di papà a Berlino diventati genitori con il co-parenting»
Gianni Bettucci, fondatore nel 2012 dei The Rainbow Daddies, ci spiega la sua associazione e cosa significa crescere una figlia con il co-parenting
«Nel 2013 qui a Berlino sono diventato babbo di una bellissima bambina. L’ho avuta con una ragazza lesbica diventata mia amica e conosciuta su un portale apposito per co-parenting, (ovvero per chi vuole mettere al mondo un bambino e crescerlo senza però avere una relazione intima amorosa o quantomeno sessuale con l’altro genitore ndr). Una volta diventato padre mi accorsi però di essere solo. Di non poter condividere le mie emozioni, paure ed esperienze con altri padri gay che avevano fatto un percorso simile. I miei amici etero, padri, avevano problematica molto diverse. Per cui mi sono dato da fare e ho cercato di trovare altri gay nella mia situazione. E così, nel 2014, ho fondato The Rainbow Daddies». Gianni Bettucci, fiorentino, 45 anni, vive a Berlino dal 2001 dopo una laurea in Italianistica nella “sua” Firenze e un breve soggiorno a Londra. È manager della compagnia teatrale Familie Flöz, un impegno che non gli ha impedito di dedicarsi sia alla crescita di sua figlia che alla formazione di un’associazione sempre più in crescita. «Dopo 5 anni siamo più di 100 Rainbow Daddies solo a Berlino e fra poco pubblicheremo il nostro primo libro sulla genitorialità omosessuale e sul co-parenting.«Raccoglierà le tantissime e coloratissime storie dei nostri rainbow daddies».
Da Firenze a Berlino per amore (della città e del teatro)
«Arrivai nella capitale tedesca per avvicinarmi al mio ragazzo di allora che all’epoca faceva l’Erasmus qui. Arrivai, lui mi lasciò durante una grigia e fredda giornata di novembre, ma io decisi comunque di rimanere». Pochi mesi dopo il suo arrivo divenne manager dell’apprezzata compagnia teatrale Familie Flöz. «Ne rimasi innamorato quando vidi il loro primo spettacolo, Ristorante Immortale alla Glashaus e così cercai di farne parte. Ora è una delle compagnie teatrali tedesche di maggior successo all’estero. La nostra particolarità è che tutti i nostri spettacoli sono con maschere caricaturali e molto espressive che attori/clown/mimi portano in scena per 90 minuti senza dire una parola. Un linguaggio teatrale magico e unico al mondo. Da allora non li ho più lasciati. Con loro ho girato il mondo».
Come funzionano The Rainbow Daddies
«Ci incontriamo una sera al mese per il nostro incontro sempre in un posto diverso scelto di volta in volta da uno dei membri. Ci troviamo e dopo un giro di presentazione per introdurre i nuovi, ci confrontiamo sulle nostre esperienze, problemi, gioie, dubbi e paure, molto spesso relativi al rapporto con le madri, che come si può facilmente capire, è un rapporto nuovo, tutto da scoprire e da curare. Oltre ai nostri raduni mensili, ci incontriamo nel fine settimana con i nostri figli per gite in campagna, o ai giardinetti. È importante che i nostri figli vedano che altri bambini hanno costellazioni genitoriali simili. Per me poi il gruppo ha avuto un’incidenza molto forte anche sul lato affettivo. È così che ho incontrato li il mio compagno. Abbiamo una relazione da due anni. Lui ha uno splendido bambino di 4 anni che è quasi diventato un fratello per mia figlia».
La genitorialità omossessuale nel mondo
«Fino a poco tempo fa, la omogenitorialità, e quindi anche la sua rappresentanza, era abbastanza monopolizzata dal mondo femminile, per ovvi motivi. Ad ogni modo esistono gruppi simili al nostro, ma fino a poco tempo fa la genitorialità omosessuale veniva raggiunta attraverso l’utero in affitto. Per cui, che io sappia, i gruppi che ci sono sono appunto di coppie omosessuali di due uomini che però non devono “interfacciarsi” con una madre che è diventata genitore con il loro stesso approccio. Il nostro gruppo invece si apre anche a tutte le altre forme di paternità, non a caso abbiamo chiamato il gruppo Rainbow Daddies. Ci sono padri eterosessuali che hanno fatto figli con lesbiche, bisessuali e anche un trans. La maggior parte dei nostri rainbow daddies comunque è diventata padre attraverso il co-parenting e cioè per via naturali attraverso l’inseminazione di un’amica, quasi sempre senza ricorrere alla riproduzione assistita, ma in casa, col l’ormai mitico sistema del bicchierino.
Il coparenting in Italia
«In Italia c’è la bella realtà dell’Associazione delle Famiglie Arcobaleno formata in maggior parte da coppie lesbiche che si sono affidate alla inseminazione artificiale in paesi come la Spagna e la Danimarca, e coppie di omosessuali uomini che appunto sono ricorsi alla DPA. Il co-parenting ancora non è molto conosciuto in Italia dove c’è sicuramente molto lavoro da fare da un punto di vista sociale. Anche perché fa strano a tanti italiani l’idea di avere un figlio/a con un amico/a. La genitorialità in Italia ha ancora un alone di romanticismo che qui in Germania non è più. Berlino in tal senso è sempre stato terreno di grandi esplorazione per quanto riguarda i diritti civili e la loro estensione »
L’Italia vista dalla Germania
«Purtroppo l’impressione è abbastanza brutta, ma è un paese lungo con tante realtà diverse. Ad ogni modo sono decisamente molto contento di aver fatto questa esperienza in Germania, e non in Italia. Qui a Berlino non ho mai subito discriminazione o nessuno mi ha fatto mai sentire diverso. In Italia sto molto più attento a parlare apertamente della mia esperienza al di fuori delle cerchie fidate di amici. Non so dove sarà il mio futuro. Mia figlia dice sempre: sono tedesca e poi italiana. Ed in effetti, o purtroppo, è cosi. Per cui il mio futuro per ora è in Germania, ma curo i miei rapporti con l´Italia che sarà sempre la mia seconda, amatissima, casa»
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Photos © Gianni Bettucci – Courtesy for Berlino Magazine