Il Berghain apre il suo e-commerce, polemica tra i clubbers

Il leggendario club di Berlino ha lanciato il suo merchandising online

Il Berghain, tempio della cultura clubbing berlinese (e non solo), ha aperto per la prima volta il suo e-commerce. Fino a poco tempo fa era possibile acquistare le t-shirt prodotte dal club solo al suo interno. Da qualche settimana sul sito ufficiale del club berlinese è possibile acquistare online canotte, sciarpe, t-shirt e jock-strap. Tutto il merchandasing è made in Germany. Nell’aria si era già avvertito un cambiamento in termini di business per il club: da settembre 2019 il Berghain aveva sostituito il classico timbro con un braccialetto dal costo di 5 euro (permette di rientrare durante la serata in corso). Se per l’iniziativa del braccialetto era stata aperta una pagina di protesta, adesso ci si aspetta di tutto dagli habitué del club. L’apertura dell’e-commerce ha scatenato polemiche nel mondo del clubbing, che ha visto nella scelta della vendita online una scelta poco coerente che si allontana dalle radici della subcultura della sua fondazione.

Il Berghain è ancora “povero ma sexy”?

Nel 2019 il paesaggio urbano intorno al club più famoso della città è cambiato radicalmente. Il 16 dicembre 2019 il Berghain ha festeggiato 15 anni di feste e il tempo sembra essere passato anche per lo storico club. Chi accede al club per la prima volta respira ancora quell’aria di follia mista a rituali di massa gloriosi. Invece, i più affezionati del club, ricordano un’atmosfera diversa. Durante i primi anni del Club, al piano di sopra, al famoso Panorama Bar, quando si aprivano le finestre si ammirava il paesaggio suggestivo delle linee ferroviarie che caratterizzavano la Berlino Est. Oggi, invece, dalle finestre si vedono i segni del capitalismo come il logo rotante della BMW, della Mercedes Benz Arena, dall’East Side Gallery e a breve, dal nuovo Starbucks. Sembra che il Berghain “non sia più tanto povero”. Fortunatamente, i valori all’interno del club sembrano restare gli stessi: privacy ed eccessi sono liberi di fluttuare nella grande sala centrale caratterizzata dal suo mix di imponenza e techno spietata. Il 26 marzo 2019, DJ Mag, la rivista dedicata alla musica elettronica, ha rilasciato la storica classifica dei 100 club migliori del mondo. Il Berghain è rientrato nella top ten. Negli anni passati era più alto in classifica. Probabilmente le nuove scelte del club, soprattutto economiche, cominciano a far salire in superficie alcune criticità.

Storia dell’iconico club berlinese

Il tempio della musica techno, comunemente conosciuto come Berghain, prende il nome dalla sua posizione e dalla combinazione dei due quartieri che confinano tra loro: Kreuzberg e Friedrichshain. La centrale termoelettrica che ospita il club è datata 1953. Il design scelto è minimalista e all’interno predominano l’acciaio e il cemento. Il Berghain ha una sala principale al piano inferiore, mentre a quello superiore vi è una zona chiamata Panorama Bar, abbellita con le fotografie di Wolfang Tillmans. Il club si distacca dal resto della città con le famose finestre che si affacciano sulla Berlino Est. La centrale elettrica abbandonata negli anni ’80 è stata ricostruita nell’opera di ristrutturazione post bellica e negli anni ’90 è diventata uno storico locale gay. Nel 2004, il Berghain cambia volto. Un impianto sonoro su misura, conosciuto e invidiato dalla maggior parte dei club mondiali, permette di parlare “sotto cassa”, e uno dei suoi architetti, Thomas Karsten, gli dona le sembianze di una storica cattedrale del Medioevo. Non è un caso che molti clubbers tra loro usino espressioni ironiche del tipo “vado a messa” o descrivono il club come un tempio, un luogo ricco di spirito. Il Berghain, nonostante tutto, rimane la San Pietro della techno.

Leggi anche: Berghain, 5 euro in più se si vuole uscire e rientrare. E sul web si minaccia il boicottaggio

Non perderti foto, video o biglietti in palio per concerti, mostre o party: segui Berlino Magazine anche su Facebook, Instagram e Twitter!

Immagine di copertina: Screenshot da YouTube