Angela Monteleone

«Arrivata a Berlino dalla Calabria a 7 anni nel 1996, vi racconto come è stata la mia vita e perché dico Grazie Germania»

La storia di Angela e della sua famiglia arrivata in Germania nel 1996 e da allora sempre più parte del sistema sociale tedesco

di Angela Monteleone

Mi chiamo Angela Monteleone, sono originaria di Cardinale, provincia di Catanzaro, e vivo in Germania da quando ho nove anni.

Era il 24 Maggio 1996 quando con la mia famiglia arrivammo in auto a Fürth, paese a 45 chilometri da Francoforte. Eravamo partiti qualche giorno prima dalla “nostra” Cardinale. Avevo nove anni. Erano stati pieni di pensieri tristi i giorni precedenti alla partenza, così come il viaggio, piene di tanti “manca tanto per arrivare?” rivolti a mio padre. C’era però anche curiosità, non lo nego. Guardavo il paesaggio che cambiava dietro il finestrino nell’attesa di  vedere finalmente il paese che sarebbe diventato casa mia.

“In Germania fa freddissimo, ma si fanno i soldi” avevo sentito dire spesso a molte persone vicine ai miei genitori prima che partissimo, a partire da mio zio che aveva una pizzeria a Fürth presso cui entrambi i miei genitori sarebbero andati a lavorare. “Se fai i soldi, non ti manca il mare, il sole, il calore della gente”. Era però maggio e il sole splendeva e per quanto fossi ancora confusa dal viaggio, freddo non ne faceva. Quando però aprii la porta della nostra nuova abitazione mi sentii tradita. Soldi in Germania? Nella nostra casa c’era la povertà nell’aria. Armadi disposti a caso, un brutto divano marrone pieno di graffi, uno strano mobile che non so cosa a cosa potesse mai servire e che mia madre diceva ci era stato regalato da quella brava donna della vicina, ma che a me sembrò più che altro un modo facile per sbarazzarsi di qualcosa di ingombrante e brutto. La sala cucina era composta da un tavolo e da quattro sedie tutti in bianco e di plastica. Noi però eravamo cinque.  “Ti piace il nostro nuovo appartamento, Angela?”. Non dissi nulla e andai nella piccola stanza che condividevo con il mio fratellino e la mia sorellina. Mi addormentai esausta e delusa, coccolata molto stretta al mio fratellino. Penso che la prima notte, entrambi, sognavamo lo stessa cosa: scappare “nella bella Italia” e tornare così a casa.

Angela Monteleone

Angela Monteleone

L’ambientamento in Germania

I primi giorni di furono strani, forse posso dire che ero eccitata, intesa però non però come sensazione positiva, ma di grande incertezza. A poco a poco mi abituai. Capii che la gente non mi capiva quando parlavo italiano, che la lingua tedesca suonava dura e poco melodica, ma non era impossibile. Per mio fratello fu più difficile  Smise di uscire. Riteneva che tutti i bambini tedeschi fossero cattivi e poi “Se non parlano l’italiano, Angela, come facciamo a giocare con loro?”. A ripensarci ora mi viene da ridere visto che nel condominio dove vivevamo all’epoca non c’era neanche un bambino tedesco, anche se per  mio fratello all’epoca se parlavi tedesco, allora dovevi essere tedesco. Anche per lui però quei primi mesi passarono e a poco a poco fece sua quella vita.

I primi sette mesi non fui in grado di comunicare con nessuno, a parte chi parlava italiano. Nel giro di due anni invece imparai bene il tedesco. Quando sei bambina apprendi in fretta. La conoscenza della lingua aiutò l’integrazione. E da qui, a poco a poco, ad amare tutto il resto.

Dal 1996 ad oggi, cosa è successo

Da allora sono passati più di vent’anni. e, ora che sono madre anche io, mi sento sempre più in dovere di dire un grande e grosso grazie ai miei genitori per la forza che hanno avuto nel trasferirsi in Germania con tre bambini piccoli. Che atto coraggioso lasciare tutto e cominciare da zero e ringrazio la Germania per averci accolto.

La mia vita ora? Avrei potuto studiare, presi un Abitur con voti altissimi, ma ho preferito aprire qualcosa con la mia famiglia. Io e mio fratello abbiamo una gelateria. I nostri genitori ci aiutano. Mia madre sta con me in negozio, mio padre aiuta mio fratello nel produrre gelato. Amo il mio lavoro, quello di vendere il gelato accompagnato dal motto: “Jeden Tag la Dolce Vita”. La dolce vita, come stile di vita, del resto mi perseguita tanto che sto addirittura scrivendo un libro. Si intitola “Mehr Dolce Vita im Service” e oltre a spiegare come fare la differenza con il servizio, rappresenta un appello per tornare alle cose semplici ed emozionali, ricordando che siamo tutti alla ricerca di un modo per rendere migliore la vita. Insomma, ad un servizio pieno di “dolce vita” come farebbe una nonna italiana, quando ti abbraccia con calore, contenta di vederti.  Dopo tanti anni lontana dall’Italia, oggi penso in italiano col cuore, ma il mio libro, che rappresenta tanto lo stile di vita italiano, lo scrivo in tedesco. Direi che questa è la sintesi perfetta della mia vita italiana in Germania.

Ritornare in Italia sì o no?

Ho coltivato il sogno di tornare in Italia per un paio di anni. Ora ho smesso. Sono conscia che è la cultura italiana che mi sta dando l’opportunità di vivere qui in Germania permettendomi di guadagnare, ma la mia casa è qui e ci vivo volentieri. Ogni anno in vacanza vado comunque in Italia. La vedo con gli stessi occhi di Goethe: “La terra dove fioriscono i limoni …”.  Mi piacciono il caos, le riunioni di famiglia che non si fermano mai, le conversazioni rumorose della gente per strada, l’espresso veloce al bar della piazza, un piatto di “Tagliatelle allo scoglio” cos’ come, però, la lingua e la mentalità tedesca e persino la loro precisione. E vogliamo parlare della Kaesekuchen e il Weißwurst con la senape dolce? Nel calcio tifo sempre per la “Squadra Azzurra”, assieme ai miei genitori, ovviamente. Ed è anche impossibile immaginare di parlare tedesco tra di noi.

Ancora vi state chiedendo perché mio padre lasciò l’Italia? Non per fare i soldi. Scappava da un sistema corrotto, criminale e mafioso. Poco prima che partissimo era stato assassinato il suo migliore amico in un campo con un colpo alla nuca. Fu quello che lo spinse a partire. Dopo aver saputo della morte mio padre disse che se ne sarebbe andato via dall’Italia e non sarebbe più tornato a viverci. È lui un uomo di parola.

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