La storia del pupazzo del bambino ebreo scampato al nazismo
Se avesse potuto vedere con i suoi piccoli occhi di plastica, se la cucitura che le fa da bocca potesse allentarsi per farla parlare, potremmo ascoltare una storia davvero incredibile da un piccolo pupazzo a forma di scimmia
Questa storia inizia negli anni ’30, quando Gert Berliner, un giovane bambino ebreo, scorrazza per Berlino sulla sua bici. Appesa al manubrio tiene la sua scimmia di peluche, il suo portafortuna. Gert è un bambino vivace e sicuro di sé, trascorre la sua infanzia a Berlino ignorando cosa aveva in serbo il futuro per lui e molti altri. L’avventura di Gert e la sua scimmietta ebbe inizio nel novembre del 1938. Già nel 1933, quando Gert aveva solo nove anni, in Germania ruzzolavano i primi sassolini che, invisibili per un bambino ma anche per molti adulti, in pochi anni sarebbero diventati una delle valanghe più grandi che ha travolto il mondo. Tutto iniziò dagli ultimi slanci di un’altra frana: il popolo tedesco sconfitto nella prima guerra mondiale pagava pesanti dazi in una Germania in profonda crisi sociale, economica e politica. Poi arrivò Hitler, poi il partito nazista, la propaganda, i nazionalismi. Sappiamo tutti come andò a finire: questi sassolini, nell’accumularsi, in pochi anni divennero la valanga distruttiva che è stata la seconda guerra mondiale.
L’inizio dell’avventura
La mattina del 10 novembre 1938 la vita di Gert cambiò improvvisamente: uscì in strada e trovò il suo quartiere distrutto. C’erano fiamme e vetri ovunque e sirene che suonavano, le sinagoghe erano in fiamme. Gert aveva 14 anni e non aveva idea di cosa tutto ciò volesse dire. Non poteva nemmeno immaginare che sarebbe sopravvissuto abbastanza per sentire parlare della Notte dei Cristalli come di un avvenimento storico. Nella notte tra il 9 e il 10 novembre di quell’anno la Germania mandò un messaggio inequivocabile agli ebrei: non siete più al sicuro qui. Quando fu chiaro alla comunità ebrea di essere in pericolo e di dover lasciare la Germania non c’erano già più vie di fuga. I genitori di Gert riuscirono a farlo scappare in Svezia. Partì da solo, con pochi vestiti e la sua scimmietta. Nel 1943 i suoi genitori vennero catturati e mandati ad Auschwitz dove vennero assassinati. Gert a 22 anni si trasferì a New York, dove intraprese la sua carriera di fotografo e artista, viaggiò molto e portò sempre con sé la sua scimmietta portafortuna. Ormai divenuto anziano, aveva un solo rimpianto: non conoscere la sorte toccata al resto della sua famiglia. Gert ebbe due figli e credeva che, oltre a lui, fossero gli unici Berliner rimasti.
Source: NPR Credit: Claire Harbage & Emily Bogle
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Dopo più di ottant’anni Gert si separa dalla sua scimmietta
Nel 2003 un archivista del Jewish Museum di Berlino di nome Aubrey Pomerance incontrò Gert e gli chiese se avesse per caso conservato qualche oggetto della sua infanzia durante la guerra, qualcosa che potesse far immedesimare i visitatori del museo. Gert pensò subito alla sua scimmietta ma fu restio a darla al museo perché non se ne era mai separato. Capì, tuttavia, che le avventure del suo talismano non erano ancora finite, così diede il pupazzo al museo senza immaginare cosa sarebbe successo. La scimmia cominciò una nuova vita esposta in una teca, vista ogni giorno da centinaia di visitatori, testimoniando la sua storia e quella di Gert. Uno di questi visitatori era Erika Pettersson, una giovane che rimase incuriosita dalla scimmietta esposta a fianco del nome e della foto del suo proprietario. Il motivo per cui rimase colpita è che Berliner era anche il cognome di sua madre, Agneta Berliner. Entrambe venivano dalla Svezia e la famiglia aveva origini berlinesi. Quando Erika raccontò alla madre ciò che aveva visto, lei rimase molto colpita e decise di indagare. Scrisse una lettera a Gert per scoprire se avessero una discendenza comune. Scoprirono di essere cugini: i loro padri erano fratelli ed entrambi furono spediti in Svezia. Donando il suo cimelio, la sua unica famiglia per molto tempo, Gert ritrovò il suoi unici parenti rimasti. Ora la scimmietta sorride ancora nella teca del Jewish Museum mentre tiene viva la memoria, raccontando la sua storia e la storia di molti altri bambini con altrettanti pupazzi che spesso, purtroppo, hanno avuto una sorte molto meno fortunata.
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Photos credit: Gerhard Berliner’s stuffed monkey © Jewish Museum Berlin, accession 2004/46/0, gift of Gert Berliner