Pietro Benassi: “Io, ambasciatore italiano a Berlino, orgoglioso dei miei connazionali in Germania”
-Ambasciatore lo sappiamo che lei non si esporrà più di tanto nelle risposte e non tanto perché non vuole, ma perché non può dato il suo ruolo. Ed è un peccato perché quando lei parla in pubblico, e l’abbiamo già visto fare spesso, lei risulta un vero intrattenitore. Mai banale, divertente, sempre arguto nelle considerazioni senza però dare mai l’idea che le piaccia stare al centro dell’attenzione…
-La ringrazio per i complimenti, ma non si preoccupi, risponderò alle sue domande
-Ok allora iniziamo.
Pietro Benassi, 57 anni, di Roma, non è il classico ambasciatore che tiene a distanza il suo interlocutore – giornalista e non – con frasi e concetti formali dettati prima di tutto dal suo ruolo. Certo, alle sue parole bisogna sempre fare un minimo di tara “istituzionale”, ma è anche giusto che sia così data l’altissima carica che ricopre dal 23 settembre 2014. Lo incontriamo in una sala adiacente al suo studio nell’Ambasciata italiana di Berlino. Dalla finestra dietro di noi si intravede il Tiergarten, polmone verde della capitale e centro ora di congiunzione delle diverse anime della città. C’è voluto un po’ di tempo per realizzare l’intervista, ma non perché lui non volesse, quanto piuttosto perché la sua agenda è fitta di impegni su tutto il territorio della Repubblica federale. “Penso che sia fondamentale per l’ambasciata ribadire il proprio ruolo all’interno della comunità italiana in Germania, è un’intervista a cui tengo anche io”. I temi sono tanti: il ruolo dell’ambasciata nella Berlino di oggi, la crescente immigrazione dall’Italia, la mancata iscrizione all’Aire (Anagrafe Italiani residenti all’estero) di tanti nostri connazionali ed il futuro della libera circolazione dei cittadini europei alla luce dell’attuale crisi politica dell’UE. Sono più di trent’anni, ovvero dal 1984, che Pietro Benassi, dopo la laurea in Scienze Politiche all’università di Padova, ha intrapreso la carriera diplomatica. Nel 1986 la prima missione a L’Avana seguita poi da Varsavia, Berlino (come responsabile dell’Ufficio politico), Bruxelles, Ambasciatore a Tunisi e nuovamente Roma (Capo di Gabinetto del Ministro degli Affari Esteri Emma Bonino). Il ritorno a Berlino lo ha vissuto bene (il suo tedesco è ottimo) tanto che con lui è partito anche il figlio maggiore (la figlia invece è rimasta a studiare a Roma). “Ha 24 anni e dopo aver finito gli studi si è preso uno studio a Pankow, nord est della città. Sta cercando di affermarsi come produttore musicale. Aveva già vissuto qui, ha questa città nel cuore ed ora sta provando ad aprirsi una propria strada in un mercato difficile, ma che comunque vede Berlino come una delle capitali mondiali”.
I giovani italiani che arrivano a Berlino ed il ruolo dell’Ambasciata nella comunità italiana. “Mio figlio rispetto ad altri ha il vantaggio di godere di un punto d’osservazione privilegiato, ma dovrà comunque impegnarsi molto per riuscire ad avere successo. In passato ci si trasferiva in Germania soprattutto per cercare un lavoro a tempo indeterminato nel settore del commercio, dell’edilizia, dell’industria e della ristorazione. Recentemente vi è un flusso di immigrazione formato da persone altamente qualificate. Sono la cosiddetta ‘nuova mobilità che può essere sia “circolare”, stare qualche anno per poi tornare in Italia, sia “non circolare” e affermarsi stabilmente in Germania. Questa nuova presenza fatta di giovani e laureati che entrano con responsabilità maggiori in imprese tedesche, o che hanno incarichi come ricercatori e accademici nelle varie università tedesche, non solo abbassa l’età media, ma cambia anche il profilo della collettività italiana all’estero. E allora sì, noi che la rappresentiamo istituzionalmente, non possiamo solo prenderne atto. Dobbiamo cercare, nei limiti delle nostre competenze e possibilità, di accompagnarla, rappresentarla e, quando serve, aiutarla. Nello specifico ciò su cui stiamo lavorando molto sono gli scambi di studenti tra università e lo snellimento nelle procedure del riconoscimento di titoli di studio”.
L’AIRE: c’è chi non si registra per il timore di perdere l’assicurazione sanitaria nazionale ed essere costretto a pagare mensilmente quella tedesca. “Sono molti. Berlino, come esempio su tutti, da 20.000 ufficiali residenti che aveva 10 anni fa, è passata a 25.000, ma penso che ce ne siano altrettanti non registrati. L’AIRE di fatto è una norma senza sanzione e una norma senza sanzioni fa fatica anche solo ad essere definita come tale. Più che un obbligo nel tempo si è trasformata quasi in un consiglio, ma la legge è quella, dopo 6 mesi che si vive qui bisogna registrarsi come italiani all’estero. La convenienza nell’iscrizione è ad esempio nella facilità con cui poi si può accedere a vari servizi consolari. È vero però che la conseguenza principale è quella del successivo obbligo di iscrizione alla Krankenkasse, ma se si vuole vivere qui è normale che ciò venga fatto e prova ne è che con il tempo alla fine lo fanno quasi tutti.”
Gli italiani in Germania: vittoria o sconfitta dell’Italia? “Non credo alla bilancia dei pagamenti rapportata all’esportazione o importazione di cittadini dell’Unione Europea o fuori dell’Unione Europea. Se vi è integrazione non solo sono soddisfatto come privato cittadino, ma anche come ambasciatore italiano. Nell’entrare stabilmente nel tessuto sociale tedesco ci sono anche le nostre qualità a partire da una ricchezza culturale che ci riconoscono ovunque nel mondo. Non allontana l’Italia dalla Germania, ma avvicina i due paesi. Credo però anche alla responsabilità individuale e al diritto delle persone di perseguire un futuro che le possa realizzare. Per parlare bene di Italia e Germania, bisogna però parlare soprattutto di Europa. Berlino, dal mio punto di vista, è la capitale e dunque la sede bilaterale – cioè è un’ambasciata che ha dei rapporti con il paese che la ospita – che più di tutte le altre è contaminata, dando a questo termine un’accezione positiva, dalle decisioni che verranno prese a Bruxelles. Quindi io leggo i rapporti fra Italia e Germania nel 2015 sempre più interconnessi con il livello di integrazione che c’è a nelle istituzioni europee. E così interpreto il mio mandato”.
La libera circolazione in Europa ed il rischio che una crisi dell’UE possa impedirla. “L’anno scorso in Belgio si parlò di possibile espulsione di cittadini dell’UE che non contribuiscono all’economia e vivono sulle spalle dello stato sociale, mentre Cameron in Inghilterra vuole indire un referendum sull’Unione Europea entro il 2017. Da parte mia considero qualsiasi passo indietro nella libera circolazione delle persone un passo indietro nella prospettiva dell’integrazione. Nell’ambito delle mie competenze e possibilità, che certamente sono limitate, metterò ogni goccia del mio sudore per evitare una prospettiva del genere. Se un giorno dovesse accadere una cosa del genere, non ci sarebbe nessun vincitore, saremmo tutti sconfitti.”
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Tutte le foto presenti nell’articolo sono state realizzate da ©Lorenzo Pesce per Berlino Magazine
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Intervista realizzata grazie al prezioso aiuto di Miriam Tribastone