Jürgen Sparwasser, il centrocampista della DDR che segnò contro la Germania Ovest. Ecco la sua storia

Io il Muro di Berlino non l’ho proprio visto quel 22 giugno. Un po’ perché eravamo parecchio lontani, ad Amburgo, un po’ perchè alla fine era solo una partita di calcio, la politica c’entrava poco…

Certo, è vero, erano i Mondiali del 1974. Giocavamo contro la Germania Ovest. E giocavamo proprio ad Ovest, ad Amburgo… a ripensarci bene forse non era solo una partita, ma è meglio che l’abbia vista così quel giorno: meno tensione addosso, le gambe corrono meglio quando sono leggere. Mi avevano parlato di un altro muro, anche quello difficilissimo da superare: la difesa della Germania Ovest. Ma io l’ho scavalcato, e anche piuttosto bene. Eppure su di me non avrebbe scommesso nessuno: Jürgen Sparwasser da Halberstadt, Germania Est. Una vita da mezzala nel Magdeburgo e niente più, fino al 1974, il mio anno: a maggio alzo la Coppa delle Coppe, il mese dopo faccio la storia. Non male davvero. Me lo sentivo anche il giorno prima della partita, avevo un buon presentimento: scendo nella Hall dell’albergo e trovo una squadra a pezzi. C’era già chi si era messo a contare quanti ne avremmo presi, chi pregava l’altro Jürgen (Croy, portiere della Nazionale della DDR) di fare i miracoli per salvarci dall’umiliazione. Per tutto il mondo eravamo un gruppo di somari, gli scarti dell’atletica che la DDR riciclava nel calcio: bastavano un pallone, scarpini e tacchetti ed ecco pronta la squadra per i Mondiali. Ma non era vero, e io lo sapevo: avevamo giocato bene tutte le partite e ci eravamo qualificati per il secondo turno. “Domani ci penso io, state tranquilli”. Lo dico a voce alta davanti a tutti. E forse hanno cominciato a crederci proprio lì, in albergo; e se lo diceva quello che aveva vinto la Coppa delle Coppe doveva essere vero. Ci abbiamo creduto così tanto che non ci sono tremate le gambe nemmeno il giorno dopo, allo stadio, davanti a 58.900 tedeschi dell’Ovest; abbiamo guardato verso il settore ospiti e abbiamo visto la festa degli 8500 Ossis venuti a tifare per noi… a pensarci meglio, forse erano più contenti perché avevano avuto i permessi speciali di viaggio per l’Ovest apposta per la partita, ma erano comunque lì per noi. Abbiamo continuato a crederci quando l’altoparlante dello stadio ha letto la formazione della Germania Ovest: Maier, Vogts, Breitner, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Cullmann, Grabowski, Hoeneβ, Müller, Overath, Flohe. I campioni di tutto. E non erano neanche tutti i titolari, alcuni erano in panchina. Perché i somari si battono anche con delle riserve. Ci sono stati 76 minuti in cui la Germania è stata riunita, almeno su un prato. Poi al 77° si è di nuovo divisa: niente muri stavolta, solo che noi con le magliette blu ci credevamo davvero molto più di loro. Del mio gol ricordo solo l’azione, tutto è stato chiaro finchè la palla non è arrivata a me: Jürgen (Croy) rilancia con le mani verso Lothar (Kurbjuweit) e lui comincia a correre in avanti. L’ho capito lì che qualcosa stava per succedere: quando il difensore centrale supera il centrocampo correndo con la palla al piede significa solo due cose, o è impazzito o ci crede. Lothar lancia il pallone verso di me… e da qui in poi posso raccontarlo solo perché l’ho rivisto in tv. In quel momento ero da un’altra parte. La palla rimbalza a terra, si rialza e la prendo in faccia. Nove volte su dieci sarebbe schizzata chissà dove, ma in quel momento va esattamente dove dovrebbe andare, davanti a me. Rimbalza di nuovo e mi arriva sulla pancia…e anche stavolta va avanti. Intorno a me, la Germania Ovest sta crollando, in tutti i sensi: il primo a non capirci nulla è Beckenbauer che rallenta e si ferma. Una volta che ho la palla tra i piedi finalmente capisco cosa fare: fingo il tiro di destro… e faccio crollare Breitner. Ancora un ultimo passo in avanti e cadono gli ultimi due, Meier e Vogts. La porta è libera, tiro. Il resto lo sapete meglio di me: la festa coi compagni e gli ultimi tredici minuti di partita che volano via, con Beckenbauer che ripete in continuazione ai suoi compagni: «Non è successo niente…». Non era vero, era successo tutto. Il suo mondiale la DDR l’ha vinto quella sera, al 77° minuto. Di quello che è successo nei giorni successivi non si ricorda nessuno… forse perché il Mondiale, quello vero, alla fine l’ha vinto la Germania Ovest. Non credete ai giornalisti quando scrivono che io e i miei compagni siamo stati ricoperti d’oro per aver vinto quella partita: non ci sono state macchine di lusso né nuovi appartamenti per nessuno di noi. Abbiamo solo ricevuto quello che ci spettava e che era già stato deciso prima del mondiale: 2.500 marchi a testa in caso di passaggio al secondo turno. E così è stato. Eravamo figli di operai alla partenza e siamo ritornati che eravamo eroi figli di operai, sempre quelli siamo rimasti. Per alcuni anni sono diventato addirittura un modo di dire: il mio gol contava così tanto per la gente che, quando non si vedevano da un po’ di tempo, si domandavano: “Tu dov’eri quando segnò Sparwasser?”. Io da solo rappresentavo una squadra, ma non avrei vinto senza i miei compagni. Lasciatemi essere socialista almeno una volta, li voglio nominare tutti perché il mio nome forse lo leggerete ancora, ma i loro mai più: Jürgen Croy, Bernd Bransch, Gerd Kische, Konrad Weise, Siegmar Wätzlich, Reinhard Lauck, Harald Irmscher, Lothar Kurbjuweit, Hans-Jürgen Kreische, Martin Hoffmann e poi io. Chi l’ha detto che i gol che passano la storia sono solo quelli belli? Ci sono anche quelli fatti per caso, segnati perché tutto quello che deve andare bene, semplicemente, va bene… Non siamo tutti Van Basten o Maradona, qualche volta i gol memorabili li segnano anche i somari con gli scarpini da calcio.

Jürgen Sparwasser

Jürgen Sparwasser, nato a Halberstadt (Sassonia-Anhalt) il 4 Giugno 1948 è stato mezzala del Madgeburgo (dal 1965 al 1979) e della Nazionale della Germania Est (1969 – 1977). Durante la sua carriera ha vinto 3 campionati della DDR, 4 DDR Pokal e una Coppa delle Coppe. In Nazionale ha vinto un Bronzo Olimpico alle Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972. Dopo aver lasciato il calcio giocato nel 1979 diventa allenatore e per tre volte gli viene imposto di diventare allenatore della sua ex squadra. Rifiuta in tutti e tre i casi, diventando così persona poco gradita al SED (il partito socialista unificato della Germania Est). Nel 1988, approfittando di un permesso di viaggio concessogli per una partita tra vecchie glorie, scappa in Germania Ovest con tutta la sua famiglia. La fuga dell’eroe simbolo dei Mondiali del 1974 sconvolge l’intera DDR. Oggi vive a Francoforte sul Meno e si occupa della direzione di una scuola di calcio giovanile.

(Le parole e i pensieri attribuiti a Jürgen Sparwasser sono una mia libera interpretazione. I dati sono però certi e i fatti realmente accaduti)

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Immagine di copertina: © Youtube

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