«Io, papà del trevigiano, fiero di mia figlia a Berlino. Ad ogni visita: Prosecco e Pan di stelle»
Nereo ha saputo lasciarla andare
«Sapevo da anni che Margherita sarebbe prima o poi partita per l’Italia. È successo davvero nel 2010, destinazione Potsdam, accanto a Berlino. Aveva ottenuto una borsa di studio di sei mesi per un Master, l’equivalente della nostra specialistica in Relazioni Internazionali condiviso tra l’università di Potsdam, la Freie Universität e la Humboldt Universität. Alla fine dei sei mesi, ha chiesto il rinnovo della borsa per altri 6 mesi e nel frattempo si è trasferita a Berlino. Da allora però non ha più lasciato la capitale tedesca». A parlare così è Nereo De Benetti, pensionato ex insegnante di lingue nonché papà di Margherita, 29 anni, che dopo una laurea triennale in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani all’Università di Padova. è riuscita a proseguire i suoi studi in Germania grazie ad un’alta mia media dei voti e “un po’ per fortuna”. Guardare un figlio crescere a distanza non è mai facile, ma ascoltando Nereo sembra che non ci sia neanche un filo di malinconia dietro all’attuale situazione».
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8 anni di Treviso – Berlino (al telefono, via Skype, con visite e tanto amore)
«Oggi Margherita lavora in asilo italo-tedeschi, come educatrice per bambini da 0 a 6 anni. Si occupa anche di aspetti burocratici e cura i contatti con l’ambasciata italiana a Berlino per vari progetti pedagogici. Aiuta inoltre i genitori italiani ad orientarsi nella burocrazia tedesca come le iscrizioni dei figli a scuola. Dopo 8 anni di Berlino ha trovato la sua dimensione. All’epoca del suo trasferimento vissi il tutto come una pura e semplice trasferta che doveva fare per una terra vicina ed amica. Del resto si era trasferita per studiare. Ero soddisfatto nel vederla realizzare un suo progetto che – lo sapevo – l’avrebbe portata via. Ancora una volta. Fu grande emozione invece , nella mia prima visita presso la prestigiosa sede universitaria tedesca, dove studiava per la Specialistica. Stava al posto in cui avrei voluto trovarmi io, 40 anni prima, quando studiai sia in Inghilterra che in Germania, ma non a Berlino. Ricordo bene l’ombra fresca degli alberi del giardino attorno alle storiche aule, dove l’aspettavo».
A distanza alcuni sentimenti si fanno ancora più forti
«Nel 2009, a ventuno anni, Margherita aveva compiuto quello che posso considerare il ‘battesimo’ del viaggiatore. Un”Ostrega”Tour”, insieme ad un gruppo locale di intrepidi vagabondi giramondo sulle orme di Marco Polo e la via della Seta con partenza da Venezia e arrivo a Pechino. Già in quel mese potei elaborare una personale serie di sentimenti nei suoi confronti che già prima provavo, ma non con questa intensità, dalla voglia di protezione, alla preoccupazione per la sua salute e la sua salvaguardia personale».
L’importanza di viaggiare e scoprire
«L’aria che Margherita ha sempre respirato in casa è stata del tipo: “Armiamoci e partiamo: la cosa migliore da fare!”. Andiamo a vedere, scoprire, confrontarci, metterci alla prova, diventare più esperti e quindi più forti. Partiamo presto, prima che sia troppo tardi, prima che passi l’entusiasmo e la voglia di fare e di essere là , dove sono gli altri. Partiamo certo con una buona pianificazione del percorso da fare, senza mai nasconderci le difficoltà che dovremo necessariamente incontrare. E superare. Non possiamo stare immobili o essere troppo lenti e neppure impreparati quando tutto va veloce, i cambiamenti si susseguono ai cambiamenti, la facilità di spostamento, il travaso di esperienze e di conoscenze anche digitali, la necessità di saperne di più, ogni giorno, ci incalzano ad andare».
«Se c’è fiducia il distacco è meno difficile»
«Più che essere in pena per lei che si allontanava da casa per un lungo tempo, che avrebbe dovuto cavarsela da sola in ogni circostanza, ci ha autorizzato a responsabilizzarla pienamente, dandole la massima fiducia. E anche la sicurezza che, in ogni caso e per ogni evenienza, avrebbe potuto contare su di noi. Non è stato difficile dunque il distacco, che chiamerei piuttosto accompagnamento all’uscita dalla famiglia. Avevamo già sperimentato che, in realtà, le opportunità per realizzare quello che uno ha in animo di fare, vanno ricercate, costruite, elaborate, gestite in prima persona».
Partire, tornare e ripartire per ritrovarsi
«Si torna e si riparte alle feste comandate, per festeggiare i compleanni in famiglia, per spezzoni di ferie. E quando si riparte, ampi pezzi di Italia ‘da mangiare e da bere’ partono con lei. Il Prosecco e il Pan di Stelle, in particolare. E poi ci sono le nostre frequenti visite a Berlino, dove ci si è aperto un mondo (un altro) splendido, che non conoscevamo. Cultura e arte, architettura e storia sommersa, anche la più recente e dolorosa di questa martoriata città, così globalizzata e aperta, funzionale e produttiva».
Generazioni a confronto
«L’Italia sta disperdendo una consistente parte delle sue risorse giovani migliori e preparate – a sue spese, tra l’altro – senza che nessuna parte politica si renda conto davvero del danno enorme in termini economici, di coesione sociale e strutturale che stanno avvenendo. Personalmente ritengo di aver fatto il necessario per i figli: Margherita ha un fratello, anche lui vive e lavora all’estero, a Helsinki in Finlandia. A livello generazionale però ritengo che non abbiamo operato abbastanza nell’indirizzare i nostri giovani all’ auto consapevolezza, all’autonomia, allo spirito di sacrificio, al gusto dei risultati personali guadagnati grazie ai propri meriti e talenti. E da una visione anche utopistica del futuro. Li abbiamo spinti nell’arena, impreparati e insicuri per i tempi nuovi e tumultuosi. In più, il male pesante che grava da sempre nella società italiana e che va sotto il nome di “familismo”, si è presentato per quello che è: un limite culturale e un vincolo pesante per affrontare le sfide del terzo millennio».
Italia, chi emigra, chi immigra
«Ho dedicato una quindicina di anni di carriera all’insegnamento della lingua italiana agli immigrati per conto del Ministero dell’Istruzione. Conosco molto bene la complicata questione in molti aspetti, anche funzionali e di sistema. Che non va. Posso dire che non ci siamo, né sul piano della governabilità dei fenomeni migratori, né su quello della percezione sociale, né tanto meno nella pre-visione politica che sarebbe necessario mettere in atto. In estrema sintesi, la mia stima va tutta, in questo momento al presidente dell’INPS, esimio economista Tito Boeri il quale, citando dei secchi dati economici, ha mandato a dire che c’è un elemento strutturale ormai irrinunciabile per l’Italia e gli italiani: il lavoro fornito dagli immigrati stranieri è diventato fondamentale. Globalizzazione estrema ormai vuole che i lavoratori siano in perpetuo movimento, pure caotico spesso, accelerato ultimamente sempre alla ricerca della propria legittima affermazione personale. Non può essere che così. Guai ai Governi (e ai governati) che non vogliano (non siano in grado di?) capire il cambiamento epocale in atto». Ne va del futuro dei nostri figli.
Leggi anche: “A chi si permette di dire che noi giovani che andiamo a vivere all’estero siamo dei vigliacchi dedico questa foto”.
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Foto copertina: © Margherita De Benedetti.