“Io, italo tedesca che suono al Berghain, ma che non ho amato subito Berlino”
C’è chi l’associa a PJ Harvey e Lydia Lunch, la speranza è quella, ma è indubbio che Sirens, l’album di debutto di Laura Carbone sia qualcosa che rimane nelle teste di chi l’ascolta anche per la prima volta. Certo siamo all’inizio, ma c’è di che essere ottimisti. Non solo la critica, ma anche il pubblico (come dimostra il successo della campagna di crowfunding per realizzare l’album) lo dimostrano. Del resto, nonostante la sua carriera solista sia appena iniziata, il suo nome non è inedito all’ambiente discografico.
Laura è infatti stata anche la cantante dei Deine Jugend, interessantissimo duo electro-funk dal 2008 sulla scena tedesca. Basta ascoltare la sua bellissima voce, profonda, carica di vibrazioni anche su un semplice giro di basso (ascoltatevi Heavy Heavy per rendervene conto) per rendersi conto che è difficile distrarsi quando canta. La prossima occasione sarà il 29 aprile al Berghain Kantine. Noi la incontriamo due giorni prima a Prenzlauer Berg, nell’ufficio della sua agenzia. Impossibile non cominciare a chiederle di quel nome italiano, soprattutto perché lei l’italiano non lo parla. È solo un nome d’arte quindi? “Assolutamente no. “Mio padre è siciliano e venne a vivere in Germania da ragazzo quando conobbe mia madre e decise di stabilirsi qua. Io poi sono nata in Germania, in un paesino molto piccolo vicino a Mannheim con 500 abitanti, 200 mucche e 20 pecore… L’Italia rimane però un posto che continuo a visitare molto spesso. Vado volentieri a trovare la famiglia in Sicilia dove, a quanto pare, ogni persona che incontro è un cugino di mio padre!”.
“Sirens”. “E’ un album a cui ho lavorato per gli ultimi tre anni e per questo è caratterizzato da una grande varietà nella composizione. Il mio obiettivo era sempre stato quello di fare della musica che richiamasse le colonne sonore di “Clueless” e del suo mondo fatto di college americani, animati da reginette e da “sfigati”. In un qualche modo, però, la mia vena creativa penso abbia trasformato il tutto in una direzione molto più dark, che poi mi ha fatto guadagnare gli appellativi di “goth pop”, “new wave”, introducendo anche una buona parte di elettronica nel processo compositivo”.
Gli inizi. “Non avevo mai pensato seriamente di fare musica, fino a quando cominciai a scrivere pezzi con il mio precedente compagno di band Tim Bonensis nei Deine Jugend. Allora realizzai quanto davvero ero attratta da questo mondo. Ma non fu una cosa a cui lavorai a lungo o con particolari difficoltà, fu tutto molto naturale, così come la mia attitudine per il canto, era semplicemente qualcosa che mi sentivo di fare”.
Grandi etichette discografiche? Non ora. “Anche con la mia vecchia band abbiamo sempre cercato di fare tutto nel modo più autonomo possibile e ora che ho intrapreso il mio progetto solista sento la necessità più che mai di avere il controllo sulla mia musica, senza dover scendere a compromessi con un produttore. Amo quello che faccio e per me la mia musica è come un bimbo che sto cullando e curando affinchè diventi grande. Un contratto con una grande etichetta discografica? Non in questa importante fase di crescita in cui preferisco sapere che la mia musica sta crescendo esattamente come piace a me e non come piace a qualcun altro”.
Berlino. “Devo dire che i miei primi ricordi di Berlino non sono affatto positivi, i concerti che abbiamo dato con Deine Jugend andarono molto bene, ma non mi riuscivo ad abituare a questa sensazione da capitale europea, in cui tutti sono in “guestlist”, tutti sono importanti o cercano di diventarlo. Per una ragazza come me proveniente da un piccolo paesino della campagna tedesca questo era totalmente estraneo e anche eccessivo, diverso dall’ambiente sobrio e tranquillo a cui ero abituata. Fu solo in un secondo momento che cominciai ad apprezzare la vera bellezza di Berlino, la sua varietà e la tolleranza che si respira nell’aria. Ma mi ci volle un po’ di tempo.”
“Tieni gli occhi aperti”. “Nel fare musica arriva sempre il momento in cui devi fare i conti con il problema di portare la tua arte ad un livello di distribuzione e commercializzazione più alto e per questo si ha bisogno spesso di entrare in collaborazione con dei finanziatori, come possono essere le grandi etichette discografiche, che finiscono molte volte per portare a sviarti da quella che era la tua idea di partenza. Ultimamente ho notato con piacere che molti musicisti hanno cominciato a contare molto di più su un tipo di produzione indipendente, grazie anche al fenomeno del “crowdfunding”, o finanziamento collettivo, ed è a tal merito che tengo a sottolineare quanto sia importante questa tendenza e quanto sia fondamentale che ognuno, intenzionato a perseguire la strada della musica, senza dover rinunciare al successo, si impegni nel realizzarlo in modo consapevole, indipendente e potendo aver gli occhi sempre ben aperti su quello che viene fatto con la propria arte”.
L’Italia vista dalla Germania. “Quando suonavo ancora con la mia band Deine Jugend ho avuto la possibiltà di conoscere l’Italia anche da un punto di vista professionale e i concerti che abbiamo dato a Milano furono delle esperienze meravigliose che ancora adesso mi spingono a considerare sempre la possibilità di suonare anche al di fuori della Germania, per riuscire ad allargare la mia visione, per entrare in contatto con un pubblico diverso ogni volta. Inoltre in Italia ho girato anche il video per la mia canzone “Stigmatized”. Vicino a Como siamo riusciti a raggiungere in macchina dei posti incantevoli che hanno contribuito al successo di questo video. Non vedo l’ora di tornarci. Magari però senza pensare al lavoro!”.
Prossimi concerti di Laura Carbone:
29 Aprile al Beghain Kantine – Berlino
22 e 25 maggio al Wave GotiK Treffen – Lipsia
sito: http://www.lauracarbone.com/
Photo: esclusiva © Cesare Zomparelli per Berlino Cacio e Pepe Magazine