Intorno all’aeroporto di Berlino si pagano meno tasse che a Berlino: boom di trasferimenti di aziende
Il caso dei piccoli paradisi fiscali sparsi per tutta la Germania
Un’inchiesta dell’emittente tedesca Taz ha delineato un quadro abbastanza inquietante sulla situazione a Schönefeld, località sede dell’aeroporto di Berlino. Ciò che emerge da questa inchiesta è un numero spropositato di aziende che nella località del Brandeburgo hanno la sede legale ma i cui uffici sono quasi sempre deserti. Ma tutto ciò com’è possibile?
Pillole di politica fiscale: i paradisi fiscali
L’inchiesta condotta da Taz, per inquadrare in maniera chiara la situazione, porta ad esempio il Lindenpassage, centro commerciale dove hanno la sede legale più di 35 aziende internazionali. Tuttavia al numero elevato di cassette della posta non corrisponde un elevato traffico di dipendenti e di lavoratori, se si considera che gli uffici sono quasi sempre vuoti e le luci spesso spente.
Questa ambiguità dipende da una prassi che è molto consolidata in altri paesi, ossia quella dei paradisi fiscali. Che s’intende? Per paradiso fiscale si intende una località dove la legislazione fiscale, e dunque la legislazione che stabilisce la portata del gettito fiscale, è particolarmente tiepida. Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che molto spesso questa legislazione viene adottata da paesi piccoli o sperduti con il preciso intento di risultare attraente per le grandi aziende straniere e dunque favorire l’afflusso di capitali dall’estero. Esempi di paradisi fiscali sono da sempre le Antille del centro-America (Bahamas, Panama ecc.).
Pillole di politica fiscale; i regimi fiscali progressivi
In Germania la situazione è naturalmente diversa. La Germania infatti, in quanto paese storicamente ad alta industrializzazione, non è un paese che necessita di grandi afflussi di capitali dall’estero. Inoltre, essendo la Germania un paese dell’Europa occidentale e, in quanto tale, sottoposto alla forte pressione delle istanze progressiste dell’opinione pubblica, il regime fiscale vigente in Germania è un regime progressivo, dove cioè l’aliquota fiscale (con cui s’intende la percentuale del reddito totale che la persona fisica/azienda deve versare nelle casse dello Stato) cresce all’aumentare del reddito. Dunque i cittadini che hanno un reddito alto pagano le tasse in misura maggiore rispetto a quelli con reddito basso.
Il regime fiscale progressivo è una caratteristica propria di quelle società avanzate che, a un importante progresso economico ed industriale, hanno accompagnato una notevole attenzione alle tematiche sociali. Il combinato tra diritti economici e diritti sociali caratterizza quel sistema sociale noto come Welfare State, che si è instaurato a partire dal secondo dopoguerra in quasi tutti i paesi europei occidentali. Molti storici concordano nel riconoscere che sia stato proprio questo sistema sociale ad aver garantito alle economie europee, distrutte dalla guerra, una formidabile ripresa.
Il regime fiscale progressivo è l’ingranaggio fondamentale della macchina statale del Welfare State. Esso consente allo Stato di raccogliere quella quota di entrate fiscali necessaria per finanziare una serie di prestazioni sociali (sussidi, rimborsi ecc.) che permettano di appiattire le disuguaglianze insite nella società capitalista.
Il federalismo in Germania
In base a ciò che abbiamo detto nel precedente paragrafo, la notizia delle aziende con la sede legale a Schönefeld sembra essere stridente. Tuttavia non lo è. Per comprendere ancora meglio il contesto di questa notizia, è necessario partire da un presupposto: la Germania è un paese federale, in cui cioè la sovranità e la potestà legislativa non sono affidate esclusivamente al governo centrale ma in cui anche le singole entità locali (i Länder) hanno un certo margine di decisione e di sovranità.
Il federalismo viene solitamente adottato in quei territori in cui la nascita dello Stato unitario è avvenuta relativamente tardi e laddove vi era una forte tendenza alla frammentazione della sovranità. La Germania è da questo punto di vista un caso paradigmatico, se si pensa che l’unificazione tedesca è avvenuta solo nel 1871, sotto la decisa spinta di Bismarck, e che prima di Bismarck quello che corrisponde all’attuale territorio tedesco era un insieme di statarelli. Dunque il federalismo viene adottato dalle autorità centrali per venire incontro a quelle territorialità restie a delegare interamente la propria sovranità allo Stato centrale.
In sintesi è possibile affermare che il federalismo rappresenti una forma di compromesso. E come ogni compromesso, ha delle luci e delle ombre. La politica fiscale rappresenta probabilmente l’aspetto più spinoso del federalismo. Come abbiamo visto anche in Italia con l’ascesa della Lega Nord a inizio anni ’90, la spinta verso le istanze federaliste proviene da forze politiche locali con il dichiarato obiettivo di contribuire nella maniera minore possibile al gettito fiscale dello Stato. Spesso sono dunque ragioni puramente egoistiche quelle che muovono le autorità locali a rivendicare una maggiore autonomia in alcune materie.
La legislazione fiscale tedesca; una perfetta rappresentazione delle contraddizioni del federalismo
Il fatto che tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio vi fosse in tutta Europa una notevole spinta al federalismo e dunque alla spartizione delle ‘competenze’ è la causa della frammentazione della politica fiscale tra le varie entità.
In Germania questa frammentazione è particolarmente evidente per quanto riguarda la tassazione sulle società commerciali. Una particolarità del federalismo fiscale tedesco è che le competenze in materia non vengono devolute ai singoli Länder, alle entità federate, ma bensì ai comuni. Dunque vi è stata un’ulteriore frammentazione.
Un’inchiesta pubblicata da alcuni media tedeschi (NDR, WDR e Süddeutsche Zeitung) nel gennaio 2022 ha evidenziato un’incredibile stortura del meccanismo fiscale tedesco. Essi infatti, osservando come in un piccolo comune bavarese alle porte di Monaco ci fosse una particolare concentrazione di aziende con la sede lì, si sono insospettiti e, indagando, hanno scoperto che quel comune aveva una tassazione commerciale estremamente bassa. Per cui le aziende che stabilivano lì la loro sede legale, senza dover nemmeno stabilire lì uffici e dipendenti, pagavano circa la metà delle tasse che avrebbero pagato a Monaco.
Ma quel che più di incredibile hanno scoperto i giornalisti, è che quello di Grünwald non era un caso isolato. L’inchiesta ha infatti messo in evidenza che era prassi consolidata che i piccoli comuni adottassero un’aliquota commerciale molto bassa proprio per venire incontro alle imprese. In sostanza dall’indagine emerge come questa tendenza dei comuni tedeschi ad essere piccoli paradisi fiscali fosse ramificata in tutta la Germania. Altri esempi di paradisi fiscali sono Ingleheim am Rhein, Monhem am Rhein, vicino Dusseldorf, Lutzen vicino a Lipsia, Zossen e Schönefeld vicino a Berlino.
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