“Amo Berlino, ma ora vivo in Sicilia”. Intervista esclusiva a Erlend Øye dei Kings of Convenience

“Berlino? Splendida, soprattutto d’estate. CI ho vissuto tra il 2002 e il 2006. Adoravo uscire in bicicletta, attraversare Mitte e raggiungere Prenzlauer Berg con tutta la calma del mondo per poi tornare a casa alle prime luci dell’alba, potendo scegliere ogni volta una strada diversa. Potevo optare fra decine di percorsi per tornare nello stesso punto, e questo riusciva sempre a farmi sentire in pace con me stesso. Stesso discorso con le metropolitane. Le linee sono talmente tante e ben dislocate che ogni mattina puoi scegliere un tragitto diverso per andare al lavoro senza correre il rischio di annoiarti. Personalmente, faccio in modo che ogni mio giorno sia diverso dal precedente. Qui si può essere creativi nel quotidiano. Non sono un tipo che ama l’inattività e Berlino mi ha sempre messo voglia di fare. Ecco in cosa consiste la magia di questa città. Non rimpiango il fatto di essermene andato, ma comunque continuo ad amarla”.

Molti di voi ricorderanno Erlend Øye, il membro smilzo e occhialuto dei Kings of Convenience. Ha vissuto in Norvegia, in Inghilterra, a Berlino e, da due anni, in un posto in cui è difficile trovare artisti internazionali ma dove ci fa più che piacere che ciò accada: la Sicilia, Siracusa per la precisione, dove ha anche comprato una casa. Il trasferimento, però, non ha coinciso con una pausa artistica. È vero, sono passati cinque anni da Declaration of Dependence, l’ultimo album del duo norvegese, ma Erlend non è rimasto certo con le mani in mano. Le collaborazioni e le produzioni internazionali (già numerose) si sono moltiplicate e la scoperta entusiasta del repertorio melodico italiano degli anni Sessanta lo ha spinto a cimentarsi in una deliziosa prova di stile, ovvero la registrazione, l’anno scorso, di La Prima Estate, un singolo cantato interamente in italiano e accompagnato da un coloratissimo videoclip girato nella zona di Siracusa.

Incontriamo Erlend a Berlino, dove è tornato momentaneamente per occuparsi degli ultimi dettagli organizzativi relativi alla parte grafica e promozionale del suo nuovo album, Legao, che uscirà il 3 Ottobre 2014 (questo il singolo di lancio del disco). “È un album magico inciso con gli Hjálmar, una band reggae islandese con cui si è instaurato un ottimo feeling. Sono riuscito a creare un’intesa perfetta con una band eccezionale. Ogni mattina ci davamo appuntamento in studio di incisione, a Reykjavík, e puntualmente mi presentavo con un nuovo pezzo. Loro lo imparavano in poche ore e il giorno stesso lo registravamo. E questo per me ha un valore incommensurabile, perché è così che la musica andrebbe incisa. Osando con incoscienza, come dei bambini che non hanno l’esatta cognizione delle loro azioni” ci racconta sprofondato comodamente su un divano in pelle della bellissima Pauly Saal di Auguststraße, con aria affabile e calma serafica. Erlend ci rivela la sua predilezione per i cambiamenti di rotta, i sapori ben calibrati, la convivialità e il valore irrinunciabile della contaminazione, nella musica come nella vita.

Cosa ti ha spinto allora a lasciare Berlino e, dopo una pausa in Norvegia, a trasferirti in Sicilia?

Tra i vari motivi, il fumo più di altri. All’epoca in Norvegia era stata appena approvata un’importante legge anti-fumo nei locali pubblici. Non sono mai stato un fumatore e a Berlino la situazione era davvero insostenibile! Sembrava che la gente si trasferisse a Berlino dal resto della Germania solo per fumare nei bar, ero arrivato ormai al limite della sopportazione. Negli ultimi tempi non frequentavo nemmeno più i club, e nel 2006 i club erano tutto ciò che Berlino aveva da offrire. In Norvegia mi sono scontrato però con un grosso ostacolo: incontrare un amico o mangiare in compagnia, in Nord Europa, prevede una lunga fase organizzativa. È difficilissimo, perché in Norvegia si mangia velocemente e a qualunque ora del giorno, ma soprattutto la gente non ha voglia di sprecare energie per cucinare e godersi un buon pasto. Come molti sanno, nella cultura scandinava il pranzo e la cena non sono i due pilastri della giornata. Allora ho deciso di spostarmi un’altra volta, convinto che da ogni posto nuovo ci sia qualcosa da imparare. Ecco quindi la Sicilia.

Vivere in Sicilia significa avere contatto quotidiano con una cultura culinaria eccezionale…

Mi piace mangiare, e ormai me la cavo discretamente anche ai fornelli. Adoro la spigola in crosta di sale cotta al forno, il mio piatto di pesce preferito. Poi la caponata e la pasta alla norma, preparata rigorosamente con melanzane siciliane. Non sono molto bravo a cucinare le melanzane, ma sto migliorando. Ah, dimenticavo la pasta alla gricia, con tanto pecorino e pancetta croccante.

A Berlino la tipologia dei ristoranti è senza dubbio diversa…

Si, ma c’è varietà. Un luogo che mi sento di consigliare è der Goldene Hahn a Kreuzberg, in Pücklerstraße, il migliore ristorante italiano che conosca a Berlino. Però mi piace sperimentare e accetto volentieri suggerimenti in fatto di cibo, specie se a darmeli è un italiano. Qualche giorno fa sono stato in Puglia, a Polignano a Mare, dove ho mangiato gli spaghetti alle vongole più buoni di tutta la mia vita. Poi ho raggiunto degli amici in Salento, e a Galatone mi è stato consigliato un piatto davvero superlativo: cicorelle con salsiccia e pomodoro. Il sapore della salsiccia bilancia alla perfezione l’amaro della cicoria creando un connubio divino. Sono rimasto senza fiato, la cucina del Sud Italia è senza dubbio fra le migliori al mondo.

Perché Berlino è ancora tanto stimolante per i giovani musicisti e per gli artisti in genere?

Quando vivi qui riesci a ritagliarti tanto tempo libero. Sei lontano dal tuo paese d’origine, puoi permetterti un appartamento più grande, ragionevolmente più economico e la città ti lascia in pace, se lo vuoi. Questo non può che stimolare la creatività. Ognuno porta dentro di sé la scintilla dell’ispirazione, magari per anni, ma a Berlino riesce finalmente a tirarla fuori, a farla emergere. Quando sono andato via, nel 2006, Berlino era molto diversa: diversamente da ora, i grossi studi di registrazione erano pochi. La città oggi ha maggiori infrastrutture da offrire ai professionisti della creatività e in questa direzione ha fatto passi da gigante.

Perché proprio la Sicilia?

Ci sono stato per la prima volta nel 2008 con mia madre, ed è bastato un solo giorno per conoscere tantissime persone speciali. Prime fra tutte Lucia [a cui è dedicato il suo singolo in italiano, N.d.R.], il fratello Andrea e il cugino Sergio, che sono diventati i miei tre migliori amici a Siracusa. Poi ci sono tornato nell’agosto del 2010, quindi nel pieno dell’estate, ed è stato allora che me ne sono perdutamente innamorato. Perché non è facile trovare una città in cui il patrimonio artistico si mescoli così bene al paesaggio incontaminato, basti pensare alle bellezze di Ortigia e all’oasi naturale della Pillirina, poco distante. Ogni giorno ci spostavamo su una spiaggia diversa con la costante di un mare mozzafiato sullo sfondo. È stata una vacanza meravigliosa.

Qual è il tuo rapporto con la nostra lingua? La Prima Estate, il singolo uscito nel 2013, è un pezzo scritto interamente in italiano. Ti ha aiutato qualcuno nella stesura?

Certo, mi hanno aiutato ben dieci persone. Quell’estate portavo sempre la chitarra alle feste e chiedevo di volta in volta quale fosse la forma migliore per esprimere un pensiero che mi frullava in testa. Sono stati in molti ad aiutarmi e si è sempre trattato di amici, non di musicisti. Non è necessario un musicista per scrivere il testo di un brano, a volte è meglio affidarsi alla spontaneità di persone ordinarie. Perché tutti, potenzialmente, hanno il talento per scrivere una canzone.

A quale artista ti sei ispirato? So che sei un grande appassionato di musica italiana degli anni Sessanta.

In realtà a molti, tant’è che il singolo è un amalgama di melodie diverse. Ce ne sarebbero tanti da citare, ma la mia grande ammirazione va a Mina, Gino Paoli e I Giganti, che ho letteralmente riscoperto durante il mio soggiorno in Italia. Ho realizzato anche un riarrangiamento di E la chiamano estate, un brano del 1965 di Bruno Martino al quale tengo moltissimo.

Segui la politica italiana? Hai notato cambiamenti di qualsiasi tipo dall’elezione di Renzi?

Elezione? Auto-elezione, vorrai dire! No, chiaramente servirà molto tempo per vedere gli effetti concreti delle nuove politiche attuate. Quest’atteggiamento di impazienza mi sorprende sempre, ma ho capito che è tipico di voi italiani. Tre mesi dopo l’insediamento di Garozzo – il sindaco di Siracusa – sentivo già commenti delusi sulla nuova amministrazione cittadina. I siracusani si lamentavano che non stesse facendo niente di concreto per il territorio – “Non succede nulla”, dicevano. Ovvio che non succede nulla, tre mesi sono troppo pochi! Insomma, solo per decidere il colore dei caratteri sulla copertina del mio nuovo disco ci abbiamo messo una settimana. I cambiamenti richiedono tempo e possono essere valutati solo sul lungo periodo. Forse fra cinque anni potremo giudicare l’operato di Renzi, ma una cosa è certa: peggio di così le cose non possono andare. Per anni ci sono stati criminali al governo che hanno eluso le loro responsabilità, ed è per questo che il paese è ridotto sul lastrico. Personalmente preferisco Renzi a Berlusconi o a Bersani; e se c’è un fatto che ho notato è che per governare, in Italia, bisogna essere d’ispirazione alla gente comune. Nel vostro paese un leader ottiene il supporto popolare solo se è un buon comunicatore e si presenta agli elettori come una rockstar, uno showman. La cosa triste è che ho tantissimi amici che vorrebbero trasferirsi in Italia, aprire un’azienda e investire denaro nelle sue risorse, ma è tutto troppo complicato. Andiamo, chi non preferirebbe gestire un’attività e vivere in Italia, piuttosto che in Germania? Conosco tanti che lo farebbero per aiutare l’economia italiana, ma lo Stato rende tutto troppo difficile.

La burocrazia non aiuta…

Per niente, ma soprattutto ho notato che, se conosci “qualcuno”, le pratiche si velocizzano magicamente. Se invece fai tutto seguendo le regole, possono volerci anni. La solita vecchia storia. Nel resto d’Europa – quando investi il 200% delle tue energie – quasi certamente il risultato sarà superiore, magari equivalente, ma non ci andrai mai a perdere. Esiste una meritocrazia: se lavori sodo, vieni gratificato. In Italia, invece, non sai mai come andrà a finire. Puoi darci dentro per cinque anni, mettere a monte tutte le risorse a tua disposizione per poi ritrovarti tristemente al punto di partenza. Grazie al cielo non sono andato in Italia a far carriera, non è mai stata questa la mia intenzione. Ho fatto questa scelta solo per prendere ispirazione dal vostro splendido paese, condurre uno stile di vita più semplice e godere della compagnia di persone straordinarie. Oggi sono qui, domani chi lo sa?

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