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Inside WikiLeaks – Il Quinto Potere: il film su Julian Assange esce in Germania

 
di Elisa Cuter
Inside WikiLeaks – Il Quinto Potere, film di Bill Condon ispirato al libro omonimo di Daniel Domscheit-Berg, ex collaboratore di Julian Assange, è un film molto facile da stroncare, offrendo un esempio di film che, come già fu rimproverato a Der Baader Meinhof Complex (il cui rimando è offerto quantomeno dall’ambientazione principalmente berlinese e dalla presenza di Moritz Bleibtreu, protagonista del film di Uli Edel), nel parlare di delicate questioni politiche di attentati al potere costituito, si concentra sulla figura del “ribelle” in quanto tale, senza curarsi di quale sia la sua causa, né se questa causa abbia una ragione d’essere al di là della sua personale – e spesso infelice – biografia, o del pretesto cinematografico di motore della vicenda narrata.

Questo astenersi dal giudicare una lotta non ha ambizioni di presunta imparzialità documentaristica, ma soltanto quella di sfruttare una vicenda reale per offrire al pubblico un intrattenimento “basato su una storia vera”, una storia che “fa notizia”. Il film accusa il suo protagonista di fare proprio ciò che fa a sua volta, per creare un po’ di hype sperando forse di compensare in questo modo le carenze di un film che non funziona né come documento storico o come approfondimento critico sulla vicenda, né come film d’azione, appesantito da grafiche in sovraimpressione messe a caso e goffe citazioni di Matrix – espedienti che sperano di risultare accattivanti ma imbarazzano gli “smanettoni” e annoiano i non addetti ai lavori – e il ricorrere ossessivo a una sorta di iperuranio metaforico dove si svolge in parallelo la vicenda. A testimonianza del fatto che per il regista ciò che conta non è il contesto globale in cui l’ambizioso progetto di trasparenza di Wiki Leaks potrebbe o meno aver fatto la differenza, ma il rapporto tra Assange e il suo sottoposto in un gioco di protagonismi e rivalse. E la decontestualizzazione è la pecca più grande di questo film, che si perde, astraendo, e fa perdere il suo spettatore.

Non ha neanche senso cercare di comprendere l’immagine che esce dal film delle vicende giudiziarie, né tantomeno se vi sia una riflessione sul ruolo di internet nella battaglia per la democrazia e la sua trasparenza (i titoli, che illustrano una sommaria storia della stampa sembrano suggerire che non c’è nulla di nuovo nella tecnologia informatica: da Quarto Potere a Tutti gli uomini del presidente sappiamo che la trasmissione di informazioni ha contribuito a rafforzare o a mettere in ginocchio l’establishement, ma per Condon le due funzioni sembrano equivalenti) . Il film vuole essere una biografia non autorizzata di Assange negli anni in cui coinvolse Domscheit-Berg nel suo progetto, e basta concentrarsi su questo aspetto per bocciare il film: Assange ne esce in sostanza come un terrorista, con tutta l’eco controversa che questo implica. Arrivista, egocentrico, fanatico, pronto a sacrificare vite in nome di una visione, ma allo stesso tempo eroico, affascinante proprio in quanto spregiudicato, un modello da imitare – quello del pirata della rete, se non addirittura un brand – in senso letterale evocato dal Club Mate di cui Assange e soci fanno un uso smodato quasi quanto il regista del product placement. E come diceva Adorno non c’è modo più efficace per vanificare la portata eversiva di un atto rivoluzionario che renderlo una merce tra le altre, uno slogan, un bene di consumo da comprare, sacrificandolo e consacrandolo al capitale.

Non c’è contraddizione tra le due facce di Assange: il film lo condanna nel momento in cui lo esalta. Il suo individualismo estremo, la sua determinata volontà di perseguire il suo obiettivo senza apparenti remore morali, sono le sue colpe e allo stesso tempo i valori che la nostra società premia. La teoria qualunquista e pericolosa secondo la quale tutti i morti sono uguali e ugualmente vanno rispettati sembra avere, in questa storia in cui non ci sono morti -almeno per ora, anche se Bradley Manning, accusato di essere una delle gole profonde del sito, è stato condannato a trentacinque anni di reclusione dal governo statunitense-, il suo controcanto in quella secondo cui tutti i ribelli sono uguali, e ugualmente vanno condannati.

Inside WikiLeaks sarà dal 31 Ottobre nei cinema tedeschi, mentre già dal 24 Ottobre in quelli italiani