Il doc sulla stragi americane con i droni prodotto da Wenders porta la guerra alla Berlinale

La regista Sonia Kennebeck (Sex: Made in Germany) porta a Berlino il suo documentario sui droni da guerra americani aprendo al pubblico uno scenario davvero inquietante su come l’utilizzo degli stessi stia avendo un impatto molto più devastante di quanto si pensi, non solo per i civili coinvolti negli attacchi ma anche per gli stessi membri dei team che li comandano.

Fortemente voluto e prodotto da Wim Wenders, il documentario passa attraverso le esperienze di tre protagonisti coinvolti in modo diverso nella guerra coi droni e attraverso le testimonianze dei sopravvissuti ad alcuni di questi attacchi, il tutto supportato dalla splendida fotografia di Torsten Lapp che utilizza per l’appunto dei droni per le riprese dall’alto.

Heather a poco più di vent’anni si è arruolata nell’esercito ed è stata assegnata al programma dedicato ai droni, nel ruolo di “imagery analyst” che richiede di analizzare le immagini inviate dagli stessi droni e fornire le informazioni sui potenziali bersagli. Ogni giorno, per tutta la durata della sua ferma ha dovuto assistere alla morte di qualcuno in diretta (le immagini dei droni sono in tempo reale), più spesso di quanto creda con il coinvolgimento dei civili. La cosa l’ha distrutta psicologicamente, tanto da portarla sull’orlo del suicidio. L’ex soldatessa è stato il primo caso di PTSD (stress da disordine post traumatico) conclamato in un membro del programma americano coi droni, prognosi fino a quel momento riservata solo a chi aveva operato direttamente sul campo in prima linea.

Un drone da attacco
Un drone da attacco statunitense

Darrel ha lavorato come contractor (freelance in ambito militare) dell’intelligence americana (CIA, NSA) per cinque anni sempre all’interno del programma dei droni. Terminata la sua collaborazione ha deciso di parlare pubblicamente del programma stesso schierandosi contro di esso. Questo ha scatenato la reazione dell’FBI che l’ha messo sotto sorveglianza e ha cercato in tutti i modi di intimidirlo, nonostante questo Darrel continua la sua battaglia da attivista per fare in modo di ottenere maggior chiarezza e trasparenza sull’utilizzo dei droni. Tutt’ora rischia un’incriminazione per tradimento, il crimine peggiore che esista nella legislazione americana.

Lisa ha partecipato in maniera indiretta, come tecnico esperto di sorveglianza informatica ha dato un grosso contributo alla creazione del sistema su cui si basa l’utilizzo dei velivoli senza pilota. Conscia del pericoloso scenario che ha contribuito a creare ha deciso di partire per un viaggio in Afghanistan (uno dei paesi in cui i droni vengono più spesso utilizzati) e cercare in qualche modo una redenzione, incontrando le vittime civili degli attacchi.

Senza dubbio il momento più toccante del documentario è l’incontro con quel che resta di una famiglia colpita alcuni anni prima in un attacco che, riascoltando le registrazioni fu chiaramente improvvisato e deliberato. Ad essere colpito un convoglio di auto che nulla avevano di sospetto. Nell’attacco morirono oltre venti persone tra cui diverse donne e bambini, un errore per cui gli Usa si scusarono prontamente ma che non ha impedito il ripetersi di questi episodi.

Riprese di un drone, sulla base delle quali gli analisti devono decidere
Riprese di un drone, sulla base delle quali gli analisti devono decidere

La Kennebeck ha ricostruito i momenti dell’attacco, con tanto di registrazione e dialogo dei piloti. Agghiacciante il momento in cui le donne sopravvissute scendono dall’unica auto rimasta con i bambini tra le braccia mostrandoli verso l’alto in modo che il drone li veda e l’unico glaciale commento del pilota è “It’s weird” (è strano).

Stiamo parlando della concreta possibilità di uccidere una o più persone pigiando un tasto sulla base di analisi non sempre attendibili e informazioni che possono esserlo ancor meno. Il tutto senza dover dar conto di confini o sovranità nazionale.

L’utilizzo dei droni da attacco è stato pubblicizzato come l’apice delle azioni chirurgiche nei conflitti, ma l’idea di poter colpire solo i bersagli designati senza danni collaterali continua a essere un’utopia e un modo per indorare la pillola e rendere più accettabile il coinvolgimento del paese in una guerra reale

Sconcertante e al limite del fantascientifico ma reale, più reale di quanto non lo si creda.

Se volete approfondire la questione droni vi consigliamo il seguente articolo: The drone papers e The Skynet program