Dada Afrika: alla Berlinische Galerie l’affascinante mostra che relaziona il Dadaismo all’arte del resto del mondo

A un secolo di distanza – era il febbraio del 1916 –  da quell’incontro tra alcuni giovani artisti, letterati e teatranti al Cabaret Voltaire di Zurigo che diedero vita al Dadaismo, la Berlinische Galerie propone la mostra Dada Afrika. Dialog mit dem Fremdem (Dada Africa. Dialogo con lo straniero), un confronto fra quell’esperienza artistica e l’universo estetico di alcune popolazioni che nel consueto concetto eurocentrico, ormai antico ma sempre così attuale, definiamo superficialmente “indigene”.

Dada non vuol dire nulla o può voler dire tutto, è contraddizione, gioco, scherno, violenza verbale, interesse per lo sconosciuto. Concetto figlio degli sconvolgimenti europei della Prima guerra mondiale, andò contro l’estetica ottocentesca, negando a suo modo la stessa definizione di “corrente artistica”. Persino Tristan Tzara, presente in quel febbraio 1916  ne dà una traduzione alquanto eccentrica, ma che rende bene l’idea di ciò che è Dada: “Dio e il mio spazzolino sono Dada…”. L’Europa dell’epoca, soprattutto la Germania, non erano ancora pronte a tutto ciò, tant’è che quando nel 1937 fu inaugurata a Monaco di Baviera la famosa “Entartete Kunst”, la mostra dell’arte degenerata, affianco ad opere di dadaisti c’erano pure quelle degli amici della “Die Brucke”, del cubismo, dell’espressionismo e della Nuova Oggettività tedesca. Molte ebbero la fortuna di essere vendute all’asta in Svizzera, ma oltre 5000 furono arse al fuoco nel ’39 nella capitale tedesca.

 

La mostra della Berlinische Galerie. Il titolo dato all’esibizione (Dada Afrika), appare un po’ pretenzioso, ma è adatto ad attirare un numero più alto di visitatori grazie ad una semplificazione dei temi affrontati dalle diverse sale. All’interno, oltre ai pazzi “giochi” dadaisti e a lavori di origine africana, vi si trovano infatti anche alcune opere ed oggetti provenienti dall’Oceania, dal Nord e Sud America, dal Giappone, dalla Nuova Zelanda e dalla Papua Nuova Guinea. La discussione fra le opere presenti è quindi molto più complessa e affascinante di quanto il solo titolo possa farci pensare. Cominciamo con un suggerimento: all’ingresso prendete in pano i manualetti di presentazione mostra. Saranno utili per guidarvi tra le sei sale del percorso espositivo.  E’ vero che il primitivismo fu la scintilla che innescò già l’inventiva di uomini come Gauguin, Picasso e Braque in anni precedenti al Dada, ma qui si mostra non il risultato di un esperimento culturale ma il lungo percorso che artisti come Hans Arp, Marcel Janco e Raoul Hausmann hanno dovuto fare per arrivare a una tale considerazione del prodotto d’arte. Quindi vicino a sculture Dada ci troverete vere maschere africane, lavori di Karl Schmidt-Rottluff (che con il suo vigore espressionista e le sue pennellate sembra fare solchi nella tela), collage della già citata Hannah Höch affiancati dai corpi di snelle ballerine classiche alle possenti gambe di qualche danzatore proveniente dal centro Africa e tanto altro. Camminate fra le sale e andate a caccia delle opere descritte nel libricino come fossero Pokemon. L’allestimento non sempre è chiaro e semplice da seguire e si conclude con i lavori di George Grosz e il manifesto di ciò che significa fare Dada. Mani che volano in uno scenario irreale e che non appartengono a nessuno, scorci di una città vuota alla De Chirico , una donna, Maud (anagramma di Daum) compagna dell’artista, che nelle sue rotondità borghesi osserva George divenuto automa, simbolo di una nuova arte, fatta di macchine, sporca, rumorosa e non bella. In fondo come diceva un (mio) vecchio professore d’università descrivendo proprio questo quadro: “Il dadaismo non può essere spiegato o rinchiuso in una definizione, chi lo ha creato e lo ha portato alla luce era un gruppo di ragazzi come voi, poco più che ventenni, e voi lo sapete meglio di me che ormai sono vecchio, a volte fate quel c***o che vi pare senza alcuna spiegazione, e noi dobbiamo arrenderci senza provare a cercare una giusta interpretazione”.

Dada Afrika – Dialog mit dem Fremden

fino al 7 novembre 2016

presso la Berlinische Galerie

Alte Jakobstraße 124–128 10969 Berlin

aperta tutti i giorni tranne il martedì

orari 10-18

Biglietto 10 € (dà diritto alla visita anche alla collezione permanente e alle altre mostre temporanee)

ogni primo lunedì del mese 6 €

Sito

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