«Berlino? È come stare sulla Prenestina a Roma»

Quando in LocalEuropa: Musica valida per l’espatrio di Francesco Cordio, proiettato all’Italian Film Festival Berlin la sera di sabato 3 ottobre, documentario sul tour europeo di Max Gazzé, Nicolò Fabi e Daniele Silvestri sulle storie degli italiani espatriati, Max Gazzè dice di Berlino “Ci sono stato molte volte, è come stare sulla Prenestina” non so se tutti i non romani presenti abbiano colto la battuta, ma io, romana cresciuta sulla Prenestina, tra Centocelle e Pigneto passando per Tor Pignattara, ho riso di cuore.  Perché la Prenestina è il cuore popolare di Roma, la cosidetta “periferia storica” che non ha monumenti per farsi ricordare, ma solo le memorie della borgata di Pier Paolo Pasolini, o le scene della morte di Anna Magnani riprese in via Montecuccoli.

È la Roma borgatara prima e hipster poi, quella scontrosa e alla mano,  certo poco incline ad ogni affettazione, scorbutica ma gentile,  popolare e di recente gentrificazione, stranamente  diventata alla moda e ancora incredula. Salita poi alle cronache per movida, spaccio di droga, e presidi della polizia. Görlitzer Park è una scena ogni giorno già vista a via del Pigneto, non cambia neanche il mix di lingue e il colore della pelle; solo, devo ammettere, al Görlitzer c’è più verde: è un parco.

Una Roma di romani che sono figli di gente venuta da ogni luogo di Italia e non solo, che non hanno mai avuto radici ma solo un certo orgoglio della città a rimpiazzarle, un’ironia canzonatoria senza freni e un certo set comune di luoghi, di modi di dire e battute, che vivono in mezzo ai nuovi migranti, agli studenti e agli artisti, cui solo di recente si sono aggiunti i turisti, il che suscita sempre un certo scherno, qualcosa tra il pudore e la diffidenza, perché nessuno sa se dureranno o se porteranno qualcosa di buono o solo il rialzo dei costi immobiliari, giacché nessuno sa cosa vi vengano a cercare, ci si scortica un po’ le mani pregustando i prezzi da alzare e si fa ironia su quel trovare pittoresco qualcosa che fino a pochi anni prima era al limite della vergogna. Ma quando nessuno diceva di venire dal Prenestino, neanche Berlino era una meta modaiola.  Devi venire a Berlino per capire tutto questo, per ritrovarlo con qualche variazione, perché qui non si uniscono il nord e il sud di Italia ma l’ovest e l’est d’Europa,  perché a Berlino ritrovi quell’incompiutezza e quello sradicamento ma molto più in grande,  perché il tuo mondo non si arresta fisicamente di fronte alla Roma Papalina quando giungi a San Giovanni, ma si espande tra Neukölln e Kreuzberg, sale a Friedrichschain fino a Wedding e oltre, e allora solo a Berlino puoi cercare di capire questa storia dove va a finire, questa circolazione di uomini e denari che modifica le mappe delle città e i destini degli uomini, rilanciati ai dadi del caso e di un mercato che non sa dove va, che gioca con la voglia di ognuno di trovare un modo migliore di vivere.  

Ed è stato così che nel cuore di Berlino, davanti a un film che non mostra mai Roma ma solo la storia di tre amici e musicisti che girano per l’Europa, di fronte alle storie di persone che partono perché non hanno abbastanza legami per trattenerli dove sono,  che ho provato un sentimento a me pressoché sconosciuto, qualcosa che assomiglia alla nostalgia. Nostalgia verso nessun luogo a cui fare ritorno, ma verso una lingua parlata da amici nella cui pronuncia intravedo le battute sottintese a fior di lingua, i non detti da cogliere se li sai, e quella voglia inarrestabile di andare, quello stesso sogno che animava i miei nonni e i miei avi sparpagliandoli in giro per l’Europa, per ritrovarsi casualmente in un luogo in cui stare.

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SCUOLA DI TEDESCO

Photo: © Agostino Zamboni CC By SA 2.0