Fabbriche abbandonate: breve introduzione all’archeologia industriale di Berlino
Cosa è l’archeologia industriale e perché in Germania c’è grande attenzione ed interesse nei confronti dell’Industriekultur, letteralmente Cultura Industriale?
L’archeologia industriale nasce come costola dell’archeologia classica, nel momento in cui termina la fase del processo di industrializzazione in Europa, approfondisce e prende in esame tutte le testimonianze legate a tale processo fin dalle sue origini, che si individuano a fine ‘700, prima rivoluzione industriale. Come disciplina di studio, nasce nella prima metà degli anni cinquanta in Inghilterra, per approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente produttivo, prendendo in analisi le tracce archeologiche generate nei luoghi in cui questi processi hanno inizio, dalla seconda metà del settecento, prima fase appunto della rivoluzione industriale, fino ai giorni nostri.
Un modo certamente diverso di leggere la città ed i suoi cambiamenti, è svolgere percorsi di archeologia industriale, tesi alla scoperta di interessanti aree in cui sopravvivono vecchie fabbriche, di queste oggi, le città si riappropriano, destinandole ad attività permanenti o temporanee, culturali e non.
Storia e architettura
L’archeologia industriale, così come l’architettura, rappresentano una perfetta cartina tornasole per leggere le tracce nascoste della storia. Berlino è ricca di splendidi volumi architettonici industriali che, nonostante la loro funzione produttiva, diventano motivo, per gli architetti specializzati dell’epoca, di rappresentare, attraverso la maestosità del disegno e la cura nei dettagli, l’importanza del momento storico. Queste affascinanti strutture, sono oggi come giganti che si risvegliano nel cuore di una città profondamente cambiata, integrandosi in uno skyline in continuo movimento e alla sua immagine in continuo divenire, a Berlino, così come in tutte le città con un passato produttivo importante.
In Germania il Gründerzeit, ovvero la fase di sviluppo economico del XIX secolo (seconda rivoluzione industriale) corrisponde a quel periodo storico della Mitteleuropa, durante il quale, la borghesia acquisisce il ruolo di guida culturale, assegnando nuovi compiti all’estetica, specialmente in ambito architettonico e delle arti manuali tutte, il che porta ad un eclettico sviluppo delle forme d’arte già esistenti.
Il caso berlinese
A Berlino, nel cuore della città, il retaggio produttivo lascia nel tessuto urbano i segni del passaggio di un’economia molto fiorente che, per motivi storici a noi ben noti, vedi conflitti mondiali, si interrompe bruscamente. Le attività riprendono dopo la divisione ufficiale del paese ed il processo si reinverte; in diverse città della ex Repubblica Democratica Tedesca, come a Lipsia ad esempio, che dopo la ricostruzione dei primi anni post bellici, vede rinascere e rifiorire la sua attitudine produttiva.
Processo che a Berlino Est sarà più lento che in altre parti della Germania Orientale, la ricostruzione della città, rasa al suolo per quasi l’85% della sua totalità, è la ovvia priorità; ricostruire le abitazioni e rigenerare il tessuto urbano, sono i punti di partenza per la rinascita. Fiore all’occhiello della produttività industriale durante la Repubblica Democratica, Lipsia, con la caduta del Muro e lo sgretolamento dell’utopia comunitaria, crolla poi sotto il peso della dismissione quasi totale delle sue fabbriche, oggi per lo più in abbandono.
Qui, così come in tutte le città industriali, la comunità operaia è fortemente attiva nelle organizzazioni sindacali nella difesa dei diritti dei lavoratori, ed ancor più durante il regime comunista. E’ da questi movimenti che nasce la Friedlichen Revolution, rivoluzione pacifica dell’Autunno ‘89, con i conosciuti Lunedì di protesta, eventi decisivi che preannunciano il fallimento definitivo della DDR (fondata per altro, ironia della sorte, ufficialmente il 7 ottobre del ’49).
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Ricerche e foto (Bugra Lipsia ’09) a cura di Z.Munizza